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giovedì 5 settembre 2019

Grabunhold - Unter dem Banner der Toten

#PER CHI AMA: Black, Mayhem, Windir
I Grabunhold sono un quartetto proveniente da Dortmund, palesemente ispirato al black metal di metà anni '90 al contempo anche alla letteratura tolkiana, dal momento che il moniker si rifà agli spettri dei Tumuli citati proprio da J. R. R. Tolkien in uno dei suoi scritti. 'Unter dem Banner der Toten' è l'EP di debutto dopo che nel 2017, i nostri avevano rilasciato un promettente demo intitolato 'Auf den Hügelgräberhöhen'. Dicevamo delle influenze della band: dall'ascolto della tumultuosa opener "Gespenster", i richiami ai vecchi classici sono evidenti: si va infatti dal fare riottoso dei Mayhem al più sinfonico degli Agathodaimon o al più epico dei Windir, come sottolineato dalle melodie in apertura di "Hexentanz", la seconda song. Il quartetto suona in modo comunque convincente e pur non inventando nulla di nuovo, si lascia piacevolmente ascoltare, alternando ritmiche infuocate con dei fraseggi di epica vastità che conferiscono una certa ariosità alla proposta del combo germanico. La seconda song vede peraltro i nostri abbandonare il cantato in screaming per delle spoken words, mentre il sound va dilaniando le carni con frustate di blast beat e chitarre in tremolo picking. "Von Gefallenen Helden und Vergess" è il classico bridge che ci conduce a "Grabunholde", ultimo atto di questa prima prova per la compagine germanica. La song è delle quattro quella che mi ha convinto meno, sebbene rimanga visibile il marchio di fabbrica dei Grabunhold che qui arrivano a palesare più forte anche una certa componente malinconica, oltre che delle orchestrazioni che sembrano evocare i Dimmu Borgir di 'Stormblast'. Alla fine, quella di 'Unter dem Banner der Toten' è una prova onesta che mette in luce pregi e difetti della band ma che lascia un discreto margine di crescita per il futuro della band in un genere sempre più scarno in fatto di idee. (Francesco Scarci)

Evil/Siege Column - Split EP

#PER CHI AMA: Thrash/Death, Sodom
Ormai il nostro è un mondo in cui il cd sta scomparendo quasi del tutto per tornare a far posto ai vinili e alle vecchie cassette quali formati fisici. Non ne sono immuni nemmeno le due band di oggi che insieme condividono questo split album: si tratta dei giapponesi Evil e degli americani Siege Column, con tre pezzi per i primi e due per i secondi. Il cd si apre con la furia distruttiva dello spaventoso trittico di song formato da "Paramount Evil", "Welcome to Satan" e "Rasetsuten". Il primo dei tre pesca direttamente dagli anni '80, citando band del calibro di Sodom o Sarcofago. Quindi un bel thrash/death old school per il quintetto di Tokyo che nella seconda sulfurea song (direi più un interludio di connessione fra la prima e la terza traccia), non nasconde delle influenze provenienti dai Black Sabbath. Si arriva cosi velocemente al terzo brano, un pezzo diabolico che in tre minuti liquida egregiamente la pratica Evil per lasciarci agli statunitensi Siege Column. Una band questa, che include l'onnipresente Joe Aversario, uno che deve essere membro di una cosa tipo dodici band (tra cui gli Abazagorath e gli Altar of Gore) ed ex membro di altre sette. Qui i pezzi sono due: "Mayhemic", soffocante esempio di death metal old school sempre di derivazione ottantiana e "Fight of Destruction", un pezzo di caotico death brutale mal suonato e pure mal registrato che poco nulla mi ha lasciato al termine del suo ascolto. Alla fine comunque, comprendo la scelta operata dall'etichetta per ciò che concerne l'uscita fisica, vista l'obsolescenza dei contenuti di questo Split EP. Ah dimenticavo, ai punti i giapponesi Evil surclassano alla grande gli statunitensi Siege Column e il voto complessivo è figlio della media delle due performance. (Francesco Scarci)

