#PER CHI AMA: Post Rock/Shoegaze |
Romania, terra di fascino e mistero. Queste qualità si traducono in musica nella delicata essenza dei Fjord, band originaria di Bucarest, dedita ad un elegante post rock strumentale, che merita assolutamente tutta la vostra attenzione. Più volte abbiamo scritto delle difficoltà che si riscontrano nel descrivere un disco post rock e nella facilità di cadere in una ripetitività di fondo nell'uso di parole che possono risuonano banali ai più. Però la fortuna aiuta gli audaci e quindi se proponi tale genere e lo arricchisci con una personalità fuori dal comune, ovvio che si superano tutte le difficoltà del caso e alla fine, anche l'ascoltatore più esigente come il sottoscritto, finisce per lasciarsi guidare dallo spirito mansueto che anima un lavoro cosi fortemente intimista com'è questo 'Portrait for a Reflection'. Un lavoro maturo che si snoda lungo cinque lunghe tracce che fanno breccia nella mia testa già dalle effusioni iniziali di "Stars in an Ocean of Darkess", languido brano dal forte mood malinconico, incorniciato dalle sue minimalistiche chitarre che nel corso della song trovano modo di incupirsi e coprirsi di un manto oscuro, quasi catramoso, travolgendo i miei sensi e riempiendo i miei neuroni, con una iper stimolazione sinaptica. Peccato manchi un cantato, anche solo sussurrato o lamentoso, come accadde invece in "On Icy Shores" nel loro primo album (peraltro ad opera del "nostro Manuel Vicari dei Plateau Sigma), perché a quel punto sarebbe stata la classica ciliegina sulla torta. "There is Life Inside This Sapphire" è la seconda traccia di questo brillante disco, onirica nel suo incedere, una song inserita in una guaina di misticismo ancestrale che evoca suoni lontani, quasi intrisi di magia. "Phoenix" è la terza tappa di questo alchemico viaggio che ci conduce in territori più ruvidi di sonorità che comunque rimangono nell'ambito del post rock, ma che trovano modo anche di percorrere i sentieri astratti dell'ambient e di affini sonorità eteree, quasi shoegaze. E mentre la prima mezz'ora del disco se n'è praticamente andata, arriviamo a "A Breath as a Promise", una song che conferma la tendenza meditabonda del combo rumeno e che comunque regala attimi di quiete e relax, per un finale affidato all'inquietudine di "Island of Commitments", un brano dalla forte vena cinematografica che sancisce la maturità di questi cinque ragazzi di Bucarest che, come scrivevo nelle note introduttive, necessita assolutamente di tutta la vostra attenzione. Sensoriali. (Francesco Scarci)
(Self - 2016)
Voto: 80