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sabato 6 giugno 2015

Tuliterä - Tulikaste

#PER CHI AMA: Progressive/Space Rock, Ozric Tentacles
Una spada nel bel mezzo della galassia mi ha fatto presagire al solito progetto viking power. Fortunatamente ho preso un bel granchio. I Tuliterä infatti sono una realtà non cosi facile da delineare musicalmente. Prendete "Percolator", la opening track come esempio lapalissiano: la traccia apre con suoni ambient che lentamente cedono a digressioni space rock in un pezzo in cui i bassi fanno vibrare letteralmente i muri della mia casa. Suoni suadenti, delicati per carità, ma capisco che qualcosa prima o poi deflagrerà nel mio impianto hi-fi. Non tarda infatti di molto quello squarcio nello spazio interstellare ad opera di una robustissima ritmica di matrice djent. "Alpha Blade" si scatena con una dinamica cavalcata nello spazio profondo con le chitarre, dal piglio progressive, a roteare vorticosamente, intrecciandosi con gli onnipresenti synth. La natura strumentale del lavoro non si avverte in alcun modo, complici le innumerevoli trovate effettistiche che sostituiscono la presenza di un vocalist. Con "Jagat", si spinge ancor più a fondo la manetta del gas: immaginate quei film in cui le astronavi, alla velocità della luce, viaggiano all'interno di quei tunnel multicolore. "Jagat" è questo, velocità supersoniche e ipertecniche, che dimostrano l'eccelsa qualità tecnica del quartetto di Helsinki. Superata la Cintura di Orione, si arriva al placido porto di "Firedew", ove tutto appare più tranquillo ma dove in realtà Vesa e Hannu, le due asce, si inseguono con melodiche linee di chitarra, accompagnate dal basso pulsante di Tommi Nissinen e dal drumming preciso di Tommi Tolonen. È il verso di una balena quello che si sente nell'incipit di "Cetus", song che offre un reiterata ritmica di fondo su cui ben presto una delle due chitarre prenderà il sopravvento, guidandoci nella breve residua durata del brano. "Voidborn" ha un intro ambientale, un mutante psichedelico, sulla stregua dei Pink Floyd più recenti, che vede comunque sempre in prima linea l'armonico suono delle 6-corde e soprattutto i synth che vengono doppiati addirittura dall'inebriante melodia di un sitar e di un tambura, a cura di Jaire, guest in questa lunga song. "Star Rodeo", non fosse altro per i synth space rock, potrebbe stare tranquillamente su un qualche album speed metal: un saliscendi ubriacante di chitarre spinte a velocità 3C, che superano la Teoria della Relatività di Einstein. "All-Seeing Delirium" nei suoi 14 minuti ci da modo di conoscere un nuovo mondo extraterreste, fatto di soffuse luci e stravaganti colori che probabilmente sulla Terra non esistono; i suoni sono liquidi e inquietanti, anche se da un certo punto in poi della traccia, saranno solo in grado di trasmettermi tranquillità. Non so se sia un buco nero o altro, quello che si materializza nella conclusiva "Menticide": i suoni e la luce vengono infatti risucchiati all'interno di un ipnotico e oscuro centro magnetico che alla fine lascerà soltanto il buio cosmico. È forse questa la musica del lontano pianeta K-PAX? A voi il compito di scoprirlo... (Francesco Scarci)