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sabato 15 gennaio 2011

Nauthisuruz - Visions


Ed eccomi a riprendere in mano il capitolo Nauthisuruz, questo duo russo sperimentale e fantasioso: mi accingo a dedicare il mio udito a “Visions”, dopo aver ascoltato da poco il capitolo “State of Mind”. Si inizia con la pacata intro “Voice from the Dephts”: gli archi lasciano spazio al piano, contornato da una delicata chitarra elettrica, che aiuta a dare un senso di pace e di preparazione mentalmente ad un lungo viaggio, nei meandri della mente libera dai pensieri. “Invisible is Obvious” è un inno al silenzio e alla mente lontana dalle sensazioni negative: è caratterizzata dalla voce roca e profonda, con la chitarra elettrica che, veloce e sbrigativa, aumenta un senso di inquietudine, con l’aggiunta di qualche inserto elettronico che contribuisce a rendere il tutto più industrial che black metal. “Apathy”, altro brano orche-strumentale, si avvale molto dell’aiuto della drum machine nella prima parte, mentre nella seconda l’aria si fa più pesante e il pianoforte contribuisce a dare man forte. “Life in Magic”, vero tripudio di suoni contorti, riprende l’argomento silenzio e il rumore che esso fa, il tutto sottolineato da una voce roca e disperata, il tutto tremendamente permeato da un’aurea malinconica. “Dreaming”, seguendo la scaletta del brano cantato seguito dal brano strumentale, presenta suoni elettronici, con la drum machine ridotta al minimo accompagnata da soavi note di flauto, che portano la mente a ancora più lontano. Si incontra poi “Ode for a Man”, in cui il tema di fondo è la vita terrena perduta, e la strada per diventare divinità: mentre il corpo si disintegra, l’unica cosa che rimane è la coscienza. Tutto questo è caratterizzato da un’aria solenne, grandiosa, elettronica, dove le chitarre sono magnificamente accoppiate a suoni elettronici, e fanno da sfondo per vocals forti e cattive. “Lost Feelings” riprende le atmosfere di “Apathy”, creando un ambiente freddo e insensibile, ma molto profondo. “My Apocalypse” apre con un’intro prettamente orchestrale, che ha il ruolo di aumentarne la tensione: tutto il brano lascia trasparire angoscianti sensazioni di malinconia e rassegnazione: l’utilizzo di toccanti note di pianoforte enfatizza molto queste sensazioni, grazie anche al tono di voce profondo. Con l’outro “With no Thoughts”, la spirale di tristezza fortunatamente termina, lasciando la mente in balìa dei pensieri ma con un piccolo spiraglio di luce, che infonde più fiducia e quiete, rasserenando l’animo. “Internal Fight”, la prima delle due bonus track, riprende lo stile della seconda traccia, con un ritmo veloce ed accattivante, e con un solo di chitarra, delizia per le mie orecchie. Con “Innominatus” si arriva alla fine di questo viaggio: l’atmosfera si fa più orchestrale, differenziandosi totalmente dalla precedente song, grazie anche al parlato e al ritmo serrato, veloce, oserei dire geniale. Come perla, vi è anche un coro di voci femminili. Per concludere, quest’opera si rivela più varia rispetto a “State of Mind”: moderatamente “heavy”, come annunciato anche sul loro sito ufficiale, “Visions” ha bisogno di un ascolto attento, non troppo impegnativo e soprattutto ne consiglio l’ascolto ad occhi chiusi, comodi, dove più aggrada, in modo tale da assaporare ogni singola venatura e particolarità. Magico! (Samantha Pigozzo)

