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mercoledì 30 marzo 2022

Burning Skies - Desolation

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Hardcore
Sempre più spesso mi capita che pochi minuti d’ascolto di un disco sanciscano la sua stroncatura o la sua elevazione a grande album: 'Desolation' ahimé rientra nella prima categoria. Analizziamo il terzo lavoro deigli inglesi Burning Skies, un concentrato dinamitardo, ma assai scontato di death/hardcore che oramai ha fin troppo saturato le mie orecchie. Il sound che viene fuori dai solchi di 'Desolation' è in realtà un brutal death con i soliti riffoni iper mega veloci, funambolici blast beat alla batteria, estreme growling vocals. Il tutto è poi corredato da influenze che vanno dall’hardcore di stampo americano (Hatebreed per intenderci e tutta quella corrente musicale), al black metal, fino ad arrivare allo swedish death melodico. La mia recensione potrebbe anche terminare qui, ma cerchiamo di completare fino in fondo questo lavoro. Cosa potrei dire che già non è stato scritto milioni di volte per questo genere di musica? Mah, potrei aggiungere che il quintetto di Bristol in una cosa è preparata, ossia a spaccare il culo a un sacco di altre bands clone. Sono feroci, incazzati, brutali, la loro musica sfocia spesso nel grind, ma purtroppo non mi trasmettono alcuna emozione, se non quella di prendere in mano una sedia e scaraventarla contro la finestra oppure giocare al tiro al piattello con il loro stesso cd. Indubbiamente, i ragazzi sono preparati tecnicamente, ma chi non lo è di questi tempi? Per me 'Desolation' è fondamentalmente noia pura. (Francesco Scarci)

lunedì 28 ottobre 2019

Caliban/Heaven Shall Burn - The Split Program II

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Metalcore
Nel 2001 usciva 'The Split Program I', a mettere insieme due gruppi metal alle prime armi, Caliban e Heaven Shall Burn. Nel frattempo le due band hanno fatto uscire altri dischi, hanno suonato parecchio in giro e hanno maturato un buon successo nel panorama metal internazionale. Caliban e Heaven Shall Burn, per chi non li conoscesse, sono due valide entità del panorama death/metalcore tedesco, la cui fondazione risale alla fine degli anni ’90. La casa discografica, forte del successo del primo split, ha deciso di regalare ai loro fan un secondo split, che racchiude undici brani (sei per gli HSB e cinque per i Caliban). Che dire della proposta? Il cd parte con le tracce firmate Heaven Shall Burn, validissimi brani che proseguono là dove 'Antigone' si era fermato: techno death combinato con hardcore di scuola americana alla Hatebreed, riff devastanti lanciati su una possente base ritmica, amplificata da un’ottima produzione (effettuata presso i Rape of Harmonies Studios), un pizzico di melodia, retaggio degli insegnamenti di At The Gates e Dark Tranquillity, e il gioco è fatto. "Nyfaedd Von" è una ripresa dell’intro dell’album precedente, suonata però con violini e pianoforte; "Downfall Of Christ" e "Destroy Fascism", le ultime due songs, sono due cover rispettivamente dei Merauder e dei finlandesi Endstand. Passiamo ora ai Caliban: la band ci propone “The Revenge”, song che potrebbe tranquillamente stare sul loro cd 'The Opposite From Within', caratterizzata come sempre dal mosh cadenzato tipico dell’act tedesco, da velocità e melodia, e infine, dalle stridule vocals di Andy. I brani a seguire sono poi sostanzialmente riedizioni di vecchi brani, riveduti e modificati, ma niente di nuovo all’orizzonte. In conclusione direi buona la prima parte del cd, quello dedicato agli Heaven Shall Burn, con tanto materiale inedito e succoso, mentre scarsa è la performance dei Caliban. Ad ogni modo, lo split è consigliato agli amanti di queste due band e a chi vuole avvicinarsi, curioso di dare un ascolto alla proposta musicale dei nostri. (Francesco Scarci)

