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giovedì 9 maggio 2013

Sleepmakeswaves - …And Then They Remixed Everything

#PER CHI AMA: Electro-ambient, 65DaysOfStatic, Nine Inch Nails di "Ghosts"
Immaginate di prendere un capolavoro del post-rock strumentale (con i soliti ingredienti: parti veloci e parti lente, una spruzzata di linea melodica, l'assenza della voce, le atmosfere dilatate) e metterlo nelle mani di nove artisti dell'elettronica internazionale. È quello che succede con "…And Then They Remixed Everything", versione elettronica di "…And So We Destroyed Everything", primo full lenght del quartetto australiano Sleepmakeswaves. Se l'album originale era stato osannato dalla critica e premiato da tour internazionali di spalla a grandi nomi del genere, questo remix non poteva che essere altrettanto interessante. Mettiamola così: se vi è piaciuta la colonna sonora di "The Social Network" (scritta e suonata dai due geni Trent Reznor e da Atticus Ross, che peraltro hanno anche vinto un Oscar nel 2011), questo "…And Then They Remixed Everything" ne è di fatto una naturale continuazione. Le sorprese, quando le teste dietro ad un disco sono addirittura nove (dieci, se vogliamo considerare il contributo iniziale degli Sleepmakeswaves), non mancano. Spiccano senz'altro "In Limbs & Joints" (non a caso remixato addirittura da Rosetta), per le atmosfere da spazio siderale di synth e tastiere e la opening track "Our Times is Short" dei grandissimi 65DaysOfStatic, brano che non sfigurerebbe nemmeno in uno dei "Ghosts" dei Nine Inch Nails. Non manca l'elettro-funky – che ricorda certi Beastie Boys dei tempi andati – nelle percussioni e organi di "Voices In The Forest" di Klue. C'è l'elettronica liquida da club nel remix di Kyson di "We Like You When You Are Ankward", ci sono i suoni 8-bit da videogioco coin-op in "Hello Chip Mountain" (mixato da un altro grande dell'ambiente: Ten Thousand Free Men & Their Families vs. SMV). Ci sono i 18 minuti abbondanti dello straordinario finale onirico di "After They Destroyed Everything" nel remix di AM Frequencies, che chiudono l'album lasciando l'ascoltatore in uno stato di grazia interrotto solo da due inserti minimal di batterie elettroniche. Un gran bel disco: eccellente se ascoltato come contraltare elettronico dell'originale "…And So We Destroyed Everything", ma validissimo anche come opera a sé stante, per la ricchezza di suoni, spunti, idee, atmosfere e ambienti. (Stefano Torregrossa)