lunedì 2 settembre 2019

Frost - Out in the Cold

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Heavy Metal
Ci sono musicisti che proprio non riescono a stare fermi, neppure per un attimo: Jack Frost è uno di quelli. Oltre ad essere stato membro di Savatage e Metalium (e diverse altre band), essere il fondatore dei Seven Witches, Jack ebbe il tempo e la voglia di rilasciare anche questo solo album nel 2005 (il secondo da solista), dove avvalendosi di una serie di ospiti illustri, diede vita a questo 'Out in the Cold'. Io, che mi aspettavo un cd prevedibilmente costituito da esibizioni solistiche di Jack, sono rimasto parzialmente deluso, perchè in realtà, come già successo in passato, ci si trova davanti un platter di musica classic metal al 100%, con ritmiche rocciose, tanta tecnica e buone melodie che si fissano istantaneamente nelle nostre testoline, il che placa per lo meno la mia parziale delusione. Jack è bravo nell’alternare brani potenti ad altri più catchy e maggiormente immediati evitando, come già detto, ogni raffinatezza stilistica. Il disco si apre con l’alternativa “Wating Your Luv”, brano che sembra esser stato preso in prestito da 'St. Anger' dei Metallica, per un uso abbastanza simile della batteria; da segnalare qui l’ottima prova alle voci di Ted Poley dei Danger Danger. Si prosegue con la sabbatiana “Hell or High Water”, brano che francamente non mi ha convinto più di tanto. Ben altri sono i pezzi che meritano invece una certa attenzione, dovuta anche alle guest star che suonano o cantano nei vari pezzi, e quindi è abbastanza interessante notare come artisti diversi conferiscano un diverso appeal alle varie song. Vi ricordo infatti, che questo lavoro di Mr. Frost, ospitò artisti provenienti da Anthrax, Symphony X, Racer X, Malmsteen, gli stessi Seven Witches, WASP e molti altri, band peraltro inserite in diversi contesti musicali e che quindi hanno in un qualche modo influenzato in una direzione o nell'altra la proposta di Mr. Frost, con il proprio stile musicale. Alla fine il risultato che ne viene fuori è buono, anche se c’è qualche pezzo che suona troppo morbido o fuori dal coro, come “Passage to the Classical Side”, ballad dal forte sapore ottantiano. Ottime invece, le aggressive e mai noiose “Crucifixion”, “Sign of the Gipsy Queen” e “Covered in Blood”, senza dimenticare la triste e melodica “Cold as Ice”. Insomma, un buon lavoro da parte di Mr. Frost, piacevole da ascoltare, ma non completamente ispirato, complici brani non proprio originalissimi. Tuttavia un ascolto, l’album lo merita sicuramente. (Francesco Scarci)

Nupta Cadavera - S/t

#PER CHI AMA: Black
Certo che con un debut EP (in questo caso un 7") che dura poco più di sette minuti, che cosa si può dire di sensato o più strutturato? Poco o nulla. E allora sappiate che i Nupta Cadavera non sono altro che un collettivo che include membri di altre band altrettanto sconosciute, la cui origine è verosimilmente attribuibile alla scena danese. Due pezzi a disposizione di questi loschi figuri, "Metaphysical Cruelty" e "Instant Mortification of the Soul": il primo quasi mi sorprende per una ritmica lineare, melodica, ascrivibile ad un black melodico con dei vocalizzi arcigni e ahimè una produzione al limite del casalingo che ne penalizza la riuscita finale. Le ritmiche non sono comunque tirate, complici delle disarmoniche e glaciali tastiere di sottofondo che rendono il brano di per sè piacevole, non fosse altro che ogni tanto la batteria sembra scomparire, inghiottita da non so quale buco nero. Il secondo pezzo continua su questa linea mostrando tuttavia una linea di chitarra più abrasiva e zanzarosa, mentre le vocals, sempre più disperate, si concedono qualche sperimentazione ulteriore. Insomma, questi Nupta Cadavera sono la giusta band atta ad arricchire coerentemente il roster della Nuclear War Now! Productions. (Francesco Scarci)

(Nuclear War Now! Productions - 2019)
Voto: 62

https://nuclearwarnowproductions.bandcamp.com/album/nupta-cadavera

domenica 1 settembre 2019

Fire - Walking on Bones

#PER CHI AMA: Heavy Metal, Iron Maiden
È la volta del vinile da 10" con i teutonici Fire e il loro 'Walking on Bones', un EP di due pezzi di quasi 18 minuti che ci riportano anche in questo caso indietro nel tempo alla (ri)scoperta del vecchio heavy metal classico, che scomoda facili paragoni con gli Iron Maiden. La band di Amburgo apre con la lunga title track, 10 minuti di sonorità heavy di scuola inglese che chiamano appunto in causa Bruce Dickinson e compagni, rinunciando però alle classiche cavalcate della vergine di ferro per concentrarsi su un più ragionato mid-tempo, a tratti ammiccante ad un doom rock più che ad uno spumeggiante heavy. Ecco perchè, il maxi-single perde abbastanza velocemente di brio ed interesse, inducendomi quasi a skippare sul più bello, ossia quando la band sciorina finalmente un bell'assolo, elegante a tal punto da ridestarmi da quel torpore in cui ero nel frattempo sprofondato. Con "Enough is Enough" le cose non cambiano granchè, visto che il quartetto germanico persiste nel suonare un po' a rallentatore con una ritmica che sa tanto di marcetta (ma che fortunatamente evolve con melodie sufficientemente gradevoli) su cui si piazza la voce pulita del vocalist. Insomma per ora niente di nuovo all'orizzonte, in attesa di buone nuove. (Francesco Scarci)

