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martedì 4 settembre 2018

Newspaperflyhunting - Wastelands

#PER CHI AMA: Psych/Prog/Post Rock
Ci ho impiegato un bel po' di tempo per approcciare i polacchi Newspaperflyhunting, non tanto musicalmente più che altro da un punto di vista vocale. 'Wastelands' è il loro terzo lavoro, un album di otto pezzi che ha provato in ogni modo a catturarmi con una proposta musicale a tratti stuzzicante che tuttavia mi ha fatto storcere il naso invece per la voce del loro frontman. Andiamo però con ordine: si parte con la breve "We Used to Wander", che mette in luce le peculiarità dell'ensemble di Białystok, nel proporre un rock compassato e malinconico, ricco di synth e suadenti melodie, rovinato ahimè (e qui sta il problema principale) dalla pessima voce di Michał. La lunga e strumentale title track ha un'apertura onirica che poggia su melodie astrali di stampo shoegaze/post-rock che inevitabilmente inducono ad un abbandono totale, in una song che piano piano inizia a decollare su riff più elettrici in tremolo picking che ne esaltano l'aura melanconica. Si torna su una song di più breve durata, "A Question", in cui a presentarsi dietro al microfono, c'è questa volta la voce di una gentil donzella (non proprio all'altezza a dire il vero) la cui psicotica performance segue la schizoide frenesia musicale di un brano che poteva uscire solo dalla mente di Bjork. I nostri provano a rifarsi con la successiva "Down the Steps", anche se alla fine risulterà troppo statica, fatto salvo per l'ultimo minuto che sembra completamente prendere le distanze dalla prima parte del pezzo. Difficile comunque calarsi all'interno delle sonorità alquanto difformi di questo disco: "Sleep" ci riprova con la voce femminile, ma la scelta di utilizzare Gosia alla voce (lei è la bassista) non è troppo azzeccata. Lo stesso dicasi per "Hours Pass" dove Gosia prova ad emulare Dolores O'Riordan, con risultati alquanto distanti dall'originale. "Equal to None" sembra voler chiamare in causa Neil Young, mentre la lunghissima "Solaris" (quasi 17 minuti) si nasconde in forse troppo prolisse melodie post rock, peraltro cantate in lingua madre, aumentando quel senso di frustrazione nell'ascoltare la musica di questi Newspaperflyhunting. Insomma, 'Wasteland' è un album con più ombre che luci, che forse potrà ingolosire i fan della band, e pochi altri amanti di sonorità prog anni '70 che sapranno andare oltre alla fastidiosa performance vocale dei due cantanti. Io francamente, non ne sono stato in grado. (Francesco Scarci)