#PER CHI AMA: Post Black, Agalloch |
Vediamo se avete imparato la lezione. Se una band arriva da Portland - Oregon, che genere di musica dovremo aspettarci? Se anche voi avete risposto di getto Cascadian black metal o post black, meriterete un bel 10 in pagella. Si perché i Barrowlands in questo 'Thane', edito dalla cinese Pest Productions, ci propina un 5-track di sonorità nere come la pece, a partire addirittura da un artwork minimalista in bianco e nero. Poi i nostri musicisti, alcuni peraltro coinvolti nel progetto dei Mary Shelley, si abbandonano al black dalle tinte fosche di "Alabaster", la opening track. Il pezzo offre una ritmica semplicistica su cui si staglia lo screaming aspro di David, mentre in sottofondo si può udire il suono di un violoncello, unica vera peculiarità della band della West Coast. Poi qualcosa per cui valga la pena una segnalazione in effetti non c'è, se non una non troppo accentuata vena doomish nella seconda metà del brano. L'approccio apocalittico si mantiene anche nella successiva "Peering Inward", lenta e magmatica nel suo preambolo che vede echeggiare nell'aria un che dei My Dying Bride più primordiali, prima che si diletti nella ricerca di scoppiettanti linee melodiche che regalino frizzanti frangenti atmosferici. La song si muove in seguito sul classico mid-tempo che da copione cita i primi Agalloch, con le chitarre suonate nel tipico tremolo picking. "Mother of Storms" apre con un arpeggio e lascia quanto prima il passo a una cavalcata epica che evoca il sound dei gods più famosi di Portland mixato a quello dei norvegesi Windir. Direi che il momento topico ce lo regala l'intrecciarsi tra le chitarre "tremolanti" e il suono del violoncello, ahimè troppo spesso relegato in secondo piano. "1107" è una lunga traccia malinconica che parte tranquilla e va via via aumentando di intensità, senza però mai convincere appieno e palesando i veri limiti della band. "On Bent Boughs" ci regala gli ultimi lunghi spettrali minuti di 'Thane', grazie alla timbrica greve del violoncello che quando va dileguandosi dal sound dei nostri, lascia una band acerba, come mille altre ve ne sono in giro. La raccomandazione d'obbligo finale sta pertanto nel concedere molto più spazio allo strumento ad arco, incrementando le parti d'atmosfera e mitigando l'asprezza di fondo racchiusa nelle feroci linee di chitarra e nell'acido cantato. C'è ancora molto da lavorare, ma le basi sembrano già buone. (Francesco Scarci)
(Pest Productions - 2014)
Voto: 65