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mercoledì 14 luglio 2021

Mish - Entheogen

#PER CHI AMA: Post Metal/Djent
Tra le uscite discografiche della label australiana Bird's Robe Records, volte a celebrarne i 10 anni di attività, figura 'Entheogen', secondo album dei loro connazionali Mish, originariamente uscito nel 2017. I Mish li avevamo già conosciuti all'epoca del loro debut, 'The Entrance', nell'ormai lontanissimo 2011. In questo secondo lavoro i nostri si ripresentano con un sound sempre robusto, a cavallo tra djent, post metal, math e qualche digressione in territorio post rock. Si parte discretamente con la feroce opener "Artax", ma è in realtà con la successiva "Red Fortune", che i nostri riescono meglio a mettersi in mostra, sia a livello tecnico (li definivo chirurgici in occasione della precedente release e non posso far altro che confermarne il concetto) che a livello melodico e in termini di originalità. Se dovessi pensare ad un qualche confronto da fare con altre entità del panorama musicale, penserei ai Meshuggah che si mescolano con un che degli Isis e con i loro compagni di scuderia Dumbsaint, in una proposta ove a mettersi in luce è anche il graffiante growling del frontman. La breve "Lyre Bird" si presenta come espressione musicale di violenza inaudita, con linee di chitarra ipnotiche, a tratti ridondanti, ma sempre belle possenti. Da li in poi, in corrispondenza della title track, il sound del combo australiano sembra virare drasticamente verso lidi post rock, grazie ad un arpeggio aggraziato in apertura e delle atmosfere quasi eteree a richiamarmi gli *Shels. Il brano è il primo di una serie in cui la band sembra mostrarci l'altra faccia della loro medaglia e lo fa con melodie, atmosfere e vocalizzi (puliti) completamente differenti dalla prima parte del disco, quasi stessimo ascoltando un'altra realtà musicale. E alla fine sapete che non ho ancora ben capito se apprezzo maggiormente questo lato più sognante della band (che tornerà anche nelle successive "Socrates", strumentale caratterizzata da un piglio stile ultimi Isis, nella lugubre melodia di Lung" o nella litanica conclusione affidata a "Thylacine") o quello più abrasivo che ha ancora modo di palesarsi nell'acidissima "Pinata" e nella schizoide "Verterbrae" (in realtà quest'ultima un mix tra le due facce della medaglia Mish). In attesa di capirne qualcosa di più, vi lascio all'ascolto di questa stravagante creatura australiana, forse alla fine potreste darmi una mano a comprendere meglio quale dei mondi targato Mish risulterà essere il più intrigante. (Francesco Scarci)

(Bird's Robe Records - 2017/2021)
Voto: 74

https://birdsrobe.bandcamp.com/album/entheogen

sabato 1 settembre 2012

Mish - The Entrance

#PER CHI AMA: Alternative, Math, Post Rock, Tool
Di questa band non so assolutamente nulla, se non che proviene dall’Australia; pertanto la recensione si fa sfidante fin da subito, in quanto con nessuna informazione tra le mani, non posso far altro che trasmettervi in poche righe, quelle emozioni o descrivervi semplicemente quei suoni, che fuoriescono da questo “The Entrance”. Attacco arrembante con “Precocial”, che sembra un pezzo di math-core, con una ritmica serrata e affilata, che evolve lentamente in suoni più oscuri con delle vocals pulite in sottofondo. Al di là del sound massiccio, quasi in stile Meshuggah, è senza dubbio la tecnica chirurgica dei nostri a ben impressionare. Song dirette, orecchiabili e forse “Janitor” ne è l’esempio più azzeccato, con i nostri, dopo aver preso appunti a scuola dei Tool, ne ripropongono la loro personale versione, ed il risultato, ve l’assicuro, non è affatto male. A differenza dei maestri però, le canzoni qui sono sicuramente meno lunghe, non mostrano la complessità dei brani che si riscontra nelle release dei gods statunitensi, tuttavia sembrano seguire uno schema ben preciso, che si consolida a poco a poco dapprima nel cervello, per scendere poi più giù, fino ad imprimersi nell’anima. E cosi ecco scorrere splendide immagini, accompagnate da un’ottima musica che si muove all’interno dei confini di quello che possiamo semplicemente definire come musica alternative, per un risultato davvero sorprendente ed intrigante. Forse la voce di Rowland Hines non è ancora al meglio nella sua veste più squillante, tuttavia quanto confezionato dal nostro quartetto australiano, è sicuramente di pregevolissima fattura, anche con pezzi del tutto strumentali (“Resilience”), dove i nostri sembrano trovarsi maggiormente a proprio agio. