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domenica 19 luglio 2020

She Said Destroy - Time Like Vines

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Death
Ad aprile 2006 uscivano come un fulmine a ciel sereno questi She Said Destroy. Senza uno straccio di biografia, nemmeno il titolo di una canzone nel promo a mia disposizione, oltre alla difficoltà a recuperare informazioni via internet, capii che la formazione era al debutto assoluto (fatto salvo un paio di demo), e proveniva da Oslo. La proposta della band all'insegna invece di un techno death brutale sporcato da influenze vicine ai Meshuggah, ma non solo: suoni ripetitivi, riff disarmonici, (qualche) intermezzo acustico, ritmiche sincopate, cambi di tempo, breaks melodici (pochi), stop’n go e sfuriate grind. Possono bastare? Eh si, devo ammetterlo ragazzi, se da un primo ascolto, quest’album mi sembrava il solito lavoro scopiazzato qua e là, dopo svariati (ma svariati) ascolti, ho potuto apprezzare la capacità del quartetto scandinavo, guidato da Ugmod e Snorre, nel saper trasmettere delle emozioni malsane e alquanto incazzate. Non eravamo di fronte a chissà quale miracolo in ambito musicale, non c’era nulla di nuovo nei solchi di 'Time Like Vines', però, la proposta del combo norvegese risultava comunque accattivante, nonostante la difficile opera di digestione, dovuta proprio ad una proposta di non così facile presa. Il death dei She Said Destroy si poneva come un attacco frontale, un attentato ai nostri emisferi cerebrali, fatto di ritmiche violente, talvolta viaggianti su mid tempos, ma sempre belle massicce e rabbiose; le growling vocals si alternano qui allo screaming tipico del black. Altri influssi di scuola old-black, thrash, noise, convergono poi all’interno di questo disco, che in definitiva, risultava essere di difficile assimilazione. Con un’ulteriore sgrezzata, i She Said Destroy potevano dire anche la loro, riproponendosi in futuro con il brillante 'This City Speaks in Tongues', prima di scomparire dalle per lungo tempo. (Francesco Scarci)