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mercoledì 27 settembre 2023

Three Fish - S/t

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Grunge/Alternative
La balattonza-da-cucchiaino-in-mano "Solitude" in apertura (ma anche la riverbero-crepuscolare "Strangers in My Head" più avanti), senz'altro reminescente di certi intimismi psicotropi collocabili dalle parti dello Staley (stra)rarefatto dei Mad Season (ma là c'era Micino McCready au lieu di GeiGei Ament) prelude a una divagante e jammosa session di grunge funky (il cosiddetto grunk) composta da ben diciotto fottutissime canzoni (più o meno) agilmente reinterpretanti certi stilemi consolidati, perlomeno in quegli anni, perlomeno da quelle parti. Efficaci "vedderate" ("Laced" o la into-the-riverberante "Zagreb"), efferati muretti garden-sonori ("All Messed Up" e "Silence at the Bottom"), qualche strappetto fuzzy-indie d'ordinanza ("Song for a Dead Girl", la dainosour-grattugiosa "Secret Place") sono numerosi esempi di quel suono tanto ampio quanto inquieto che individuate a badilate nel coevo 'No Code' ("Here in the Darkness" o "Build"). Se potete sopportare la fesseria sufi dei tre pesci, orgogliosamente recitata da GeiGei in tre, dico tre, distinti momenti, il (ri)ascolto dell'album a quasi trent'anni dalla sua pubblicazione, vi risulterà strusciante e confortevole più o meno quanto un paio di mutande di flanella. (Alberto Calorosi)

domenica 26 gennaio 2020

Life of Agony - Broken Valley

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Crossover/Alternative
I newyorkesi Life of Agony si sono lasciati e ripresi mille volte. Dopo lo scioglimento del 1999, sono tornati prima con un live album, registrato all’Irving Plaza di New York nel gennaio 2003 e poi con questo 'Broken Valley' nel 2005. Il disco, anticipato dal singolo "Love To Let You Down", contiene 12 tracce che ripartono là dove, nel 1997 con 'Soul Searching Sun', la band aveva mollato. E il tempo sembra essersi fermato a otto anni prima e che nulla abbia alla fine turbato il feeling instauratosi all’interno del quartetto guidato da Keith Caputo. Tra le mani ci si ritrova infatti un disco di sano hard rock contaminato dall’hardcore, egregiamente prodotto da Greg Fidelman (Jet, Slipknot), che ha segnato a mio avviso la consacrazione definitiva di una delle band più influenti nella storia di questo genere. Il loro ritorno fu contraddistinto anche dalla presenza della line up originale che rese celebre la band, nella scena di New York, negli anni ‘90. 'Broken Valley' non è però l'album violento che ci saremo aspettati, sembra molto più intimista, meditativo e intenso, con brani permeati di una sottile malinconia. I Life of Agony sono quindi in grado di farci emozionare con un sound talvolta ruvido ma sempre appassionante, intriso ancora di quel grunge che li contaminò durante gli anni ‘90: “Junk Sick” è infatti un omaggio agli Alice in Chains, “The Day He Died” è un pezzo in cui Keith parla della morte del padre, e insieme all’energica “The Calm that Disturbs You”, rappresentano forse i migliori pezzi di questo cd, un album in grado di offrire musica di alto spessore artistico. La splendida voce di Keith ci mostra poi il motivo per cui il singer abbandonò la band per intraprendere la carriera solista. La musica dei Life of Agony è in grado di dipingere un quadro decadente della società americana attraverso linee ed ombre trasportate in note dal quartetto di Brooklyn. (Francesco Scarci)

(Epic Records - 2005)
Voto: 76

https://www.facebook.com/lifeofagonyfamiglia/

domenica 23 settembre 2018

Hellyeah - S/t

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Groove Metal
Il primo album del supergruppo formato dal campione rionale dei mangiatori di hot dog dei Mudvayne, dal taroccatore di marmitte dei Nothingface, dallo spacciatore di pasticche di Lexotan dei Bloodsimple e dal rivenditore di cessi a muro militante nei Damageplan e prima nei Pantera, e il cui nome corrisponde all'esclamazione che fareste al venerdì sera se foste anglofoni e un amico vi invitasse fuori per una birra (cit. Vinnie Paul), esprime bandane, pizzetti lunghi sotto il mento e un groove metalloso anni '00 poco alt e molto ortodosso, tra certi grattugiosi melodismi grunge ("Thank You", "Star") planet-carovanate ("In the Mood"), compressioni old-school-nu-metal ("GodDam", "Nausea" et many al.) e una certa, malamente sopita, predilezione southern ("Alcohaulin' Ass" o la stessa title track in apertura). Esattamente quel che ci vuole per un ascolto sguaiato al venerdì sera in auto coi finestrini abbassati mentre raggiungete un amico al pub per farvi una birra. (Alberto Calorosi)