Dawn of Relic - Night on Earth

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Swedish Death, Arch Enemy
Dalla Finlandia, vi presento i Dawn of Relic e il loro terzo e ultimo lavoro prima che se ne perdessero completamente le tracce. 'Night on Earth' è un album uscito originariamente nel 2005 e ristampato più volte negli anni a seguire, anche se francamente non ne capisco il motivo. Il melodic black metal sinfonico degli esordi in questa release lascia definitivamente il posto ad uno swedish death metal influenzato in primis da Arch Enemy e in secondo luogo anche dalla melodia fulgente degli In Flames (periodo centrale della loro discografia). Il platter, ottimamente prodotto, offre però solo 30 minuti scarsi di musica, con un sound che ha ben poco da essere ulteriormente approfondito, essendo molto vicino alle band sopraccitate. In “Birth”, la quarta traccia, è ben rimarcabile una forte influenza proveniente dai Sentenced, per quelle sue malinconiche e al tempo stesso frizzanti melodie che emergono dalla chitarra. Ottima, come sempre per i gruppi del nord Europa, la prestazione dei singoli musicisti, non sufficiente però a sollevare un lavoro che in taluni frangenti risulta essere anonimo e noioso. Pensavo che la performance di questi ragazzi finlandesi potesse rappresentare un punto di svolta della loro carriera, per riuscire ad emergere dal sempre più affollato calderone della scena death melodica, ma punti vincenti questo disco ne ha davvero ben pochi: ottimo il songwriting, buona la prestazione del cantante, così come accennavo all’ottima prova dei singoli musicisti. Gli assoli sono anche piacevoli e le ritmiche straripanti, troppo poco però, per riuscire a fare il salto di qualità agognato. Peccato poi, per lo scarso utilizzo delle keys, capaci invece di impreziosire il sound dell’intero lavoro: affascinante infatti, l’ultimo brano del lotto, dove accanto ad una chitarra particolarmente ispirata si affianca anche una delirante tastiera. A differenza del precedente 'Lovecraftian Dark', qui non hanno trovato posto neppure le vocals femminili da fare da contraltare ai growl maschili. (Francesco Scarci)

(Season of Mist - 2005)
Voto: 60

https://myspace.com/dawnofrelicmusic

Horrid Apparition - Evil Reigns

#PER CHI AMA: Death/Thrash, Slayer
Spazio anche ai demo(tape) qui nel Pozzo dei Dannati visto che cosi tanto sono tornati di moda. Interessante innanzitutto notare come a fronte del ritorno della vecchia cassetta, anche la proposte musicali sembrano molto spesso essere tornate indietro nel tempo di quasi trent'anni. È il caso degli Horrid Apparition e del loro (breve) concentrato di thrash death incluso in questo due-pezzi edito dalla Redefining Darkness Records, che sembra evocare gli spettri di due album in particolare, 'Show no Mercy' degli Slayer e 'The Return......' dei Bathory. Tutto appare fin troppo chiaro già dall'opener "Baphomet" in cui il cantato richiama quello del buon Tom Araya e la musica riflette la proposta del gruppo americano, venata però di un che dei primi due lavori di Quorthon e compagni. Lo stesso dicasi della seconda traccia, "Evil Reigns", una bella cavalcata d'impatto con tanto di coro che si stampa nel cervello, che avrebbe fatto la sua porca figura su uno dei primi album degli Slayer. Per ora ci fermiamo qui con queste due tracce che auspico fungano da apripista per la band franco-olandese, che ben si presenta con questi due pezzi per i vecchi nostalgici degli anni '80. Attendiamo sviluppi. (Francesco Scarci)