(Haarbn Prod.)
Voto: 85

domenica 3 ottobre 2010

Nauthisuruz - State of Mind


Correva l'anno 2008, Mosca. Un duo, formato da Casuru e Sequoror, sfornava un album totalmente sperimentale: 8 tracce una diversa dall'altra, che presentano delle atmosfere che passano dall'incubo, all'elettronica più pura (che rimanda anche a sonorità fine anni ‘80) e alle atmosfere funebri. Iniziando l'ascolto dell'album, troviamo “Cosmos”: il nome di suo la dice tutta, infatti le atmosfere ivi contenute sarebbero più che perfette per un viaggio nello spazio: chitarra e tastiere sono al loro apice, mentre la mente vaga tra i gruppi di costellazioni e di ammassi globulari; difficile tenere la mente concentrata, visto che la musica ti entra nei meandri della mente e accompagna i pensieri ben oltre la realtà. Arriva poi il turno di “Whisper of a Soul”, più adatta ad una processione funebre, con la voce sussurrata e appena percettibile, mentre la tastiera e la chitarra sembrano avere vita propria: non vi è traccia di malinconia o tristezza, ma più un senso di ipnosi che ti svuota la mente, quasi eliminando ogni pensiero e disperdendo lo sguardo. “Lust”, invece, è più rancorosa e cattiva: caratterizzata da cori tipicamente eighties (probabilmente anche Casuru si è prestato alla voce, assieme a Sequoror), la song sciorina riff solisti e una batteria abbastanza tranquilla. Il cantato in puro growl alternato allo screaming, espelle tutta la frustrazione e la rabbia: da metà in poi anche la tastiera fa il suo solenne ingresso, presentando anche una parte di cantato “pulito”. “Dream, Mesmerize and Think” è a dir poco psichedelica. Con questo termine intendo che sembra non seguire affatto un filo logico, in quanto la chitarra va per la sua strada, la voce è grave e flemmatica e la mente ritorna a vagare sperduta, senza nemmeno rendersi conto del tempo che passa: è in questo modo che mi accorgo di stare già ascoltando la quinta traccia, “My New Way”, la traccia più industrial del lotto (e anche la mia preferita) con una chitarra distorta che mi fa destare ed illuminare: persino la tastiera fa la parte della chitarra (la cosiddetta nota modulata), il che porta questa traccia ad entusiasmarmi, piacevolmente sorpresa. Ascoltando il resto della traccia in religioso silenzio, seguendo attentamente i cambi di ritmo e di strumenti, arrivo a “Requiem to the Darkness”; qui il vento soffia forte e freddo, le atmosfere sono cupe, mentre una voce pare arrivare da molto lontano, portando con sé urla di paura e di dolore indistinguibili: sembra di essere in un film horror, più che in un album... ma, essendo totalmente sperimentale, è anche normale sentire questo lato “terrorifero”, demoniaco e infernale. Sarò visionaria, ma questo brano lo vedrei bene nel “Dracula” del 1931, con Bela Lugosi: magari si sono ispirati a lui nella stesura del brano, chissà. Pian piano si arriva alla fine dell'album: la prossima tappa la si trova in “Nostalgia (Disco in Hell 2008)”: come dice il titolo, lo stampo ricalca un po' la musica disco, ma senza mai abbandonare il filone di appartenenza metal sperimentale. Si ha così come risultato un “disco inferno” (non la canzone, ma proprio l'idea di una discoteca demoniaca), una cosa che le mie orecchie non avevano mai sentito prima, ma che sono una bella sorpresa. Chissà come sarà dal vivo, di sicuro smuoverà le masse. “Back to the Cold Reality”, chiude il platter: se l'inizio si mostra pacato, il resto del brano ce la mette tutta per riportare la mente alla realtà e per caricarci in modo da poter affrontare la dura vita. Elementi orchestrali si mescolano al growling e la calma si alterna alla furia, esattamente come le onde del mare. La nota nuova di questo brano è il violino, portatore di malinconia, che sembra quasi prepararci ad uscire dalla porta di casa. Ed è così che il viaggio nel lavoro dei russi Nauthisuruz arriva al capolinea, con la consapevolezza di essersi in qualche modo perduti e ritrovati. Concludo con una parola: spettacolare! (Samantha Pigozzo)

(Self)
Voto: 80