#PER CHI AMA: Progressive Death |
Mi accingo a parlare di una band teutonica, il cui sound si distacca dal solito industrial metal: infatti, come asserisce l’act germanico, la proposta è un progressive metal con “un catalogo di musica multidimensionale, deliziosi arrangiamenti vocali, un song writing particolare, tastiere ben applicate e una notabile presenza di contenuti death metal” (tratto dal loro sito ufficiale). Viene spiegato anche il significato del nome: trattasi di una parola greca per intendere grazia o armonia, ma è anche il nome di una danza nelle tragedie greche. Ultimo appunto prima di iniziare a parlare dell'album: sono stati anche open act di band quali Korpiklaani, Volbeat e Geist. La prima traccia, “My Equal”, si apre subito brutale, senza alcun intro: dopo la prima strofa emergono le tastiere con un semplice accordo, ma che riesce a fondersi facilmente con il growl rude e graffiante. Degno di nota è il gioco di stili che si possono sentire in questo brano: dal death più cattivo al prog più ispirato, a rendere il tutto interessante e ingegnoso. Dalla metà in poi è tutto un connubio di chitarre e batteria che ricordano vagamente i Porcupine Tree, specialmente nei lunghi silenzi cantati. Solo dopo 3 minuti di totale ispirazione, un urlo squarcia il cielo portando la traccia a finire nella più totale cattiveria. “23.57.31” al contrario della precedente, inizia pulita per poi mutare nella parte death andante, a braccetto con assoli di tastiere: un ritmo serrato e pesante si alterna a parti prog e più delicate, risultando molto sperimentale e mai banale. Più ascolto il disco, e più mi rendo conto del potenziale “bomba” che questo ensemble presenta: un'energia immensa e ben esposta, senza cadere nel pesante. “Ornamental Mind” inizia con la parte growl, ma si alterna spesso al cantato pulito. In sottofondo la batteria non smette un attimo di far sentire la sua presenza, mentre si può notare anche un piccolo duetto verso metà traccia. Nonostante il filo conduttore sia lo stesso in tutte le canzoni, ognuna presenta qualche piccola sorpresa, sia nelle tastiere che nelle chitarre o batteria: per esempio, in questo brano, c'è un piccolo gioco di dita sulla tastiera dando un'aura più gentile e delicata. “Shatter the Streaks” all'inizio presenta il solito connubio batteria-chitarra, ma suonati in maniera più ritmata e profonda. Le tastiere creano un sottofondo continuativo, mentre un volteggio di chitarre e batteria, danno un effetto che pare un vortice: scelto apposta per le tematiche religiose leggermente velate. Molto piacevole è la parte pizzicata sulle tastiere, seguita a ruota dalla chitarra ritmica e dalla batteria. Con “Never Red” si arriva all'ultimo brano del disco, solenne e potente: le note di tastiera sono per lo più acute, con l’alternanza tra cantato pulito e growl, e con la testa che inizia a ciondolare avanti e indietro. Nel mezzo della canzone si trova il cuore pulsante del prog, che aiuta tanto a rilassare la mente e concentrarsi su tutto quanto fatto finora. Sembrerebbe quasi che gli Emmeleya vogliano terminare dolcemente, invece a 3 minuti dalla fine, i toni iniziano ad accendersi, aumentando il pathos e portando l'ascoltatore in uno stato di difesa, pronto per sferrare la botta death. Botta che non arriva subito, ma dopo un buon minuto e mezzo, quando già ci si era abituati alla calma. E con le chitarre portate al massimo, si chiude l’album anche se perlomeno viene affidata ad una chiusura sfumata, a differenza dell'inizio duro e diretto. Il cd, uscito a gennaio 2012, è una vera e propria perla: mai uguale, mai scontato e mai noioso. Anzi, il voler unire due generi molto diversi tra loro, li ha condotti a pubblicare un disco di tutto rispetto. Altamente consigliato per chi vuole qualcosa di nuovo e particolare. (Samantha Pigozzo)
(Self)
Voto: 75
http://www.emmeleya.com/
Voto: 75
http://www.emmeleya.com/