#PER CHI AMA: Funeral Doom, Skepticism |
Cosa c'è di meglio se non iniziare il nuovo anno con una bella colata lavica di musica funeral doom? Ad aiutarci in questa impresa, arrivano i Mesmur, combo internazionale formato da membri che arrivano un po' da tutti gli angoli del globo, Russia, Australia, US e anche la nostra piccola Italia, senza contare le partecipazione al flauto di Don Zaros degli Evoken e al violoncello della russa Nadia Avanesova. 'Terrene' è il terzo disco per il quartetto mefitico che si ripropone con quattro song che durano la bellezza di 54 minuti. E allora, se le vostre vacanze natalizie sono state fin troppo felici, meglio farsi investire dalla totale assenza di voglia di vivere dei nostri che già con l'iniziale "Terra Ishtar", ci fanno letteralmente sprofondare nella palude dello Stige, laddove gli accidiosi rimangono sommersi nell'immobilità del loro spirito. Immobilità appunto, la parola chiave che descrive le movenze a rallentatore della band, cosi ritmicamente pesante nella propria proposta da richiamare i paladini Skepticism o Esoteric, due capostipiti di un genere che raccoglie ogni giorno sempre più consensi. La proposta dei Mesmur non si raccoglie però tutta qui nella riproposizione dei dettami dei maestri, ma è impregnata di atmosfere eteree, quasi sognanti che tutto di un tratto sembrano farci risollevare verso quei cieli estatici descritti da Dante nella sua 'Divina Commedia', prima di essere avviluppati da una tragica sensazione di fine del mondo, quella appunto descritta dalla compagine multietnica in questa loro terza fatica. È tempo di "Babylon", la seconda song che narra della città ormai fantasma di Babilonia appunto e dei demoni che la abitano ora e di tutto il sangue di santi e profeti che invece è fluito nel corso dei secoli. Le tematiche aiutano ad enfatizzare un sound permeato solo di gelida morte come quella sprigionata dalla catacombale voce del frontman Chris G nel mortifero incedere odorante di solo zolfo infernale. La chitarra di Jeremy Lewis cosi come il flauto del tastierista degli Evoken, provano a stemperare la pesantissima aura che ammanta la song, ma il risultato persiste nel mantenersi in equilibrio con le sue apocalittiche melodie. Si procede sulla falsariga anche con "Eschaton" e altri 13 minuti in cui è la pesantezza intrinseca esalata dall'ensemble a farla da padrona, anche se qui un barlume di luce sembra affiorare dall'iniziale malinconica (quanto dissonante) melodia di chitarra e in generale da un accenno di dinamismo mostrato in sede ritmica, con un drumming che sembra (ma non accadrà mai) via via aumentare i giri del motore, anzi l'evoluzione della song assume quasi connotati psichedelico-orchestrali, vista la presenza al violoncello, della brava Nadia che adorna e contribuisce a variare il tema proposto dai Mesmur. Arriviamo all'ultimo baluardo da superare, ossia la quarta "Caverns of Edimmu", una song introdotta da una mefistofelica quanto sinistra melodia, accompagnata da una voce che verosimilmente è quella di un demone Ekimmu, uno spettro dei morti riuscito a fuggire dagli inferi per tormentare gli esseri viventi. La song pertanto sulla scia del suo stesso titolo, sembra avvolta da un'atmosfera criptica sospesa tra sogno (o incubo che sia) e triste realtà, in uno sfiancante incedere di oltre 13 minuti. 'Terrene' è alla fine un album tanto interessante quanto complicato da affrontare, una discesa nelle tenebre da cui forse non far mai più ritorno. (Francesco Scarci)