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domenica 4 maggio 2014

Orthodox - Conoce Los Caminos

#PER CHI AMA: Doom, Avanguardia, Noise, Free form
In attesa di un loro nuovo lavoro – l’ultimo 'Baal' è del 2011 - è tempo di bilanci per il fenomenale trio di Siviglia: 'Conoce Los Caminos' è un doppio album che racchiude rarità, inediti e b-sides risalenti al periodo 2005 – 2010, e può rappresentare tanto un succulento boccone per i fan quanto un compendio ideale per chi si volesse approcciare alla multiforme proposta di quello che probabilmente è quanto di meglio possa offrire, in ambito estremo ma non solo, la penisola iberica. La scaletta si dispiega per piú di due ore alternando sapientemente umori ed atmosfere, fino a fornire una fotografia piuttosto fedele di quello che sono gli Orthodox, da sempre capaci di fondere in maniera sorprendentemente organica, e sempre credibile, suggestioni sabbathiane, tematiche bibliche, ugge dark-folk, il free jazz piú estremo e i Pink Floyd piú disturbati e psych. Ecco quindi che trovano posto versioni primordiali e imperdibili di brani quali “Geryon’s Throne” e “Il Lamento del Cabrón” – presenti nell’esordio 'Gran Poder' che, nel 2005, ricevette l’investitura nientemeno che dell’Arcidruido, Mr. Julian Cope, travolto dagli opprimenti riff doom, le coltri ambient noise e le voci da pelle d’oca di queste lunghissime composizioni – ma anche una prima bozza di quel pezzo di musica aliena che rimane “Ascension” (dal terzo album 'Sentencia' del 2009), tra John Cage, Art Ensemble of Chicago e il Tim Buckley di 'Lorca'. Ci sono poi altre testimonianze dell’evoluzione sonora dei tre, sempre impegnati a confondere le acque e innervare la loro musica di nuove influenze e suggestioni, dallo space rock gotico “Matse Avatar”, alla spettrale, scurissima litania psych-folk “Heritage”, fino alle devastanti sarabande free rumoriste “Different Envelopes” e “Japan Rush”. Rimane poi da dire dell’omaggio, sotto forma di cover, che gli andalusi rendono a due dei loro maestri; ecco quindi “Genocide” dei Venom, grezza e lercia come si conviene, e una “Black Sabbath” che suona crudele e inquietante almeno tanto quanto l’inavvicinabile originale. In definitiva un lavoro davvero ben fatto, che centra perfettamente l’obiettivo di dare una rappresentazione globale seppur, per forza di cose, frammentaria, di una band che è stata in grado di evolversi continuamente fino a diventare praticamente inafferrabile. (Mauro Catena)

(Alone Records - 2013)
Voto: 75