#PER CHI AMA: Cyber Death, Industrial, Progressive |
Che io segua i The Project Hate da tempo, lo dimostra la recensione del vecchio “Armageddon March Eternal” su queste stesse pagine. Mi ritrovo ancora qui a scrivere della band di Lord K. Philipson e soci, e lo faccio sempre ancora con estremo piacere, in quanto da dieci anni a questa parte per il sottoscritto, i The Project Hate rappresentano sinonimo di grande qualità. Non è infatti da meno questo “Bleeding the New Apocalypse”, la cui uscita è un po’ passata in sordina ai media (e forse anche ai fan), e allora da parte mia, per poter dare un po’ di enfasi a questa nuova release, ecco dare il mio supporto ad una delle band che più stimo: mi siedo alla scrivania, accendo il pc, inserisco il cd e via all’ascolto del nuovo "Bleeding the New Apocalypse", l’ottavo album dei nostri considerando anche la parentesi Deadmarch. Ebbene, saranno anche passati undici anni dal brillante esordio dell’act scandinavo, ma il sound non è per nulla mutato da allora, e questa non vuole essere una critica nei confronti del four-pieces, anzi vorrei premiare la loro coerenza e costanza nell’arco di questi anni. L’impianto sonoro di fondo continua a rimanere quello del seminale swedish death (Grave e Dismember), su cui si insinuano via via elementi di qualsiasi tipo, dal cyber death all’industrial passando per il progressive, facendo largo uso di elettronica e giocando, al solito, sul dualismo tra le growling vocals di Jorgen Sandstrom e quelle angeliche della vocalist portoghese Ruby Roque, che ha sostituito ahimè, la ben più brava Jo Enckell. Come sempre non mancano neppure gli ospiti e questa volta ad aiutare i The Project Hate, ci pensano Leif Edling dei Candlemass, l’onnipresente Mike Wead (che abbiamo visto anche recentemente nei Kamlath), Jock Widfeldt (Vicious Art) e Christian Ivestam (ex-Scar Symmetry). Il risultato di questo connubio? Quanto mai pazzesco, in grado di certificare la grande qualità della band svedese, all’esordio tra l’altro con la Season of Mist. Da sempre caratterizzati da pochi e lunghissimi brani, anche la release in questione non è da meno, con sei pezzi per un totale di 65 minuti di musica feroce, psicotica, dalle strutture assai complesse, ma al contempo assai melodiche, grazie all’utilizzo sempre indovinato delle keys e dei suadenti momenti in cui Ruby ci delizia col suo cantato, anche se meno convincente della precedente Jo. Da un punto di vista tecnico, la band si conferma ad alti livelli, forti anche di un nuovo batterista, l’esplosivo Tobias Gustafsson (Vomitory) e di un lavoro in chiave ritmica e di solos che si conferma eccelso. Difficile indicare un pezzo piuttosto che un altro (anche se eleggo “Summoning Majestic War” mia song preferita), in quanto tutti si potrebbero giocare la palma di brano più riuscito dei The Project Hate. Insomma credo l’avrete intuito, a me "Bleeding the New Apocalypse" piace parecchio, per quella sua capacità di fondere le ritmiche selvagge del death made in Sweden, con sonorità estranee agli estremismi nord europei, quali gothic, progressive ed elettronica perennemente in grande evidenza. Ottimo il songwriting, cosi come pure eccellente la produzione con tutti gli strumenti ben bilanciati tra loro e un sound davvero pieno ed efficace che mi spingeranno ad eleggere questo lavoro tra i migliori del 2011. Una piacevole conferma, ma non avevo alcun dubbio a tal proposito, i The Project Hate, per quanto ingiustamente snobbati da critica e fan, rappresentano per il sottoscritto tra le band più interessanti e carismatiche del panorama internazionale. (Francesco Scarci)
(Season of Mist)
Voto: 85
Voto: 85