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domenica 20 gennaio 2019

Revolutio - Vagrant

#PER CHI AMA: Thrash/Groove, Nevermore, In Flames
A volte le copertine degli album hanno il potere di invogliarne l'ascolto. Ho provato quest'esperienza con i bolognesi Revolutio: quando ho visto la cover di 'Vagrant' infatti, ne sono rimasto affascinato e cosi mi sono avvicinato alla band. 'Vagrant' rappresenta il debutto sulla lunga distanza per i quattro musicisti nostrani, dopo l'EP d'esordio uscito nel 2013. Dopo un lustro di messa appunto, i nostri tornano con dieci pezzi nuovi di zecca che si aprono con le sirene dall'allarme di quella che immagino essere un'esplosione nucleare. Ciò che successivamente deflagra nei vostri impianti hi-fi con "Meek and the Bold", è una canzone iper pompata all'insegna di un thrash metal ultra carico di groove, che in fatto di sonorità mi ha ricordato un ibrido tra Nevermore, Overkill, In Flames e Gojira, mentre a livello vocale, la voce del frontman, si presenta assai graffiante. Quello che mi prende è comunque la carica energetica che i nostri sanno generare con le loro rincorse metalliche. Bella la cavalcata in "What Breaks Inside", che mette in mostra le abilità nei cambi di tempo del quartetto italico. Meno esagitata invece "The Oracle", ben più ritmata e ricca di cambi di tempo, con la voce di Maurizio Di Timoteo a mostrare le sue molteplici sfaccettature, dall'urlato, all'accenno di un cantato in growl, alle spoken words di inizio brano e molto altro ancora, a ricordarmi peraltro la performance di un vocalist, quello dei Rage, che non sentivo da quasi vent'anni. Insomma c'è un po' di tutto in questa centrifuga sonora, che ha anche il merito di sciorinare un bell'assolo di classica scuola metallica ed un break che evoca un che anche dei Pantera. Si torna a pestare sull'acceleratore con "Ozymandias", una traccia che definirei in classico stile Revolutio, che sfoggia un altro bel solo di scuola rock, con il sound che diviene via via sempre più possente. Più malinconica invece "Eclipse" un pezzo strumentale, dove la chitarra sopperisce adeguatamente all'assenza della voce. Un bel basso metallico apre "Silver Dawn", dove la voce cupa e sofferta di Maurizio, viene accompagnata da ottime percussioni e da un riffing oscuro di chitarra, in quella che è la song più stralunata del lotto che suona come una sorta di semi-ballad. Dall'orrorifico break centrale con tanto di riferimenti ai King Diamond, ad un'ascesa ritmica di matrice Metallica (e questa volta lo scrivo maiuscolo per indicare nei Four Horsemen il chiaro riferimento). Una chitarra acustica apre "Requiem", un pezzo che potrebbe essere accostabile ad una "Nothing Else Matters" o "The Unforgiven", con la voce di Maurizio che ammicca, pur non arrivandoci, a quella di James Hetfield. Ottimo il lavoro del chitarrista solista, che nella successiva "Daydream" sembra lanciarsi in atmosfere di settantiana memoria che si miscelano alla grande con l'irruenza dei nostri. La sensazione che mi ha colpito è però quella di stare ascoltando un album totalmente diverso da quello delle tracce iniziali, e questo assolutamente non è un male, perché alla fine di 'Vagrant' mi ha colpito la sua eterogeneità. Quello che invece ho trovato incomprensibile, più che altro per l'estenuante durata - quasi 15 minuti, è il finale affidato a "The Great Silence", che sembra essere il rumore di fondo che rimane dopo l'esplosione atomica, beh ecco, di una decina di minuti ne avrei fatto volentieri a meno. Ci resta alla fine una buona prova di una band che, pur essendo agli esordi, mostra già una certa maturità tecnico-compositiva. (Francesco Scarci)

