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lunedì 1 marzo 2021

Love Machine - Düsseldorf - Tokio

#PER CHI AMA: Garage Rock/Psichedelia
Avevo lasciato i Love Machine con il buon album 'Times to Come' del 2018, perdendomi tuttavia 'Mirrors & Money' nel 2019, che solo di recente sono riuscito ad ascoltare. Nel 2021 i cinque teutonici presentano questo nuovo album intitolato 'Düsseldorf - Tokio', mostrandosi più bizzarri che mai, con un lavoro che presenta una geniale novità, ovvero il cantato in lingua madre, a rimarcare la totale alienità di questa band dai confini classici del rock a cui fanno riferimento. Il canto in tedesco mostra tutta la durezza della sua pronuncia e porta molto bene ai Love Machine perchè, mi si passi il termine, suonano ancor più estroversi e krautrock, anche se decisamente in un contesto di psichedelia assai diversa dal quel filone musicale dei '70s. Le influenze musicali sono molte per la band tedesca e spostarsi dall'easy listening/lounge dei sixties al Johnny Cash di 'Ride This Train' è una cosa quasi scontata, il passo poi risulta breve anche tra il Presley di 'Viva Las Vegas' e certo garage punk'n'roll che, al cospetto del fantasma dei Birthday Party, riportano in vita l'anima malata della band australiana ed in chiusura del disco, sfornano due ottime tracce di rock sgraziato e selvaggio, "That Mean Old Thing" e "The Animal", i soli due brani cantati in lingua d'Albione. Queste due canzoni sono le uniche dotate di una certa scarica elettrica e vitalità ritmica, con cori stralunati e un'indole distruttiva, molto diverse spiritualmente e ritmicamente dal resto delle tracce. Comunque, se in un disco appaiono solo due canzoni veramente ritmate, non vuol dire che il resto sia da buttare anzi, direi che il vero stile dei Love Machine risieda proprio in quelle ballate miti e patinate tra glam, rock sulfureo e sonorità psichedeliche da pseudo figli dei fiori. Inoltre, se aggiungiamo una voce sensuale e profonda come Barry White, che incrocia la tenebrosità di certe interpretazioni a metà strada tra il Blixa Bargeld di 'Nerissimo' e i Crime & the City Solution, le cose si fanno più interessanti. Basta osservare il brano "Hauptbahnhof" dove, al minuto 1:53, nel bel mezzo di un contesto musicale tra il noir e il romantico di una ballata sonnolenta, un glaciale grido disperato cambia le sorti del brano, elevandolo a gioiello di disperazione per antonomasia. Prendendo atto della magnifica e spettrale voce baritonale da oltretomba di "100 Jahre Frieden", dove plasticata felicità e tristezza si fondono per esplodere in un assolo di chitarra tagliente come un rasoio, la proposta musicale diventa molto suggestiva. L'album continua tra sporadiche e assassine stilettate di chitarra, ritmiche allucinate a suon di morbido rock e di tanto visionaria quanto pacata psichedelia. Il tutto è guidato da un'interpretazione vocale impressionante a cura del vocalist Marcel Rösche, che racconta con stile da crooner vissuto, di una città malata e sofferente, vizi e disperazioni presentati con vellutata saggezza e ruvida sfrontatezza in memoria della coppia Bowie/Reed, tra raffinatezza e spazzatura, proprio come descritto nelle note del disco. Un vero album bohémien, che non teme confronti nè paragoni, poiché vive di luce propria e si nutre di una certa originalità artistica sanguigna, cosa che porta la band di Düsseldorf a ritagliarsi una scena tutta propria nel vasto mondo del retro rock. Il che spinge l'ascoltatore a porsi di fronte ad una scelta obbligata, amare od odiare lo stile di questa singolare band. A mio parere 'Düsseldorf - Tokio' è un ottimo album, originale ed interessante, un mondo sonoro tutto da scoprire! (Bob Stoner)

sabato 21 luglio 2018

Love Machine - Times to Come

#PER CHI AMA: Psych/Krautrock 
Entrare nel mondo dei Love Machine è come fare un passo indietro di quasi mezzo secolo, guardare il loro look e la cover di copertina del nuovo album è tornare al tempo del "flower power", della "summer of love", della folk psichedelia acustica e di tutti quei colori fluorescenti che hanno fatto grande un'epoca musicale divenuta culto tra i '60 e i '70. Diciamo subito che la band di Düsseldorf è irresistibile, terribilmente perfetta, tremendamente a stelle e strisce, esagerata nel ricreare quelle atmosfere vintage, luminosa e abbagliante ma al contempo introversa e cupa, esattamente come un brano dei The Doors, dove rabbia, voglia di cambiamento e ribellione, uscivano da ogni nota in forma lisergica e allucinata. Capitanati da un vocalist spettacolare (Marcel Rösche) e da un sound spiazzante per il suo non essere contemporaneo, la compagine teutonica riesce a sembrare veramente una band di quell'epoca. Senza emulare o copiare i loro maestri, i Love Machine si ritagliano, in un settore quello del vintage rock, uno splendido spazio di originalità da far impallidire band come gli ottimi Church of the Cosmic Skull, con composizioni assolutamente inaspettate, mescolando rock, psichedelia, folk pastorale e il country di sopravvivenza alla Johnny Cash, unendo storie da crooner solitario alla Leonard Cohen, con un velato gusto musicale latino ed il magico spirito acido dei Jefferson Airplane, l'immancabile krautrock, un tocco hawaiano alla Elvis, quello più sperimentale, senza mai dimenticare il salmodiare del re lucertola che rende più sofisticato ed attraente l'intero 'Times to Come'. Alla loro terza prova discografica, i nostri risultano una band stratosferica, al di sopra della media, con una fantasia retrò davvero invidiabile per coerenza, stile ed un fascino incredibile nel sound e nella composizione, musica liquefatta altamente allucinogena. Un'erudizione sul genere pazzesca, un'indole oscura su note abbaglianti e luminose, aprire la mente pensando, musica stellare senza tempo, i Love Machine meritano veramente un altare a due passi dall'olimpo musicale, grazie ad un album formato da brani che sono gemme assolutamente luminose! Due i brani top, "Blue Eyes" e la velvettiana "Times to Come". Nostalgici ma geniali. (Bob Stoner)

(Unique Records - 2018)
Voto: 80