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mercoledì 9 novembre 2016

CRTVTR - Streamo

#PER CHI AMA: Post Punk/Alternative, Fugazi
I genovesi CRTVTR sono senza dubbio una delle realtà più vitali del rock indipendente italiano, come testimoniato da un’intensa attività live che si è spinta ben aldilà della penisola, come un tour negli USA al fianco dei miei amati Self-Evident e uno persino in Cina (da cui la band ha tratto anche un documentario), a dimostrazione del fatto che, volendo, il rock può essere ancora una splendida avventura. Sulla bontà del loro lavoro erano già arrivati importanti attestati di stima, come quello di “sua bassità” Mike Watt, che aveva suonato in un brano del loro esordio del 2013, 'Here it Comes, Tramontane!', disco nel quale era già possibile intravedere ottime potenzialità e sicuramente uno stile personale. 'Streamo' è il loro secondo album e, a mio avviso, è un deciso passo in avanti nell’evoluzione della band oltre ad essere una delle cose migliori uscite del 2016, e non mi sto limitando al solo panorama italiano. Rinforzata la line-up con l’ingresso di un secondo bassista, il suono di 'Streamo' si è di conseguenza ispessito e fatto più maturo e centrato, laddove l’esordio appariva in alcuni tratti ancora fuori fuoco. Quello dei CRTVTR è un rock che prende le mosse dal post-hc dei Fugazi e si colora di umori wave, innervando sussurri e grida su una sezione ritmica fenomenale (strabiliante il lavoro della batteria lungo tutto il disco), allo stesso tempo marziale e tribale, e va dato loro atto del fatto di essere riusciti a sviluppare un linguaggio che, pur coniugando influenze ben precise, sia allo stesso tempo fortemente personale. Quello che colpisce è il modo in cui la band riesce a contenere la furia punk, facendola correre sotto traccia senza mai far calare la tensione. Ognuno dei sette brani in scaletta brilla di luce propria e offre spunti melodici inaspettatamente accattivanti, come nell’iniziale "A.M, in Wait!" o nella bellissima "Untold". Lavoro splendido, passato forse un po’ in sordina (il disco è uscito a inizio anno), almeno rispetto ad altre cose che hanno ricevuto ben altre attenzioni pur essendo decisamente meno interessanti, col quale bisognerà fare i conti per molto tempo. Avanti così. (Mauro Catena)

(To Lose La Track/Already Dead Tapes/QSQDR - 2016)
Voto: 85

https://crtvtr.bandcamp.com/album/streamo

sabato 13 dicembre 2014

Valerian Swing - Aurora

#PER CHI AMA: Math/Post, Between the Buried and Me, Irepress 
Dopo suoni catartici, funerei e catacombali, è giusto concedermi la pausa purificatrice che mi consenta di riprendere fiato per poi rituffarmi nei meandri dell'oscurità. Cosa di meglio quindi della follia delirante degli emiliani Valerian Swing, che snocciolano lungo le otto tracce di 'Aurora', la loro passione per suoni decisamente poco scontati. Il viaggio in cui il terzetto ci conduce, ci consentirà di toccare con mano, l'eclettica visione sperimentale di tre ragazzi di provincia che possono realmente raggiungere vette indefinite di successo, se solo una buona dose di culo saprà assisterli, ma credo che i concerti a supporto di Russian Circles, Boris e This Town Needs Guns, possano valere come ottimo biglietto da visita per i nostri. A tutto questo aggiungete una musicalità pazzesca, che partendo da "3 Juno" arriva a "Calar Alto", e attraverso un'inebriante girandola emotiva, vi catturerà fin dalla prima nota scoccata da questi tre fantastici musicisti che hanno fatto un'ottima pensata, coniugare nelle loro note, il sound di alcuni delle migliori bands in circolazione, per cui cito a random: Irepress, Devin Townsend, Between the Buried and Me, Russian Circles, Dillinger Escape Plan e *Shels, ma sicuramente nel corso dell'ascolto dell'album me ne verranno in mente altre. Si insomma mica gli ultimi arrivati e nemmeno troppo semplici da emulare. Il disco dicevo, parte da "3 Juno", un pezzo che si rifà proprio ai mostri sacri di Chicago, RC, con la differenza che in background si riesce a sentire una voce, mentre la musica abbastanza ruffiana (non nel senso negativo del termine, anzi), si muove tra un scintillante math e un arioso post rock. Il viaggio interstellare ci spinge a "Cancer Minor", in cui sono le melodie di fondo a catalizzare ogni vostra molecola sul sound dei Valerian Swing, che si srotola, attorciglia, sgretola e ricompone, tutto nell'arco di una manciata di minuti ipnotici, orchestrali, fotonici (come quella tromba che esplode a fine brano). Wow, it sounds very cool! Con "Scilla", i nostri mi richiamano più da vicino gli Irepress con un sound che si mostra coriaceo quanto sperimentale, introspettivo e disturbante (per quel suo break noisy); sempre più semplice no? Okay proseguiamo, cosi magari i nostri potranno stupirci ancor di più con effetti speciali e colori ultravivaci... Esattamente "Cariddi" è quello che ci voleva. Con questa song sprofondiamo in uno dei miliardi di inferni che popolano il nostro universo: un brano in slow motion, spaventoso e urticante, quanto il liquido delle cubomeduse australiane. Rimango inebetito da questa inusuale veste musicale dei Valerian Swing, che pomposamente va via via ispessendosi tra il suono improbabile di strumenti a fiato. Valli a capire tu questi, che con "In Vacuum" cambiano il loro umore circa un centinaio di volte grazie a un brano le cui parti potrebbero costituire la colonna sonora di un videogame di macchine impazzite, ma anche una qualche pubblicità televisiva o chissà quali altre mille cose. "Spazio"... al delirio. La sesta traccia continua a prendersi gioco dei fan, offrendo nuovamente il mutevole carattere della band italica, come se il trio di Correggio fosse affetto da un ciclo mestruale costante. Follia pura, gran gusto per tutte quelle trovate strumentali e visionarie che costellano 'Aurora', coraggio per metterle in campo e eccezionale bravura nell'applicarle. Schizofrenia, quella che si respira nelle note di "Parsec", più che una canzone, un tracciato di un elettrocardiogramma di un paziente che soffre di pesanti aritmie cardiache: un po' bradicardico, e un po' tachicardico, il sound si sviluppa tra rallentamenti e progressioni cinetiche allucinanti, che ci conducono alla conclusiva "Calar Alto", la song più lunga del lotto che, nei suoi quasi otto minuti, conciglia cinematicamente tutto l'implosivo repertorio dei Valerian Swing. La fortuna aiuta gli audaci, i Valerian Swing lo sono parecchio, quindi mi aspetto grandi cose per il loro futuro... (Francesco Scarci)

(Cavity Records/To Lose La Track/Subsuburban/Small Pond - 2014)
Voto: 90