#PER CHI AMA: Post Black, Wolves in the Throne Room |
Sebbene 'Via' sia nelle mie mani da soli pochi giorni, ci tenevo a recensirlo con una certa celerità. Il disco della one man band genovese include nove tracce, di cui sei appartenenti a due vecchi demo (di cui uno addirittura del 2003 e il più recente del 2013) e tre nuovi pezzi. Si apre ovviamente con la più recente produzione: "Cenere", "Piombo" e la title track che, nere come la pece, si abbattono sulle nostre teste con sonorità distorte, allucinate ma di sicuro fascino, poggiando su ritmiche forsennate di scuola post black cascadiana, che chiamano in causa i maestri del genere, su tutti i Wolves in the Throne Room. Il mastermind ligure picchia di gusto, ma è probabilmente nelle parti più rallentate e controverse che dà il meglio di sé. "Piombo" è una song di sicuro impatto, che scomoda ben più facili paragoni con la tempesta cervellotica dei Deathspell Omega o con le atmosfere più ipnotiche dei Blut Aus Nord. Non male a tal proposito un break stralunato che impera a metà brano, e che ha il merito di generare una certa sensazione di soffocamento, per poi lasciar modo ad un sound più arrembante, di incalzarci fino al termine della seconda traccia con fare angosciante. "Via", la title track, prosegue su quest'onda anomala di suoni belligeranti, fatti di vocals arcigne e ritmiche infauste, che ci conducono fino alle tre successive tracce, incluse originariamente nel Demo 2013. La differenza sostanziale che colgo con l'ultima produzione dell'artista ligure è sicuramente relativa a brani più corti (con durate che sono circa la metà delle nuove track), ove inalterate rimangono comunque le pulsioni nevrotiche del musicista italico che in "Lamina" dà addirittura maggior spazio alla componente atmosferica, anche se in questo caso non ho apprezzato invece il suono troppo innaturale della drum machine. "Circle" ha un incipit più tranquillo, prima di concedersi alle consuete mitragliate inferte dal suono infernale di ultra blast beat; qui segnalerei il mood malinconico delle chitarre che viene riproposto anche nella successiva demoniaca "End". Sembra un viaggio all'Inferno quello che in cui ci accompagna il buon Giorgio Barroccu, in una song spiritata che trae linfa vitale dalla produzione dei primi Aborym ma anche da qualcosina dei Cradle of Filth, soprattutto nel modo di cantare del frontman. Nel frattempo ci si avvia verso la musica più datata della band e le differenze si fanno più sostanziali, forse perché nel 2003 il concetto di post black non era ancora stato completamente sviscerato. A parte un sound più ovattato ed una registrazione decisamente più casalinga, nel flusso sonico primordiale dei Derhead compaiono influenze più death oriented che nelle ultime tracce erano rimaste parzialmente celate. Non mancano comunque le sfuriate sinistre, complici probabilmente l'utilizzo di keys che sembrano evocare lo spirito dei Nocturnus di 'Thresholds', in una matrice sempre oscura ed insana, che trova modo in "II" di svelare anche un lato barocco del bravo Giorgio, che già nel 2003, poteva vantare di proporre musica estrema d'avanguardia. (Francesco Scarci)
(Via Nocturna - 2016)
Voto: 70
https://derhead.bandcamp.com/album/via
Voto: 70
https://derhead.bandcamp.com/album/via