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martedì 15 gennaio 2013

Knightmare - In Death’s Shadow

#PER CHI AMA: Thrash Progressive, Anacrusis, Nevermore
I Knightmare confermano che l’Australia non è solo un dannato bacino di band dedite al black, al death o a qualsiasi altra forma di malato estremo genere musicale, ma che in realtà c’è un movimento interessante che si attesta anche su toni ben più rilassati. La band di Melbourne ci presenta il loro nuovo lavoro, che esce a distanza di quattro anni dal precedente EP, “Unholy”. Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, e l’act australiano ci offre oggi un dinamitardo concentrato di suoni thrash progressive, che si rifanno (solo) di primo acchito, alla proposta degli statunitensi Nevermore. Niente male, devo ammetterlo: l’apripista “Cazador de Hombres” mette in mostra da subito le elevate qualità dell’ensemble, con un sound tirato, dalle pregevoli linee di chitarra, che esaltano le doti tecniche ineccepibili dei musicisti e la loro voglia di stupire. Non solo rozzo thrash quindi, anzi di quello nemmeno l’ombra, in quanto i nostri pur graffiando con le loro 6 corde, lo fanno con somma classe, tessendo splendide melodie, break acustici e con un vocalist, finalmente dotato, di una splendida ugola d’oro. Ho letto nel web che ci sarebbe anche una importante componente power nel sound dei Knightmare e allora, o mi sono rincitrullito del tutto, col cervello crivellato dalle famigerate sonorità estreme a cui sono oramai abituato, oppure qualcuno ha preso un severo abbaglio. Fatto sta, che passando in rassegna i vari pezzi, “Granted Death”, si ricorda per una furibonda parte iniziale ed un prezioso break centrale arpeggiato ed un coinvolgimento a 360° dell’ascoltatore, con i suoni che entrano nelle nostre orecchie (lo sto ascoltando in cuffia) da ogni dove. Intrigante, nulla da eccepire e le stesse percezioni me le conferirà anche la conclusiva strumentale, lunghissima e bellissima “Judgement”, la traccia (quasi) più completa del platter (manca solo il cantato). Forse fatico ancora un po’ a mandare giù l’impronta vocale del vocalist, troppo pulito per i miei standard, ma devo ammettere che è perfetto per questo genere di musica, che ancora una volta si dimostra di assoluto valore, con cambi di tempo mozzafiato, splendidi assoli e delle orchestrazioni da urlo. “False Prophets” ha un incedere epico e un po’ troppo votato al versante rock per i miei gusti trasandati, anche se poi una specie di break orientaleggiante riesce a catalizzare del tutto la mia attenzione. Ecco forse ho trovato l’estro power in “Apocalypse”, che mi induce a skippare alla successiva canzone, la traccia omonima: sinistra nella sua intro e poi più spedita con le chitarre che si intrecciano e inseguono. “Unity Through Chaos” è un altro bell’esempio di thrash dalle tinte progressive, che mi ha ridestato alla memoria il sound degli Anacrusis, che conferma la validità di un act che ha tutte le carte in regola da giocarsi e che ha addirittura il coraggio di utilizzare un violoncello nei suoi brani. “Only the braves…” (Francesco Scarci)