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mercoledì 6 luglio 2016

The Drowning - Senescent Signs

#PER CHI AMA: Death/Doom, primi Anathema, My Dying Bride
Cardiff non è solo la capitale di quel Galles che tanto bene sta facendo in questo incredibile Euro 2016, ma anche la città che ha dato i natali ai The Drowning. Con un moniker del genere poi (la parola sta per annegamento) e una cover cd in bianco e nero, che genere mai potevamo aspettarci? Death doom ovviamente e arrivando i nostri dal Regno Unito, quali vi aspettate possano essere le loro influenze? Io direi primi My Dying Bride, Paradise Lost e Anathema, ho forse vinto qualche cosa? Se anche voi, tramite deduzioni logiche in stile Sherlock Holmes e il fido Watson, siete giunti a queste conclusioni, beh allora potrete proseguire nella lettura della recensione e sapere che 'Senescent Signs' è addirittura il quarto disco per il quintetto gallese, uscito a inizio giugno di quest'anno per la Casket Music. I brani inclusi in questo lunghissimo cd (66 minuti) sono otto più una breve intro, che nel loro pattern musicale ripercorrono quei sentieri tracciati in passato dal trittico di band menzionato poco sopra, tra le realtà musicali più famose della terra d'Albione. Aspettatevi pertanto oscure atmosfere e riffoni pesanti ("Broken Before the Throne"), talvolta anche veloci ("Betrayed by God"), corredati da vocals prettamente growl (anche se qualche urletto in scream ci scappa al nuovo vocalist Matt Small), ma ciò che non vi deluderà saranno piuttosto quelle aperture di desolata malinconia che corredano un po' tutte le song, squarci di raffinata melodia che rievocano lo spirito straziato e decadente di 'The Silent Enigma', 'Shades of Gods' o 'As the Flower Withers', veri capisaldi di un genere per me immortale. Se i The Drowning fossero usciti vent'anni orsono, probabilmente potrebbero sedere accanto o poco sotto i mostri sacri, autori di quei tre immensi album. Invece, uscire nel 2016 con 'Senescent Signs', potrebbe risultare ai più obsoleto, sebbene il disco riesca a mettere in fila dei pezzi interessanti: gli undici minuti di "Never Rest" sono riusciti a richiamare nella mia memoria le ariose orchestrazioni di 'Clouds' dei Tiamat, con le sue parti atmosferiche davvero niente male e gli arpeggi che popolano questo brano che si muovono tra death, doom e dark, e dove i gorgheggi di Matt, sfiorano un'inattesa delicatezza. Non mancano poi parti più dritte e death old school oriented ("Dawn of Sorrow", che si lascia ricordare almeno per un'ottima parte solistica), che francamente mi fanno un po' storcere il naso, così come pezzi un po' più carichi di groove ("At One With the Dead") che scomodano un altro ensemble inglese, i The Blood Divine. I toni si fanno ancora più cupi nella tormentata e lenta "House of the Tragic Poet", in cui compaiono anche lontane voci angeliche, che ritorneranno anche nel corso della conclusiva "The Lament of Faustus". 'Senescent Signs' è in ultima analisi un discreto album di death doom malinconico che certamente accontenterà i nostalgici fan di quelle sonorità di metà anni '90. Se potessi dare un personale suggerimento alla band, ridurrei le parti più death oriented del disco, andando ad esplorare piuttosto territori molto più vicini ai Tiamat del già citato 'Clouds' o ancor meglio dello splendido ma sottovalutato 'Wildhoney'. Osare per credere. (Francesco Scarci)