#PER CHI AMA: Math Rock/Prog |
Gli australiani Kodiak Empire tornano sul luogo del delitto con un nuovo e breve (mezz’ora tonda tonda) quarto album, sotto la super visione della Bird’s Robe Records. ‘The Great Acceleration’, un concept album che affronta i temi della crisi climatica e dell’impatto dell’uomo sull’ambiente, si presenta come un mix di rock progressive, post-rock, ambient, math e sperimentalismi vari. Il disco si caratterizzata sin dall’iniziale “The Difference”, da melodie evocative e influenze che chiamano sicuramente in causa i conterranei The Mars Volta e gli ultimissimi Tesseract, con un fare a tratti un po’ troppo pop per i miei gusti. A far da contraltare a queste sonorità un po’ ruffiane, ci pensano però giri di chitarra ipnotici, che sembrano trarre linfa vitale dal math rock ma qualcosina anche dal djent, cosi come pure quei lunghi e poderosi assoli dall’elevato tasso tecnico, tengono la band di Brisbane ancorata a un rock decisamente robusto. E “Within the Comfort” non fa altro che ribadirlo, con quel suo inizio tumultuoso e super distorto, anche se non appena entra la morbida voce del vocalist, il suono diventa decisamente più mellifluo. Non temete comunque, visto che nel corso del brano ci sarà un’alternanza di tempi, sorretti da ritmiche sostenute, sghembe ed imprevedibili che indirizzano i nostri nuovamente verso lidi math. E questa fondamentalmente sembra essere la forza dei Kodiak Empire, ossia accostare l’irruenza del rock progressivo (che tende talvolta a sfociare nel metal) con il pop. Certo, qualcuno storcerà il naso alla parola pop (me compreso), ma questa è la peculiarità del quintetto australiano. Un pezzo come “Animist” mette in luce un’anima più alternativa, ma la cosa che più mi ha colpito qui è in realtà un drumming estremamente fantasioso coniugato ad un intrigante gioco di atmosfere guidate da un synth dai tratti malinconici. “Maralinga”, complice la sua breve durata, la leggo più come un ponte tra “Animist” e la conclusiva “Marcel”, anche se nei suoi 141 secondi, condensa il lato più sperimentale della band, tra sinuose partiture atmosferiche, turbamenti noise e schitarrate metalliche. In chiusura, la già citata “Marcel” si srotola lungo i suoi quasi nove minuti, attraverso atmosfere suffuse, ammiccamenti pop (complice anche qui il cantato eccessivamente ruffiano del frontman), cambi di tempo bizzarri e gagliarde accelerazioni, peraltro in combinazione con un inatteso growling, che alla fine spariglia completamente le carte in tavola e ti spingono a volerne di più. Invece, il disco si ferma qui, come se voglia ingolosire gli ascoltatori in vista di un nuovo travolgente lavoro dei Kodiak Empire. (Francesco Scarci)
(Bird’s Robe Records – 2023)
Voto: 73
Voto: 73