#PER CHI AMA: Experimental Post Rock |
Sempre difficile definire una band come i milanesi Sparkle in Grey, al secolo Matteo Uggeri, Alberto Carozzi, Franz Krostopovic e Cristiano Lupo, anche perché, disco dopo disco, cambiano pelle e vestito rimanendo sempre però estremamente vivi e interessanti nella loro proposta musicale, che qui per brevità, potremmo definire come una sorta di post rock che sposa sonorità mediterranee e mediorientali. Quello che senz'altro caratterizza questo 'Brahim Izdag' (oltre alla solita, magnifica e certosina cura per tutti gli aspetti produttivi, non ultimo quello del packaging) è la sua connotazione di disco in qualche modo “politico”, a partire dal titolo, tributo allo sciatore marocchino che riuscì a partecipare all'olimpiade invernale di Albertville, nel 1992. Perché Izdag, oltre ad essere divenuto famoso per la sua disastrosa performance, rappresenta quel desiderio, anzi, quel diritto all'integrazione che è un tema piú che mai caldo nell'Europa contemporanea. E così le 14 tracce che compongono l'album vanno a tracciare un affresco che è un inno al meticciato sonoro, all'incontro e all'integrazione, attraverso rock muscolari, melodie popolari uzbeche e ucraine, classici di Clash (una "White Riot" che diventa “Grey Riot”, parla cinese e suona come i Chumbawamba), Linton Kwesi Johnson (una versione attualizzata di “Inglan is a Bitch”, rinominata “Iurop is a Madness”) e Sly and the Family Stone ("There’s a Riot Goin’on") affiancati a brani originali estremamente efficaci nel loro declinare un tema in varie sfumature esasperandone ora il lato piú drammatico, ora quello piú giocoso, con un linguaggio musicale sempre in equilibrio tra rock, elettronica e profumi di spezie di mercati lontani. Ottimo lavoro. (Mauro Catena)
(Greysparkle/Old Bicycle Records - 2016)
Voto: 80