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giovedì 8 febbraio 2018

Descend Into Despair - Synaptic Veil

#PER CHI AMA: Funeral Doom, Shape of Despair, Saturnus
Che aspettarsi da una band il cui monicker significa sprofondare nella disperazione? Di certo non sonorità solari, piuttosto direi suoni votati al depressive o al funeral doom. Ebbene, non serve essere troppo arguti per capire che i rumeni Descend Into Despair propongano simili sonorità, ma poi vedendo l'estenuante lunghezza dei pezzi, propendo più sulla seconda delle mie ipotesi. Obiettivo centrato. I sette elementi, di stanza a Cluj-Napoca, offrono infatti in 'Synaptic Veil', suoni decadenti che hanno colto l'attenzione della sempre più guardinga Loud Rage Music, che ha deciso di puntare sui nostri. Cinque brani per quasi un'ora di musica ad esplorare temi quali il suicidio, l'inquietudine interiore e la malinconia legata alla solitudine. Cinque brani dicevo, che esordiscono con le inquiete melodie di "Damnatio Memoriae", in un tourbillon emotivo di oltre 13 minuti che chiama in causa i grandi del genere, My Dying Bride, Saturnus e Shape of Despair su tutti; i primi forse per la scelta di affidarsi a clean vocals (ma non solo), i secondi per l'utilizzo di melodie ariose quanto malinconiche, i terzi per quell'aurea di pesantezza che ammanta l'intero lavoro e dispensa angoscia a volontà. Ecco tracciate quindi le coordinate della opening track, ma in generale di tutto un album che trasmette una forte animosità nell'anima ed un senso di smarrimento e tormento che logora da dentro. Sicuramente da sottolineare le più che buone atmosfere disegnate dal lavoro coordinato tra chitarre e tastiere, che regalano uno splendido break centrale nella prima traccia, ove peraltro compaiono anche le growling vocals del frontman Xander. "Alone with My Thoughts" presenta un incipit più etereo, sebbene la pesantezza e la lentezza del riffing, combinato all'utilizzo granguignolesco delle vocals, la renda ancor più mortifera dell'opener. Ma la scelta di utilizzare arpeggi acustici è assai comune nel corso del disco: eccolo servito anche nella terza "Demise", dove la struggente voce di Xander si combina con un riffing pulito, atmosferico, a tratti indolente, che lascia ampio spazio alla strumentalità dell'act rumeno, in magnifiche trame chitarristiche che ricamano splendide melodie autunnali e suggestivi momenti d'ambiente, che si ritrovano anche all'inizio della quarta "Silence in Sable Acrotism", ove trovano spazio anche soavi voci femminili e dove la lentezza dell'ensemble si fa più importante, soprattutto alla luce dell'ultima traccia da affrontare, i 14 minuti di "Tomorrow". La luce qui sembra spegnersi definitivamente, cedendo il posto alle voci da orco del frontman e ad una chitarra che lascia presagire solo brutti pensieri, quelli forse di un domani senza speranza. (Francesco Scarci)