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giovedì 9 marzo 2017

Evenline - In Tenebris

#PER CHI AMA: Alternative/Metalcore, Alter Bridge, A Perfect Circle, Papa Roach
Con questa release, uscita sotto l'egida della Dooweet Agency nel gennaio del 2017, i francesi Evenline confermano il loro stato di grazia compositiva. Dopo un ottimo precedente album ('Dear Morpheus'), recensito su queste stesse pagine, come album dai toni marcatamente post grunge, la band transalpina opta per un sound più raffinato e colto (ascoltatevi a tal proposito 'In the Arms of Morpheus', mini album acustico per capire l'evoluzione, l'apertura mentale e le potenzialità di questo gruppo). Pur mantenendo le forti radici nella musica di Seattle, il combo parigino riesce a fondere le sue composizioni con una forma più progressiva e d'atmosfera che tocca vertici di tutto rispetto. La musica, condotta dalla magistrale e dotata voce di Arnoud Gueziec (che canta sia in pulito che growl), è derivata da band di culto come Porcupine Tree ed A Perfect Circle pur mantenendo comunque intatta la propria originalità e freschezza. Passo dopo passo, i brani scivolano veloci, coinvolgenti e potenti tra manierismi del genere e vere e proprie chicche di tecnicismo progressivo: "Straitjacket", "Echoes of Silence" e la dirompente "Never There" con il loro sound spolverano inserti metalcore stimolanti ed energici, rievocando l'alternative metal delle ultime uscite degli In Flames, suonati a meraviglia da musicisti che sanno come farsi applaudire ed ascoltare, e che usano suoni duri in modo accessibile ed orecchiabile senza ammorbidire o commercializzare a dismisura la propria proposta. Neppure la cover di Jamiroquai (si avete letto bene) "Deeper Underground", fa cadere i nostri nel vortice della banalità in quanto, rivista nel loro stile, trova un suo perché nel corso del lungo album, non sfigurando affatto. Comunque preferisco le loro composizioni originali che risultano molto più intense, cariche e più personali ovviamente, come la supersonica "From the Ashes", e quel suo riffing iniziale "meshugghiano". Ottima la produzione con soluzioni moderne e accorgimenti degni di un album mainstream, con suoni azzeccatissimi ed un equilibrio perfetto dove poter assimilare e gustare ogni singolo suono e strumento. Dieci brani tutti da ascoltare ad alto volume senza respirare, carichi di intensità, d'atmosfera e interpretati con quella tensione mista ad un sofferto e arrabbiato romanticismo che da tempo non sentivo in un lavoro, forse paragonabile ai bei tempi dei Temple of the Dog. Una veste aggressiva e raffinata aggiunta a quello che potrebbe essere lo standard operativo degli Alter Bridge, citati dalla band tra le tante fonti d'ispirazione, un look alla Muse, una preparazione tecnica e una propensione al (prossimo) salto mainstream, sono attitudini che meritano di essere premiate. Questo album sono certo non vi deluderà! (Bob Stoner)

venerdì 25 marzo 2016

Evenline - Dear Morpheus

#PER CHI AMA: Alternative/Nu Metal, System of a Down, Alter Bridge
L’invocazione all’onirico è chiara nel nome del disco ma in realtà, oltre ai sogni, gli Evenline hanno una forte componente emozionale che è descritta in modo lucido, teatrale ed espressivo. La formazione parigina è composta da quattro elementi, voce chitarra basso e batteria, in attività dal 2009 e con alle spalle l’autoprodotto EP del 2010, 'The Coming of Life'. 'Dear Morpheus' esce nel 2014 ma quello che ascoltiamo oggi è la versione Deluxe che presenta, oltre ad un cd aggiuntivo, una copertina nera con un simbolo simmetrico dal sapore vagamente esoterico, che alla vista risulta elegante ed essenziale. La stessa cosa non si può dire a proposito della cover originale nella quale vi era un richiamo alla stanza, del film Matrix, ove Morpheus offre a Neo la scelta tra rimanere addormentato e venir catapultato in una realtà che molto probabilmente non sarà di suo gusto. Ora se il riferimento è effettivamente al film, è un buono spunto per chiedersi che pillola sceglieremo noi se ci venisse offerta la cover originale che somiglia piuttosto allo studio di un telegiornale. Ma ora è il momento di affidarsi totalmente al tasto play e lasciar andare i sensi. La musica inizia con il suono di un carosello antico, riesco quasi a vedere la ballerina giocattolo senza un occhio e con la gonna mezza staccata che gira mestamente. D'un tratto un assalto crossover mi risveglia dal sogno e mi trasporta all’esasperato e toccante ritornello di “Misunderstood”. A sentire le chitarre mi vengono in mente i Korn e i System of a Down, suoni propri del nu metal che contrastano in modo piacevole con le linee vocali di Arnaud, anche se spesso le melodie si avvicinano più alle linee degli Alter Bridge e Staind. Da sentire almeno una volta è la title track dove Arnaud dà prova della malinconica e decadente espressività della sue linee vocali. L’apice del brano tuttavia è raggiunto nella disperata invocazione di un qualcosa che sia in grado di liberare l’anima dal dolore, concretizzato nel verso “Purge my soul from this growing pain”. Questa breve parentesi tocca alte vette di piacere, una mitragliata di fango, liberatoria come nessun'altra nel disco. Il brano fa riferimenti alla natura e in particolare all'acqua ma anche ai ricordi, si percepisce un’aria di melanconia cupa e romantica, forse il sentimento che ha dato origine e che più è descritto in 'Dear Morpheus'. I testi sono una parte importante dell'opera che denota una forte predisposizione al cantautorato, con la voce chiara e molto presente per l'intera lunghezza del disco. Le immagini che le parole ci regalano sono eterogenee e non sempre collegate tra loro. A volte si sente che la lingua utilizzata nel cd non corrisponde a quella con cui sono stati pensati i testi: lo si può intuire dalla sintassi e dalla pronuncia che, seppur molto buona, lascia trasparire la bandiera dei quattro musicisti transalpini. Veniamo ora al secondo cd di questa Deluxe Edition che reca il titolo 'In the Arms of Morpheus'. Si tratta di una raccolta di canzoni presenti nella versione studio ma qui suonate dal vivo in un set acustico. Il primo impatto è che i pezzi in questa dimensione trovino una forma che meglio si addice rispetto all’elettrica. I testi hanno modo di stendersi e rendere le immagini in essi contenute più libere di prendere forma nella mente dell’ascoltatore. In particolare la versione acustica di “Hard to Breathe” è quasi più riuscita della versione elettrica: si tratta di un blues diabolico con un ritornello cristallino e lucente, trademark a cui gli Evenline ci hanno abituato. Nel set acustico, anche il basso suonato in slap e la batteria leggermente più tappata rispetto all’elettrico, riescono a sostenere i pezzi in modo da conservare quella spinta rock che li ha generati, ma allo stesso tempo non vanno a invadere i testi e le melodie; qui l’equilibrio viene sicuramente raggiunto. La chiusura del disco è affidata a “Already Gone”, voce e piano, un commiato da accendino acceso, lacrime e cuore infranto. Pare che qualcuno sia stato lasciato e che non riesca ad accettare la vita senza la sua metà. Triste si, ma non mi faccio troppo coinvolgere dalla malinconia, sono sicuro che grazie a questo pezzo Arnaud non avrà nessun problema a trovare un'altra ragazza! (Matteo Baldi)

(Dooweet - 2015)
Voto: 75