(Inverse Records - 2018)
Voto: 70

https://revolutio.bandcamp.com/

mercoledì 1 ottobre 2014

I Will Kill You – Extrema Putrefactio

#PER CHI AMA: Death/Thrash, Cannibal Corpse, Belphegor, Suicide Silence, Anima
La band siciliana degli I Will Kill You si presenta in ottima forma in occasione del full length di debutto (all'attivo un EP) e fin dal primo ascolto si capisce che gli intenti di ispirata perversione sonica sono parecchi. Uscito per la Inverse Records in questo 2014 e dotato di una bella copertina sanguinolenta, 'Extrema Putrefactio' sfodera il suo gusto noir con un'ottima verve da navigato serial killer. L'intero lavoro si regge su un magma sonoro avvincente, figlio dei deliri sonici stile Suicide Silence e Cannibal Corpse per impatto killer e una produzione di taglio death metal molto moderna che evoca i Dying Fetus. Di frequente si abbandona ad incesti black metal ibridi dal sapore molto maligno e lugubre sulla scia degli ultimi Belphegor. L'album è apprezzabilissimo e gode di una vena ispirata che sormonta, esalta e mischia una vena romantica di stampo acustico con innesti rubati a classici lenti strappa lacrime metal con effetto cristallino ("Die") ad una lacerata verve sudicia di marcio thrash/black metal carico di violentissimo macabro carisma. L'intero lavoro si avvale di una buona dose di potenza dal sapore horror, come suggerisce senza inganni il titolo e per anarchica scelta stilistica (anche se in realtà i brani riflettono più aree del metal estremo), ci piace accostarli per attitudine alla band tedesca degli Anima (quelli di 'Enter in a Killzone'). L'impatto è violentissimo e sostenuto da un drumming encomiabile e comunque anche se non tutto risulta originale, sicuramente i brani godono di grossa personalità, con l'intrusione mai scontata di chitarre pulite e persino di un brano guidato da un malinconico piano ancestrale ("Ante Mortem") che ben contrasta con l'aria distruttiva dell'intero box. 'Extrema Putrefactio' è un album fatto con passione e intelligenza, un lavoro che cerca in continuazione di stupire e mettere in sincronia l'arte malata del black metal con l'arte violenta e penetrante del death metal più claustrofobico, difficile da inquadrare ma facile da apprezzare ascolto dopo ascolto; un lavoro decisamente invadente e mai scontato che affascina e non delude affatto. Album da ascoltare a fondo, un gioiellino insanguinato!!! (Bob Stoner)

(Inverse Records - 2014)
Voto: 80

martedì 3 dicembre 2013

Dawn of Tears - Act III: The Dying Eve

#PER CHI AMA: Swedish Death, Dark Tranquillity, Children of Bodom
La formazione spagnola non è certo l'ultima arrivata in ambito estremo, anche se certamente non è la più prolifica delle band. Attivi infatti fin dal 1999, con questo loro 'Act III: The Dying Eve' giun-gono finalmente al traguardo del secondo album (all'attivo anche un EP). Si tratta di un lavoro cer-tamente debitore delle sonorità dei mostri sacri del nord Europa, in testa Children of Bodom e primi Sentenced. Il lavoro consta di nove tracce che aprono con "A Cursed Heritage", song che a livello di melodie strizza decisamente l'occhio ai 'Bambini di Bodom' mentre a livello di rifferama, non posso non citare i Dark Tranquillity, per un risultato finale davvero apprezzabile. Certo, come spesso mi è capitato di scrivere, nulla di nuovo sotto il sole. "Present of Guilt" è una song più pacata che tra malinconiche melodie nordiche e leggeri influssi elettronici, mi conquista per la sua semplicità e fluidità. Di sicuro a livello tecnico-compositivo, il quintetto di Madrid non è certamente sprovveduto: ottime qualità infatti risiedono nei suoi strumentisti. "Lament of Madeleine" è una song che per certi versi ha in sè qualcosa dei primi Cradle of Filth, per una velata vena gothic black, niente male. "The Darkest Secret" apre con una bella tastierina dal taglio vampiresco, poi attacca il riffing serrato ma sempre marcatamente melodico (e di chiara derivazione heavy classica) della sezione di asce, mentre il robusto drumming picchia che é un piacere. Un plauso va al buon J. Alonso che dietro al microfono offre una prova molto convincente con un growling mai sopra le righe per ferocia, ma anzi molto comprensibile, a cui peraltro spesso si affianca una eterea voce femminile. Ribadisco che forse la pigrizia dei nostri nel rilasciare i propri album alla fine rischierà di essere un'arma a doppio taglio, in quanto la proposta del combo iberico finisce per "puzzare" ov-viamente di già sentito, un peccato. Arrivo a "Silent as Shades are" e la eleggo immediatamente mia traccia preferita, forse perchè avrebbe potuto essere inclusa in 'Projector' dei già citati DT e perchè in modo un po' ruffiano, le sue melodie si stampano immediatamente nella mia testa. Il disco scivola piacevolmente fino alla sua conclusione, "Prize Denied", con rimandi qua e là della discografia swedish e melo death di matrice finlandese che alla fine farà la gioia di coloro che apprezzano ques-to genere, pur non proponendo assolutamente nulla di innovativo. Album onesto, dalle cui critiche mi aspetto però una risposta in futuro decisamente più personale. (Francesco Scarci)

(Inverse Records - 2013)
Voto: 70

http://dawnoftears.org/