Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta Coypu Records. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Coypu Records. Mostra tutti i post

venerdì 1 maggio 2020

Wows - Ver Sacrum

#PER CHI AMA: Post Metal/Black, Altar of Plagues, Amenra
La Primavera Sacra (Ver Sacrum in latino) era una pratica rituale di origine antica, che consisteva nell'offrire negli anni di carestia, come una sorta di sacrificio, tutti i primogeniti nati dal 1º marzo al 1º giugno; l'immolazione non era però reale, in quanto i bambini crescevano come sacrati, per emigrare in età adulta a fondare nuove comunità altrove. Ora, questa Primavera Sacra è stata traslata per identificare il periodo di uscita di questo nuovo capitolo degli italici Wows, affidando una sorta di sacralità all'evento (questa la mia libera interpretazione), dato che abbiamo atteso quasi cinque anni per ascoltare la terza fatica dei nostri. E non ne vedevo l'ora. Cinque pezzi quindi per tastare il polso ai sei musicisti veronesi, anche se "Elysium" è una malinconica intro pianistica sul cui sfondo si aggira una spettrale e appena percettibile voce femminile. "Mythras" divampa poi spaventosamente nelle mie casse, con una ritmica al vetriolo, schiaffi sui piatti, una voce che arriva direttamente dall'oltretomba e una minacciosa crescita musicale che mi rievoca immediatamente uno dei brani che più ho amato degli Altar of Plagues, "God Alone". Date un ascolto attento alla song e godete con me nel sentire come gli insegnamenti dell'ensemble irlandese siano stati presi in dote dalla band e riadattati, resi forse anche più claustrofobici nell'evoluzione angosciante di una traccia che rischia di divenire alfiere di una nuova ondata post-black. Si perchè, parliamoci chiaro, l'evoluzione dei nostri iniziata già ai tempi di 'Aion' non si è affatto conclusa ma prosegue nel suo dilaniante disagio interiore, esteriorizzato dai suoni malefici e angusti di questo 'Ver Sacrum' che pone la band di fronte ad un nuovo bivio futuro, di cui vorrei conoscerne già la risposta. Tornando alla track, questa si muove in bilico tra un sound melmoso e un più furente e apocalittico post-black, figlio di questo maledettissimo periodo che stiamo vivendo. È gioia estatica la mia nel farmi inglobare dall'insana musicalità della compagine nostrana e quale orgoglio nel sentire che simili suoni escano da una band italiana piuttosto che dalle solite realtà americane o svedesi. Che abilità poi nel passare tra lo sludge, il black, l'hardcore e poi concludere con un funeral dalle tinte morbosamente ossessive. "Vacuum", la terza traccia, è tutt'altra cosa con un incipit shoegaze, fatto di impalpabili e decadenti melodie di chitarra e nostalgiche clean vocals che riversano il proprio straziante malessere su quei minimalistici tocchi di chitarra. Poesia allo stato puro, che non preannuncia nulla di buono, visto che sul finire del pezzo, la realtà sembra distorcersi e sembra volerci annunciare di prepararci ad affrontare una distorta forma di realtà. E cosi sia. "Lux Æterna" parte da lontano, con quanto rimane dal precedente album, ossia un minimalistico pizzicare di corde di chitarra e la voce del buon Paolo Bertaiola a declamare pochi versi (ci sento un po' di scuola Amenra in questo frangente). Un ipnotico riff di chitarra inizia a salire nel frattempo, affiancando il più muscoloso riffing portante, mentre una terza chitarra sembra addirittura lanciarsi in un tremolo picking dal forte effetto disturbante. Un forte senso di angoscia sale man mano che le chitarre nel loro marziale incedere, vedono la voce del frontman urlare straziata. La song rimane però bloccata nelle sabbie mobili di un tortuoso e ossessionante giro di chitarra, francamente avrei osato di più in questo frangente, considerata la sua rilevante durata di oltre 13 minuti, un peccato perchè la song sembra castrata e depotenziata nei dettami di un genere che necessita di nuove intuizioni. E arriviamo, senza nemmeno rendercene conto, alla conclusiva "Resurrecturis", non sembra, ma trentadue minuti di sonorità oscure sono già scivolati e quanto ci rimane, sono gli undici rimanenti dell'ultima traccia. L'inizio è un ambient dronico che funge da apripista ad un sound che persiste nel parcheggiarsi dalle parti di un post-sludge lisergico ove riappaiono i fantasmi dei Neurosis ma pure dei Tool. La voce di Paolo si conferma su tonalità pulite ed acute, ma sempre dotate di un profondo senso di sofferenza, mentre il saliscendi ritmico alla fine è da mal di testa e per questo varrebbe la pena sottolineare la performance dietro alle pelli di un magistrale Fabio Orlandi soprattutto nel roboante finale affidato ad un feroce climax ascendente. Per concludere, non posso che enfatizzare ottima la performance in toto della band italica, sebbene in tutta franchezza, avrei garantito più minutaggio alla componente post-black dell'iniziale "Mythras", vero gioello del disco. Aggiungerei poi i complimenti al duo Enrico Baraldi e Luca Tacconi dietro al mixer presso gli Studi Sotto il Mare dove la band ha registrato e ultima menzione per il lavoro sempre di prim'ordine, di Paolo Girardi per l'ennesima spettacolare cover artwork del disco. Che altro volete di più, devo forse intimarvi di far vostra questa spaventosa creatura che risponde al nome di 'Ver Sacrum'? Ora vi prego, non fateci attendere un altro lustro per avere nuove notizie della band, si sa dopo tutto che la fame vien mangiando e io ho già appetito per un'altra release targata Wows. (Francesco Scarci)

