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Visualizzazione post con etichetta Glasgow Coma Scale. Mostra tutti i post
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lunedì 18 aprile 2022

Glasgow Coma Scale - Sirens

#PER CHI AMA: Kraut/Post Rock
Terzo lavoro per i Glasgow Coma Scale, band originaria di Francoforte con un nome dal moniker alquanto strano, poiché il suo significato lo possiamo trovare nel fatto che, la scala di Glasgow, sia una scala di valutazione neurologica utilizzata dai medici per tenere traccia dell'evoluzione clinica dello stato di un paziente in coma. All'ascolto della loro musica direi che si percepisce bene il perchè di tale nome, visto che per certi aspetti il loro sound avvolge completamente l'ascoltatore e come buon album di musica postrock strumentale predilige l'uso di parti emozionali, composizioni colme di atmosfere cristalline, magiche,ed introspettive. Giocato su continui intrecci chitarristici che caratterizzano oggi più che mai il suono della band tedesca, di fronte ad una struttura compositiva consolidata, che tende ad evolversi verso i lidi cosmici di certe creazioni dei 35007, l'intero album è omologato su di una costante lunghezza d'onda, in modo da sostenere un perfetto filo conduttore musicale e permettere così a chi ascolta di addentrarsi in lunghi viaggi sonori pieni di luci e colori, ma anche di melodie più cupe e talvolta, esplosioni di natura quasi prog metal ("Magik"). Il disco è complesso, a volte mi sembra quasi di sentire una versione più soft dei The Fine Costant, con meno ossessione verso il virtuosismo. Qui il suono così preciso e puntiglioso mi rimanda al progetto di Sarah Longfield, ma anche agli Airbag, se solo fossero un combo strumentale. Le canzoni sono tutte piuttosto lunghe come del resto l'intero album, la produzione è molto buona e l'ascolto è, come di consuetudine per la band teutonica, piacevole, fluido e sempre interessante. Rock indipendente prevalentemente d'atmosfera quindi, con puntate nel prog di casa Marillion unite a certe intuizioni musicali dei Laura, come l'intro di "Underskin", che con l'aiuto di tastiere e programmazione (bello il trucchetto del togli corrente al brano con ripresa al minuto 2:13), che assieme alla strumentazione classica del mondo del rock, permettono di ottenere un mood complessivo d'impatto emotivo costante, omogeneo e coinvolgente. "Underskin" è forse la traccia più rappresentativa della loro visione artistica che tende a non essere mai pesante, anzi, si evolve in soluzioni di continua espansione, e questo richiede un ascolto molto certosino, per cogliere tutti gli aspetti di forma e cura che stanno dietro a questo ottimo progetto nato nel 2014. Ottimo il finale affidato alla title track che coglie un bel rimando a certe cose dei Pink Floyd più recenti. In un mondo, quello del post rock, dove è sempre più difficile ritagliarsi uno spazio di vera originalità, i Glasgow Coma Scale riescono a trovare una propria vena identificativa, lavorando molto bene su di una formula che da tempo sperimentano, fatta di fine equilibrio tra gli strumenti e gli spostamenti sonori continui che si snodano in forma naturale in elaborate composizioni, ricche e piene di pathos che si fanno subito apprezzare. Disco intenso, da ascoltare con attenzione e tranquillità. (Bob Stoner)

martedì 26 ottobre 2021

Glasgow Coma Scale - Sirens

#PER CHI AMA: Post Rock Strumentale
La scena teutonica per cosi dire alternativa, sta crescendo ormai da un paio d'anni a vista d'occhio, sfornando band a destra e a manca. Gli ultimi di cui faccio conoscenza, ma non sono certo pivelli avendo quasi dieci anni di attività alle spalle, sono questi Glasgow Coma Scale, combo originario di Francoforte che con questo 'Sirens' mostra il proprio suggestivo mix di post rock e stoner. Peccato solo che si tratti di una proposta strumentale perchè le carte in regola per fare benissimo, c'erano tutte. Lo dimostrano le intimistiche sonorità dell'opener "Orion", che ammiccano nei suoi quasi otto minuti, ad uno space rock che potrebbe chiamare in causa un che degli Hawkwind, senza dimenticarsi di quelle partiture psichedeliche nel finale che ci conducono nei pressi di un sound di kyussiana memoria. Niente male, davvero. Peccato solo che il comparto vocale sia coperto da pochi secondi di spoken words. "Magik" parte in sordina, con un prog rock astrale seducente ma che necessita di quel quid per farla esplodere e renderla più coinvolgente. Arriverà verso il terzo minuto con il brano che aumenta i giri del motore per 60 secondi prima di un break atmosferico di scuola Porcupine Tree che fa da preambolo ad un finale a dir poco infuocato. Ci siamo, ci siamo quasi, bisogna lavorare esclusivamente sui dettagli. Quelli che verosimilmente vengono maggiormente sottolineati in "Underskin", un delicato ed etereo brano post rock, niente di particolarmente originale, ma dotato sicuramente di un certo appeal, soprattutto là dove i nostri schiacciano con più veemenza sull'acceleratore dando delle bordate elettriche su di un tappeto ritmico post metal malinconicamente ondivago. Però diavolo, se ci fosse stata una voce, non sarebbe forse stato meglio? La title track prova a venire fuori con un sound ancor più accattivante ma niente, quello che manca è un urlaccio che faccia sentire tutte le emozioni che stanno in seno alla band. "Day 366" prosegue sulla scia di un emozionale post rock d'annata, fluido, melodico, sicuramente interessante ma che tuttavia manca di un pizzico di originalità in più, cosa che magari poteva essere prodotta da una voce, chissà. Si lo so, risulto provocatorio addirittura noioso, ma non mi stancherò mai di ribadire la necessità di un vocalist che blateri qualcosa anche solo per pochi secondi. Tutto sarebbe risultato molto più figo, anche per quel che concerne la conclusiva "One Must Fall", ultimo fragoroso atto all'insegna di oscuri suoni lisergici guidati da una poderosa ritmica che rendono questo 'Sirens' un disco da consigliare però ai soli amanti del genere. (Francesco Scarci)