#PER CHI AMA: Stoner/Sludge |
L'anno scorso ho avuto per le mani 'A Trip to the Closest Universe', il precedente album dei Bleeding Eyes (BE) e fui piacevolmente folgorato dal sound della band montebellunese. Se non conoscete la loro storia andate a (ri)leggervi la precedente recensione, anche perché avendola scritta io, rischierei di diventare ripetitivo (l'età e i troppi decibel logorano). Quello che salta subito all'orecchio è l'ennesimo passo in avanti qualitativo fatto dalla band, rimanendo comunque fedeli alla loro identità originaria. L'attuale line-up prevede sei elementi, tra cui anche una figura puramente dedita all'effettistica, a conferma che i BE non vogliono relegare questa sezione solo allo studio, ma portarla anche in sede live. L'album apre con "La Chiave", intro dal timbro riconducibile ai A Perfect Circle/Tool che in tre minuti abbondanti di sludge/post rock strumentale utilizza ritmica lenta e arpeggi suadenti per trasmette tutta l'emotività di cui la band è dotata. "Amaro Tez" ci riporta allo stile inconfondibile dei BE, dove il cantato in italiano è un proclama urlato e bestemmiato per redimere le povere anime che hanno perso la retta via. Chitarre massicce, lente e profonde che conducono insieme a basso e batteria un brano sludge/doom di oltre cinque minuti di durata. Un inno spontaneo e verace rivolto alla falsità che ci circonda, costruito su più livelli che sommati assieme producono una notevole onda d'urto sonora. Il brano non fa gridare al miracolo, ma si fa ascoltare, stuzzica l'appetito pensando a quello che ci aspetta dopo. Tocca a "Full Fledged", brano dalla musicalità più morbida e sommessa, dove le chitarre prendono la via del post rock e danno vita ad un brano onirico e itinerante. Gli arrangiamenti sono ben fatti e la mancanza del cantato o parlato danno più respiro agli strumenti che vanno a riempire gli spazi in maniera impeccabile. L'album chiude con l'omonimo brano proposto nell'extended version, ovvero circa dieci minuti abbondanti dove i BE danno sfogo ai loro scheletri nell'armadio. Gli arrangiamenti e i riff diventano morbosi e lenti, una versione sludge di "Dopesmokers" degli Sleep, con suoni vorticosi di synth analogici e i consueti proclami urlati a pieni polmoni. In realtà il brano vero e proprio dura quasi la metà mentre i rimanenti minuti sono suoni cacofonici, noise, feedback e tutto quello che può disturbare una mente sana e allietare un'anima malata. Opera monumentale, sicuramente dall'impatto devastante in live. 'Gammy' segna l'ennesima evoluzione di una band che ha già raggiunto diverse tappe importanti nel corso della propria carriera, ma che avrà ancora parecchie soddisfazioni da togliersi nel prossimo futuro. Un album da avere e soprattutto da gustare dal vivo appena possibile. (Michele Montanari)
(GoDown Records - 2014)
Voto: 75