#PER CHI AMA: Death/Thrash/Alternative, Meshuggah, Tool |
Sbang!! Una sonora botta in pieno viso: ecco le prime parole che mi vengono in mente parlando di questo full lenght, prodotto dagli Israeliani Mechanigod. Forte di una produzione davvero impeccabile, frutto del lavoro di Daniel Strosberg ai KEOSS studios di Tel Aviv e di un mastering in pieno stile scandinavo di Jens Bogren in quel di Orebro, Svezia, 'Realms' si presenta in tutto il suo splendore. Davvero difficile far di meglio, per una band semisconosciuta; sicuramente d'impatto le note qui prodotte vanno, senza dubbio, sparate al maggior volume possibile. Sfido qualsiasi combo, anche ben più blasonato, ad aprire le danze con la magnificenza di “I Shall Remain” indiscussa perla del lotto proposto. Dopo un brevissimo intro, la sopracitata ci scarica addosso una tale quantità di potenza da restarne storditi e piacevolmente sorpresi; cosi come è successo al sottoscritto. Si continua con la maestosità di “The Serpent's Greed”, a tratti quasi progressive, in altri punti degna dei migliori Machine Head, anche se l'ombra dei Meshuggah resta sempre in agguato per tutti i 53 minuti del lavoro. Rimango senza parole. Sbalordito. Stiamo sfiorando vette che potrebbero far parte di un album capolavoro; l'intro di “SilverHaze” mi ha subito rimandato ai Tool di 'Lateralus', quando scopro uno strumentale che mi riporta in pieno ai Metallica di 'Master Of Puppets' del mai troppo lodato Cliff Burton (ascoltare le linee di basso per credere...). Come avrete capito, la varietà compositiva è una qualità che ai Mechanigod non manca di certo, così come l'abilità tecnica; col passare dei pezzi ci si rende infatti conto della qualità “totale” di questa fatica, con chitarre che poche volte hanno reso così bene l'idea di ciò che vuol dire suonare metal “moderno”. Qui dentro c'è quello che io intendo "suonare metal nel 2014", con una certa dose di paraculaggine verso il passato ma con i piedi ben piantati al giorno d'oggi; ma alla fine non si può creare un disco come 'Realms' senza essere molto, ma molto bravi. Un disco che, dopo un paio di ascolti, è già talmente entrato nel cuore di chi lo ascolta da non poterne fare a meno per diverse settimane (l'ho ascoltato ovunque...), non può che meritare la palma di miglior release da mesi a questa parte; non voglio dimenticare di citare altri pezzi assolutamente sugli scudi, quali “Mirror's Aspect” e la finale “Silent State of Mind” che sembra ancor di più omaggiare quei gran bravi ragazzi dei Tool, degno finale per un disco di questo livello. Caldamente consigliato a chi sta cercando dal metal qualcosa che non sia per forza rumore incomprensibile, a chi cerca quei gran bei chitarroni grassi, o a chi cerca riff che non siano un'inutile alternanza di plettrate su due corde, sempre quelle. Anche per chi cerca nel metal, un po' di poesia. Un disco che merita un voto altissimo; un disco che merita rispetto e un occhio di riguardo da chi ama questo “nostro”, stupendo, genere musicale. Da avere. (Claudio Catena)
(Self - 2013)
Voto: 90