sabato 20 gennaio 2018

Last Leaf Down - Bright Wide Colder

#PER CHI AMA: Shoegaze/Alternative, Katatonia
Continua l'onda lunga proveniente dalla Svizzera, a conferma del brulicare di band che si muovono all'interno del territorio elvetico. Gli ultimi che hanno polarizzato il mio interesse (non posso certo dire gli ultimi arrivati in quanto la band è in giro ormai dal 2003) sono i Last Leaf Down, quintetto del Canton Argovia che ha catturato fin dagli esordi l'attenzione della Lifeforce Music, portando la band a rilasciare sotto l'egida della label tedesca anche questo secondo 'Bright Wide Colder'. Le coordinate su cui si muovono questi ragazzi sono quelle dell'alternative/post rock/shoegaze di scuola "katatonica", che si palesa già nella opener track, "Purple Skies", con riverberi di chitarre (ben 3!) che s'intrecciano, nel corso del brano, con la voce pulita e riflessiva del frontman Benjamin. La cadenza del pezzo è lenta (ma ciò varrà un po' per tutti i brani), a tratti sognante, sicuramente malinconica, ma questa alla fine sarà la peculiarità dell'ensemble di Beinwil. Con "Blind Mind", le influenze proveniente dagli ultimi Katatonia si fanno più importanti, soprattutto se pensiamo all'approccio vocale del comunque bravo Benjamin. La musica è ipnotica, suadente, notturna, intimista e non vede quasi mai accelerazioni che possano rompere l'architettura alquanto collaudata del combo svizzero. Tutto procede con una certa linearità di fondo, il che dimostra fondamentalmente che i pezzi funzionano, anche se quello che si può rimproverare all'act elvetico è forse una certa similitudine musicale lungo i 13 brani del disco. Francamente, avrei preferito qualche song in meno a fronte di una maggior ricercatezza sonora, ma qui stiamo facendo sicuramente i puntigliosi, visto che 'Bright Wide Colder' è comunque un buon lavoro che vede i suoi punti di forza nella parte centrale del cd. A partire dalla sesta traccia, "Cold Wind", triste ma efficace nelle sue decadenti melodie, per proseguire con "Existence", che richiama ancora Renkse e soci soprattutto nelle partiture vocali. Altra menzione va a "Suspire", probabilmente il mio pezzo preferito, criptica, tribale per quel suo poggiarsi su di una vertiginosa porzione di batteria e con quelle sue celestiali atmosfere che uniscono melodie eteree con una certa sapienza compositiva ed un ottimo songwriting. Si prosegue con "Not the Same", un pezzo che mostra a tratti un carattere più rude, pur mantenendo intatta la proposta musicale dei nostri, che si muove su pattern ritmici pur sempre emozionali. Niente male anche "Dust", con quel suo depressive rock assai convincente. Da qui in poi, il disco sembra perdere un po' di verve, ecco perché forse sarebbe stato meglio puntare su una manciata in meno di brani. Sia chiaro, non stiamo parlando di chiaviche di canzoni: se "Anything" evoca chiaramente gli Anathema, ma qui qualcosa manca a livello di fluidità del brano, le conclusive "Youth" e "Transcend" suonano forse un po' troppo ridondanti rispetto alle precedenti tracce. In definitiva, 'Bright Wide Colder' è un buon album che segna la seconda tappa per i nostri alla ricerca di una maggiore notorietà. Ben fatto, poteva essere fatto addirittura meglio, ma per questo sttenderei il terzo disco. (Francesco Scarci)

