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giovedì 22 febbraio 2018

Aura Hiemis - Silentium Manium

#PER CHI AMA: Funeral Doom
Ecco arrivare dal Cile l'ennesima one-man-band, capitanata da V., factotum di questi Aura Hiemis, in giro addirittura dal 2004 ma che per il sottoscritto rappresentano invece una novità, il che è strano considerato che all'attivo hanno ben quattro dischi, uno split ed un EP. Cercheremo di rifarci con l'ascolto di questo 'Silentium Manium', lavoro uscito a dicembre 2017 sotto l'egida della prolifica Endless Winter, ormai diventata sinonimo di funeral-death-doom. E Mr. V. (che ha peraltro un passato nei Mar de Grises che conosco invece assai bene), qui supportato da Lord Mashit, non tradisce le attese, forte di un lavoro dedito ad un inquietante e malinconico sound che con i dieci pezzi di questa release, riesce a trasmettere tutto il proprio pathos e dolore interiore, attraverso passaggi musicali lastricati di un profondo senso di pesantezza e disagio. Lo dimostrano i fatti: subito dopo l'intro strumentale di "Maeror Demens I" che insieme alle parti II, III, IV e V costituirà degli acustici bridge tra un pezzo e l'altro, sopraggiunge "Cadaver Fessum", esempio indefesso del monolitico sound proposto dai due musicisti di Santiago. Suoni a rallentatore, con riffoni inferti ogni cinque secondi e dilatati all'infinito, tastiere da incubo e vocalizzi da orco cattivo, raffigurano e certificano la proposta degli Aura Hiemis. Nulla è comunque lasciato al caso: il suono bombastico, gli arrangiamenti, l'ampio spazio affidato alla componente strumentale che dà enfasi alla drammaticità e al climax che s'instaura nel corso dell'ascolto di 'Silentium Manium'. Mi stupisce comunque l'originale approccio della band nel proporre la propria visione di doom: un esempio concreto è offerto da "Sub Luce Maligna", breve, quasi completamente acustica, sembra strizzare l'occhiolino ai primi Swallow the Sun. Analogamente fa "Between Silence Seas", e a questo punto deduco che sia il vero marchio di fabbrica degli Aura Hiemis per prendere le distanze dalla massa, che affida dei suoi quattro minuti spaccati di musica, la metà a suoni acustici e i rimanenti due alle sole chitarre, escludendo del tutto la componente vocale. Ma la cosa si ripete anche nella successiva "Frozen Memories", il che mi lascia ancora una volta perplesso perchè alla fine, "Cadaver Fessum" e la tremebonda ma atmosferica "Danse Macabre", sono gli unici episodi funeral doom del disco, in quanto il resto è un nostalgico flusso di suoni minimalisti, acustici e nostalgici. Ah, ultima segnalazione: il disco contiene dieci tracce, ma il lettore ne visualizza 11, questo perchè c'è la classica ghost track (quanto adoro ancora questi giochetti) che mostra un abito ancor diverso per i nostri, che partono da una ritmica quasi post black per poi affidarsi ad un suono più pulito e diretto che va a braccetto con l'utilizzo delle vocals, qui meno catacombali. Che stiano volgendo lo sguardo verso altri lidi? Lo scopriremo rimanendo sintonizzati sul canale degli Aura Hiemis. (Francesco Scarci)