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venerdì 16 febbraio 2018

Visionoir - The Waving Flame Of Oblivion

#PER CHI AMA: Dark Wave/Progressive
Diciannove anni fa compravo la cassetta di 'Through the Inner Gate', demotape di debutto di Alessandro Sicur, allora accompagnato da Mattia Pascolini, in questo progetto denominato Visionoir. Quasi cinque lustri di silenzio, e poi dall'oggi al domani, ecco arrivarmi a casa il cd d'esordio della band friulana, 'The Waving Flame Of Oblivion', uscito autoprodotto lo scorso ottobre. Ebbene, quando si dice che di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, immagino che sia soprattutto applicabile al buon Alessandro che è scomparso dai radar per diverso tempo per dedicarsi ad altri progetti. La proposta musicale del mastermind di Udine prosegue laddove aveva iniziato in quell'esordio del '98, affinando però tecnica e suoni, ma continuando comunque a proporre un rock dark avanguardistico sorretto da pesanti inserti elettronici che si palesano sin dall'opener "Distant Karma", esotica suite strumentale che si muove tra lunghi trip psichedelici, fughe di chitarra e splendide melodie space rock. In "The Hollow Men" esordiscono anche dei samples vocali che ritroveremo lungo tutto il disco ma che in realtà non sono altro che le voci registrate di alcuni grandi poeti del '900 (in questo caso T.S. Eliot), mentre le chitarre in simbiosi con i synth, orchestrano elaborati intrecci di musica progressiva volta ad intrattenere con eleganza gli ascoltatori, grazie a giochi ritmici in chiaroscuro, saliscendi chitarristici e una bella dose di cambi d'atmosfera. L'unica cosa che alla fine mi fa storcere il naso è proprio l'utilizzo di quella voce robotica un po' troppo asettica per i miei gusti. Niente di cosi grave, visto che l'inizio di "7ven" mi esalta non poco, evocandomi i primi Depeche Mode, anche se poi le melodie mediorientali griffate dai riff di Alessandro, regalano momenti di totale distacco dalla realtà, collocandoci in una qualche kasbah marocchina. "The Discouraging Doctrine of Chances" è narrata dal poeta americano Ezra Pound, e mostra una ritmica più aggressiva, anche se i giochi di luce delle chitarre, in uno stile vicino agli Orphaned Land, vengono smorzati dai gentili tocchi di tastiere. Il disco è intrigante, inutile girarci intorno e "Shadowplay" dimostra ancora la sapienza e l'originalità con cui il polistrumentista friulano, si (e ci) diletta con una miscela di rock progressive settantiano e suoni decisamente cosmici che ci introdurranno alla terza song "cantata", questa volta da Antonin Artaud, in una traccia più compassata, seppur mostri una certa liquidità nella sua effettistica e un'aura comunque più intimista rispetto alle precedenti. Un pizzico in più di malinconica invece la ritroviamo in "Coldwaves", che perde gli ultimi residui metallici dei Visionoir a favore di sonorità a cavallo tra shoegaze e post rock che diventeranno più palesi nella sorprendente "A Few More Steps", declamata questa volta dal buon vecchio Dylan Thomas in un incedere dapprima nostalgico, quasi drammatico e che alla fine tramuterà in sonorità più ansiogene. Il nono e ultimo pezzo è affidato alla bonus "Godspeed Radio Galaxy" che condensa in oltre 11 minuti tutto il repertorio electro-rock dei Visionoir, tra derive prog, larghi spazi d'atmosfera, partiture heavy e una bella dose di personalità che pensavo fosse andata perduta in questi ultimi vent'anni. Ben tornato Alessandro. (Francesco Scarci)