#PER CHI AMA: Crossover, Korn, Faith No More, System of a Down |
Nonostante il roboante lancio della loro cartella stampa (”i Faith no More che vanno a fare una passeggiata nella giungla con Beastie Boys e John Zorn e tornano sconvolti...”) lasci presagire qualcosa di diverso – e forse un tantino piú originale – i binari su cui si muove il trio toscano in questo esordio, sembrerebbe essere piuttosto il buon vecchio crossover anni '90 a stelle e strisce: brani brevi e perlopiú schizofrenici, schegge impazzite che riprendono il discorso portato avanti anni fa da Korn e System of a Down, senza inventare nulla di nuovo ma non senza una buona personalità, tanta energia e in definitiva una notevole credibilità. I Mosca nella Palude sembra si prendano poco sul serio, per via di un’ironia di fondo che ben si esemplifica nei titoli dei brani ("Madafuga", "Fac Alabama", "Beastie Toys", tra gli altri) e in un’attitudine giocosa che, ad un ascolto distratto, potrebbe portare a bollarli come niente piú che dei simpatici cazzoni. Cosa che sarebbe molto sbagliata, dato che i tre ci sanno indubbiamente fare. L’opener "Madafuga" è la piú pattoniana della scaletta, con quel chorus che sembra venire direttamente da 'King for a Day'. "Rex Idiotorum" introduce percussioni tribali che caratterizzeranno un po’ tutto l’album e contrappone ad una prima parte tutta convulsioni, una seconda potente e melodica. Se qualche episodio forse non è ancora perfettamente a fuoco, prediligendo l’effetto sorpresa a tutti i costi a discapito della costruzione del brano ("Revolution"), altrove i tre dimostrano di avere molte cose da dire, come nel tribalismo schizoide di "Aaayeee" o nelle sorprendenti chitarre sguaiate di "Afghan", oppure ancora nella splendida, conclusiva, "Smith Wesson", riminescente di certe atmosfere a la System of a Down. A spezzare la tensione epilettica dell’album ci pensano un paio di brani acustici molto interessanti, come il paludoso blues "Fac Alabama" o l’inafferrabile "Marzo" che disegna paesaggi e melodie cari ai Porno for Pyros di Perry Farrell. Rimane da dire della voce versatile e camaleontica di Giovanni Belcari, mente del progetto, il cui timbro ricorda in piú di un passaggio quello di Billy Corgan. Lavoro in definitiva interessante, estremamente energico e ricco di entusiasmo. Attesi alla prova dal vivo e a nuovi sviluppi futuri. (Mauro Catena)
(Santa Valvola Records - 2013)
Voto: 70