(Dio Drone/Coypu Records/Hellbones Records/Shove Records - 2020)
Voto: 81

https://thewows.bandcamp.com/album/ver-sacrum

domenica 23 giugno 2019

Zambra - Prima Punta

#PER CHI AMA: Post-hardcore/Post-metal, Breach
Soffocare e resistere. Soffocare nel cemento di periferie infinite, negli scarichi di auto incolonnate lungo dedali di superstrade, nelle folle di centri commerciali sempre più grandi e numerosi. E resistere a questo fiume in piena fatto di rifiuti, indifferenza e degrado che è la nostra società in corsa verso il baratro. 'Prima Punta', primo long playing degli Zambra, è tutto questo: un hardcore plumbeo e soffocante, brutalizzato da influenze metal e contaminato da escursioni post-rock e noise, tanto in grado di far soccombere l’ascoltatore sotto il peso del disagio esistenziale, quanto di suscitare un acuto desiderio di ribellarsi a questa deriva.

L’artwork del disco, raffigurante un’oscura boscaglia in contrasto con bianche montagne sullo sfondo (il cui profilo aguzzo non a caso richiama anche il logo della band di Sesto Fiorentino), potrebbe essere interpretato come un tentativo di esorcizzare le malsane atmosfere urbane che caratterizzano i brani, tuttavia l’andamento a zig-zag dei picchi ci fa pensare anche alla rappresentazione grafica di una tendenza dall’esito funesto.

Ed eccoci ai pezzi: i maestosi riff di “Metano”, una miscela tossica di post-hardcore e sludge,ci accolgono a cazzotti in faccia con quella che potrebbe essere la colonna sonora per una prognosi infausta urlata ad un paziente che non ne vuole sapere di ascoltare i consigli del medico. Comprendiamo che il carburante di 'Prima Punta' non siano i veleni che inquinano l’aria delle nostre città, quanto la rabbia e la frustrazione espresse dall’alternarsi di slanci hardcore dal sapore marcatamente anni novanta e deflagrazioni post-metal degne dei Neurosis di 'A Sun That Never Sets': queste sensazioni generano la scintilla che mette in moto la marcia implacabile di “FoscO” e trasudano dalle ritmiche laceranti di “Ambra”, mentre gli spasmi nervosi di “Rimaggio” evocano suggestioni post-apocalittiche.

Grinta e dinamiche incazzate dunque non mancano nell’album, ma è da sottolineare l’eclettismo degli Zambra nel non appiattirsi unicamente sulla pesantezza sonora e ricercare costantemente intrecci più elaborati, benché sempre al servizio di atmosfere decadenti ed introspettive: ne sono un esempio l’inquietante esperimento noise\ambient di “Yanusz”, l’ipnotica e rituale “Oca Bianca” e lo straziante inno di sofferenza e disillusione che è “Lottarox”. Chiude “Sun Chemical”, brano di oltre sei minuti che ci lascia una triste fotografia del nostro probabile futuro, fatto di tramonti nascosti dai fumi delle ciminiere, dal cemento di squallidi palazzi e dall’acciaio di gru puntate verso il nulla.

'Prima Punta' è un disco istintivo, genuino e che va dritto al sodo, proprio per questo vi entrerà nel cuore. È un grido disperato nella cacofonia di rumori urbani, lo sfogo per il fardello di insofferenza che tutti ci portiamo dentro e di cui vorremmo liberarci: prendiamo esempio dagli Zambra e forse qualcuno inizierà a chiedersi il perché di tutte queste urla e forse non sarà troppo tardi per invertire la rotta. (Shadowsofthesun)

(Black Candy Records/Coypu Records - 2018)
Voto: 86

https://zambra.bandcamp.com/album/prima-punta-lp-2018