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lunedì 15 aprile 2024

Deathlike Dawn - Among the Graves of the Archetypes

#PER CHI AMA: Black Old School
Melodie sinistre, oscure e malefiche per un black metal avvolto da profondo mistero. Stiamo parlando dei polacchi Deathlike Dawn e del loro secondo album, 'Among the Graves of the Archetypes', uscito a distanza di quattro anni dal precedente 'Deliria and Dreams'. Un disco che affonda sicuramente le proprie radici nel black old school anni '90, con tanto di scricchiolanti riff, ridondanti ritmiche (come il buon Burzum era solito infarcire i propri lavori) e gracchianti grim vocals, il tutto impastato da un suono sporco e cattivo, in cui gli strumenti non sono peraltro cosi facilmente identificabili. Eppure, nonostante quello che sembra essere un bel pastrocchio, il disco dei nostri riesce a cogliere la mia attenzione e generare comunque emozioni piacevoli. I primi due pezzi, "A Monument I Shall Raise in Flame" e "Plutonic Ether" li trovo davvero buoni, per quanto non propongano nulla di innovativo nel loro ipnotico incedere di chitarre e azzeccatissime melodie che non tolgono comunque quell'impatto old school alla release. Sembra infatti di essere catapultati indietro nel tempo di 30 anni quando (i futuri) mostri sacri norvegesi, si stavano affacciando sulla sena. E penso ai primissimi Enslaved, Emperor, Dimmu Borgir, Burzum e Gehenna, e le loro proposte di black minimalista ma comunque contraddistinto da un piglio atmosferico, che alla fine convergeranno tutte insieme nelle note di questo disco marcescente ma indovinatissimo. Nella proposta dei Deathlike Dawn ci sento poi anche un che del cosmic black dei Darkspace, soprattutto nel secondo brano, che inizia all'insegna di un black doom, per poi evolvere con i suoi synth e tastiere, verso un black atmosferico, in grado di creare una sorte di sospensione del tempo. Con "Forked Tongues of Eternal Fire", il duo di Wrocław esibisce un black più tirato, che ammicca anche ai Windir nella linea delle chitarre in super tremolo picking. Che dire, se non che tutti gli amanti di simili sonorità, dovrebbero approcciare questa nuova realtà polacca, per lo meno per dargli un'occasione. Io mi sento di dargliela, anche laddove i nostri non offrono palesemente nulla di originale. Ascoltare però "Darkly Treads the Twilight" è un po' come riscoprire 'Vikingligr Veldi' degli Enslaved, mentre con la rutilante "In Tenebrous Depths, a Transfiguration" mi lascio piacevolmente investire dalla martellante contraerea dei nostri. In chiusura la caustica "Dew and Blood", pezzo rabbioso ma che forse non concede grosse emozioni, se non nel comparto solistico, dove la band si diletta con ottimi assoli e una furibonda cavalcata conclusiva. Nostalgici. (Francesco Scarci)