(Lifeforce Music - 2017)
Voto: 75

http://lastleafdown.ch/

domenica 29 luglio 2012

Fall of Serenity - The Crossfire

#PER CHI AMA: Death, Thrash
Ecco il death/thrash spietato dei teutonici Fall of Serenity, in giro ormai da quasi quindici anni; di gavetta i nostri ne hanno fatta parecchia e “The Crossfire” è uno dei risultati di questo duro e costante lavoro. Dopo “Bloodred Salvation” del 2006, il quintetto, che della line-up originale mantiene solo i due axemen, sciorina dieci violentissimi pezzi, accomunati da un minimo comun denominatore: ritmica serratissima con riffs affilati come rasoi e una batteria in pieno stile mitragliatrice, guidano questa ferocie macchina da guerra; le vocals super incazzate di John Gahlert (che nel precedente lavoro vestiva i panni del bassista), qualche spruzzata di melodia e il risultato che ne viene fuori è accattivante, per una serata in compagnia di amici scatenati: il pogo è assicurato! La Lifeforce ha puntato molto sullo spirito pulsante del combo teutonico e sono fortemente convinto che, almeno in patria, i Fall of Serenity godano di un buon successo, forti anche della partecipazione, in veste di guest star, di Sabina Classen (Holy Moses e Temple of the Absurd) alla voce, nel brano "Knife To Meet You" di cui è presente anche il videoclip. Massici, incazzati e determinati più che mai a spaccare le ossa, i Fall of Serenity sono tornati con una release che non vi darà il benché minimo respiro… (Francesco Scarci)

(Lifeforce Records)
Voto: 65


mercoledì 31 agosto 2011

Endthisday - Sleeping Beneath the Ashes of Creation

#PER CHI AMA: Thrash, Metalcore, Heaven Shall Burn, Caliban
Caricato l’album su iTunes, vengo investito dalla violenza disarmante di questi 5 ragazzi di Milwaukee che, cattivi e determinati, alzano un muro di suono dai tratti thrash, per “tirare il fiato” piazzano qualche bel bridge di puro metalcore, con il cantato che si alterna tra uno screaming da far sanguinare le corde vocali e qualche profondo growl, supportato da un controcanto nello stesso stile, basti ascoltare le canzoni "Lily White and Blood Red" o "Cursed Be the Blessed". Le prime 2 tracce sono benzina sul fuoco per gli amanti dei gruppi che non concedono nulla al melodico e fedeli al metallo più bruciante, il quintetto rallenta verso il terzo pezzo, dove si comincia a vedere una piccola variante melodica con una chitarra più dolce, che viene spazzata via immediatamente dallo screaming del vocalist che riporta i tempi a velocità supersoniche, per poi chiudere con un campionamento che sembra condurci verso un riposo dopo questa scarica di sana violenza, ma il brano successivo non perdona e si ricomincia laddove ci eravamo lasciati poco prima: la quarta canzone è il climax di tutto l’album dove tutto viene portato all’estremo, la song più complessa dove i nsotri concedono ancora un'alternanza di thrash superveloce ad un bridge solenne e potente con tanto di campionatura di sottofondo e con una finta fine di canzone e ripresa delle ostilità…quasi illudendoci che il martellamento possa aver fine per riprendere con rinnovata ferocia. A questo punto i nostri eroi si concedono il meritato riposo con un interludio più di riempimento che di grande significato, ma che serve a loro per rifiatare e all’ascoltatore per raffreddare timpani e i muscoli già indolenziti del collo. Ma non c’è tregua, la mattanza riprende più veloce che mai con un altro pezzo abbondantemente sopra i 6 minuti, dalla costruzione simile alla quarta traccia. Gli ultimi due brani, prima della chiusura non si discostano da quanto fatto sentire finora e scorrono via abbastanza anonimi senza lasciare nulla se non un senso di distruzione totale. L’album si chiude con una traccia strumentale interessante, un breve motivo melodico di scuola “svedese” prima di staccare il plug e accarezzare le orecchie dell’ascoltatore con un arpeggio delicato ed emozionante. I ragazzi ci sanno fare nulla da dire, tecnici grintosi e integerrimi nel loro sound, senza voler strizzare l’occhio a correnti mainstream, ma è dall’ultima traccia che avrebbero dovuto rielaborare il loro sound, introducendo maggiori variazioni nelle canzoni, osare di più e possibilmente accorciare i tempi…peccato si siano sciolti…La loro grande sfortuna potrebbe essere stata quella di essere capitati nel mezzo dell’esplosione del genere in questione (2001-2002) e anche se suonato con grande intensità, l’album ha la pecca di rimanere un po’ troppo anonimo. (Matteo Del Fiacco)

(Lifeforce Records)
Voto: 60