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mercoledì 9 settembre 2015

Aidan - Témno

#PER CHI AMA: Instrumental Post-metal/Ambient, Pelican, Mogwai
Aspettavo al varco i padovani Aidan, dopo il bel debutto di 'The Relation Between Brain and Behaviour' di due anni fa. Tornano sulla scena con questo EP di quattro brani, sostanzialmente diviso in due grandi momenti: l’apertura e la chiusura del disco (affidate rispettivamente a “Levnad” e “Ora Puoi Scendere nella Fossa con la tua Musica”) pescano a piene mani nell’ambient: atmosfere inquiete, synth ronzanti, violini carichi di pathos. Due brani che sono quasi colonna sonora – in “Ora Puoi Scendere…”, non a caso, appare il lungo dialogo sulla bellezza e il genio da 'Morte a Venezia' di Luchino Visconti –, onirici ed emozionanti, valorizzati da una produzione praticamente perfetta. Il secondo momento del disco, invece, è rappresentato dai due brani centrali, più legati alla tradizione strumentale del post-rock e post-sludge. “Negazione dell’Appartenenza/Appartenenza alla Negazione” è forse il migliore momento di 'Témno': una lunga suite, che oscilla con naturalezza tra il riffing ipnotico e progressivo dei Pelican e l’armonia delle parti più riverberate e sognanti, che ricordano in certi tratti i Mogwai ma persino i Tame Impala. La successiva “Il Terzo Escluso” è un lavoro più psichedelico e ambizioso, che premia la maturità degli Aidan in particolare nell’armonizzazione delle melodie tra le due chitarre e il basso (ascoltate il magistrale incastro tra strumenti dal primo minuto in avanti). Delay e feedback, ben dosati su suoni ruvidi tipici dello sludge, condiscono il lavoro trasformandolo in un piccolo capolavoro. C’è maturità negli Aidan, e si sente: si va oltre il solito gioco forte/piano del post-rock, e in generale i due brani centrali lasciano trasparire un lavoro su dinamica, tempi, melodie e suoni maggiore del precedente debut album. 'Témno', nonostante le altissime potenzialità, lascia però a bocca asciutta: la brevità dell’EP delude, e delude ancor di più se metà disco è sostanzialmente ambient, giocato su una singola nota che evolve tra arpeggi, delay e synth. Attendo il full-length che, mi auguro, valorizzerà meglio le grandi capacità compositive e tecniche della band, soprattutto quando lavora a pieno regime su brani complessi e completi. (Stefano Torregrossa)

(Red Sound Records - 2015)
Voto: 75

lunedì 15 aprile 2013

Aidan - The Relation Between Brain and Behaviour

#PER CHI AMA: Post-metal strumentale, Drone, Cult Of Luna
Prima ancora di sapere qualcosa sugli Aidan, premo play e ascolto il loro debutto, "The Relation Between Brain and Behaviour". Non mi aspetto nulla di più di post-metal – qualunque cosa questa etichetta voglia dire oggi, dopo essere stata applicata indifferentemente sia ai Melvins che ai Pelican, tanto per dire. Il lavoro è ispirato ad uno dei casi più famosi della neurologia statunitense: nel 1823, il giovane operaio ferroviario Phineas Gage restò orribilmente ferito sul lavoro: una barra di ferro gli penetrò nella testa, perforando completamente il lobo frontale sinistro. Il caso, studiato approfonditamente dal dottor Harlow, è iscritto negli annali della medicina. I titoli delle tracce ne raccontano le vicende, l'incidente, le successive analisi, la morte e la sepoltura al cimitero di San Francisco. Sette brani completamente strumentali, in grado di passare con facilità dall'orchestrazione elettronica della cupa intro, "Lebanon, 1823" all'altalenante "Left Frontal Lobe" in costante tensione tra accelerazione e lentezza doom; dall'ispiratissima "No Longer Gage" all'altro capolavoro dell'album, "Pulse 60 and Regular", tanto serrata all'inizio quanto inquietante nel lungo bridge centrale di chitarra. Il tutto è condito dal suono sporco tipico dello sludge, che differenzia gli Aidan di diverse misure rispetto, ad esempio, ai colleghi Cult of Luna o ai Karma To Burn. Ma ecco la prima delle due sorprese di questo lavoro: pur essendo strumentale, pur essendo ispirato ad altri grandi del genere, "The Relation Between Brain and Behaviour" traspira personalità da tutti i pori. È un disco che si ascolta piacevolmente dall'inizio alla fine, è suonato senza inutili tecnicismi ma con precisione, gusto e presenza, ed è prodotto in maniera eccellente e con grande cura ed equilibrio nei suoni (ascoltatevi il finale di "Lone Mountain": capolavoro). La seconda sorpresa? Gli Aidan sono tre ragazzi di Padova. Sì, avete letto bene: Padova.(Stefano Torregrossa)