(Redefining Darkness Records - 2019)
Voto: 65

https://horrid-apparition.bandcamp.com/album/evil-reigns

sabato 31 agosto 2019

Ultar - Pantheon MMXIX

#PER CHI AMA: Post Black/Shoegaze, Deafheaven
Ho detto più volte che il post-black è giunto di fronte ad un vicolo cieco, cosi incartato su se stesso e con sonorità ormai troppo abusate. Eppure c'è ancora chi ha il coraggio di dire qualcosa di diverso in un ambito cosi chiuso. È il caso dei siberiani Ultar che se ne escono con questo meraviglioso 'Pantheon MMXIX', album ahimè disponibile solo in digitale e vinile (e per gli ultimi amanti del cd? ciccia). Tralasciando sterili polemiche, devo ammettere che la band russa, evocando peraltro col proprio moniker e il titolo dei brani il buon H.P. Lovecraft, mi ha sorpreso non poco con questo lavoro contenente sette pezzi ispiratissimi, che partendo da un background post-black appunto, trovano nuovi eccitanti spiragli per il genere. E poco importa se l'opener "Father Dagon" si trova in un qualche modo a citare da un punto di vista vocale anche i Cradle of Filth, a me musicalmente i cinque musicisti di Krasnoyarsk mi hanno semplicemente esaltato, nonostante il loro debut album omonimo non mi avesse proprio fatto impazzire. Partendo da un'ottima produzione, i nostri ci regalano uno dopo l'altro, dei pezzi convincenti a tutti i livelli, dalla musica, alle vocals e ad un sound pregno di contenuti, non solo black, ma pure shoegaze/post rock, come nella parte arpeggiata dell'opener, oppure nelle partiture etniche della seconda "Shub-Niggurath" (altro omaggio al grande scrittore), o nell'oscura quanto assai lunga "Yog-Sothoth", che parte da paranoiche linee di basso per poi affinarsi in splendide melodie dotate di una certa vena sinfonica che arricchiscono ulteriormente la proposta dei nostri. "Worms" è un brano più malinconico mentre che nel finale trova un'altra zampata vincente quando lascia ampio spazio alle partiture semi-acustiche del brano o a delle vocals femminili in background. C'è ancora tempo per la più orrorifica e strumentale "Au Seuil", cosi come per le conclusive "Beyond the Wall Of Sleep" vera tempesta black con lo screaming però troppo vicino a quello di Dani Filth e il gran finale lasciato alla tumultuosa (quasi post-punk) "Swarm" che sottolinea anche una certa ecletticità di fondo della band russa. Bravi, però ora gradirei una copia in cd! (Francesco Scarci)

(Temple of Torturous - 2019)
Voto: 78

https://ultar.bandcamp.com/album/pantheon-mmxix 

Ulver - 1993-2003: 1st Decade in the Machine

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Experimental/Electro
Nel 2003 gli Ulver pensarono bene di far uscire l'ennesima uscita discografica! Non si trattava di un nuovo full-length, bensì ad una raccolta di quattordici remix che attingevano sia dalla produzione più recente del gruppo, sia dal materiale composto prima della svolta elettronica, coprendo l'intero periodo di vita della band norvegese. Alla raccolta partecipano tredici artisti più o meno noti della scena elettronica internazionale: Alexander Rishaug, Information, The Third Eye Foundation, Upland, Bogdan Raczynski, Martin Horntveth, Neotropic, A.Wiltzie vs. Stars of the Lid, Fennesz, Pita, Jazzkammer, V/Vm e Merzbow. Anche gli stessi Ulver prendono parte alla tracklist dell'album con il brano d'apertura "Cruck Bug", dove Kristoffer Rygg decide di rispolverare addirittura "Nattens Madrigal" dal demo 'Vargnatt' del 1993. Sebbene i remix presenti coinvolgano buona parte della vecchia produzione black metal del gruppo, non aspettatevi dei brani troppo movimentati ma "rassegnatevi" ad un ascolto paziente di quasi ottanta minuti di onanismi elettronici e di qualche divagazione rumorista che ogni tanto saprà destarvi dal sonno. Con questo non voglio affermare che il lavoro sia di scarso interesse, più semplicemente penso sia doveroso avvertire chi fosse intenzionato all'acquisto, che quanto si può ascoltare sul cd rimane un po' troppo in linea con le sperimentazioni minimali a cui Mr. Rygg ci ha abituato anche con le ultime pubblicazioni. Trattandosi di una raccolta di remix, pensavo fosse lecito aspettarsi perlomeno una maggior varietà di stile! L'acquisto è consigliato perciò ai soli collezionisti; agli altri suggerisco di rispolverare i più recenti album della band. (Roberto Alba)

(Jester Records - 2003)
Voto: 63

https://www.facebook.com/ulverofficial/