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venerdì 9 maggio 2014

Woman is the Earth - Depths

#PER CHI AMA: Post Black, Deafheaven
Che sia il fenomeno musicale del momento è sotto gli occhi di tutti; il post-black, che va ormai a braccetto con il cascadian sound, ha raggiunto grandi vette di popolarità grazie ad act quali Deafheaven, Wolves in the Throne Room, Altar of Plagues e recentemente ai, da poco recensiti, The Great Old Ones. Calcando l'onda del successo del genere, ritornano i Woman is the Earth, che già avevamo potuto apprezzare in occasione del loro secondo lavoro, 'This Place that Contains my Spirit', pochi mesi fa. Il come back discografico è affidato ad un nuovo ma breve lp di tre pezzi, 'Depths', che esce per la Init Records e che mette in luce una progressione musicale assai interessante per il combo del South Dakota. Il trittico di song si apre con "Crown & Bone/Dreamer", lungo e malinconico brano di oltre 10 minuti, in cui il trio di Rapid City, torna a graffiare con un muro sonoro lo-fi, in cui a battagliare sono furibonde epiche cavalcate con apocalittiche atmosfere, corredate da mortifere screaming vocals e qualche raro momento acustico. Attenzione però che qualcosa si muove a livello musicale, con una vena progressiva che sembra materializzarsi timidamente a livello solistico. Lo preannunciavo nella precedente recensione che ne avremo sentite delle belle, se solo le idee fossero incanalate in modo migliore e i nostri sembrano essere in effetti sulla strada giusta. Soprattutto quando è la strumentale "Lifted" a materializzarsi nelle mie orecchie, che offre una sezione ritmica, affidata alle sei corde di Andy e Jarrod, alquanto imprevedibile: caldi intrecci di chitarre deliziano infatti i miei timpani in una song elegante e dal piglio post-rock. Una lunga apertura corale ci introduce a "Child of Sky" che poi ci prende per mano con il suo riffing furioso intriso di disperazione, accompagnato dall'incessante martellare di Jon alle pelli e dalle viscerali vocals di Jarrod. Ahimè il cd termina qui, lasciandomi un po' con l'amaro in bocca, perchè sinceramente avrei gradito almeno un altro paio di song a soddisfare la mia sete infinita di suoni cascadiani. Buon passo in avanti per l'ensemble statunitense, ma solo mezzo punto in più rispetto al precedente lavoro, semplicemente per le poche song proposte. Attendo fiducioso per un imminente futuro. (Francesco Scarci)

(Init Records - 2014)
Voto: 70

lunedì 11 novembre 2013

Woman is the Earth - This Place that Contains my Spirit

#PER CHI AMA: Cascadian Black Metal, Wolves in the Throne Room
Che classe i Woman is the Earth, non tanto per la loro ferale proposta, ma semplicemente per il gesto di aver incluso al cd che mi hanno inviato, un messaggio semplice e amichevole, in una busta elegante, chiusa con tanto di cera lacca. Sono rimasto impressionato, mi sono sentito in un qualche modo importante per questi ragazzi. Ed ora sono qui, a parlarvi di Jon, Andy e Jarrod, tre giovani del South Dakota, che mi violentano con il loro cascadian black marcescente che esordisce proprio con la sua lunga title track. Il suono decisamente low-fi si configura con stridule chitarre ronzanti accompagnate dal ridondante suono dei blast beat che per quattro minuti mi tramortiscono in un feroce pestaggio a sangue. Poi un barlume di speranza con un tiepido break centrale; pochi secondi prima che ricominci il veloce massacro sonoro, in cui lo screaming, affiancato da vocalizzi corali lontani, si staglia sul caotico fiume in piena che i nostri ci offrono come gentile antipasto. Non mancano certo momenti pseudo atmosferici, ma siamo un po' lontani dagli ultimi lavori dei mostri sacri; c'è ancora ampio spazio per affinare la tecnica. Un epilogo ambient mi da qualche secondo per rifiatare, prima di essere investito brutalmente dalla nuova colata lavica di “Bird Song”, black metal torrenziale da anomali epici contorni (mi sembra quasi di percepire un feeling vicino ai Bathory nel suo break centrale). Questo strano influsso, oltre a giocare a loro favore, prende le distanze dalle consuete influenze del genere, anche se devo ammettere che i più seminali Wolves in the Throne Room hanno avuto il loro peso nella crescita dei nostri. “Sage Moon” è permeata invece da un'aurea notturna, dalla forte vena malinconica; peccato solo che il terzetto statunitense abbia qualche difficoltà nel dominare l'irruenza dei propri strumenti e rischi talvolta di dissipare le proprie energie in fragorose cavalcate black con acuminati riff di chitarra e un ingovernabile caos sonoro creato da un drumming indiavolato. I 16 minuti di “Glow Beyond the Ridgeline” mostrano qualche miglioramento in chiave compositiva, ma gli ingredienti si confermano quelli delle tracce precedenti: malinconici riff lancinanti, caustiche vocals, suggestioni ambient, drumming al limite del noise che penalizza ahimè enormemente il risultato finale. Sono convinto che con una produzione più cristallina, strumenti come l'ocarina, la chitarra classica o la mitica Roland Juno-60 non ne uscirebbero cosi penalizzate e davvero rischieremo di sentirne delle belle. Le idee pertanto ci sono, basta incanalarle solo nel giusto modo. (Francesco Scarci)

(Self – 2012)
Voto: 65

http://womanistheearth.com/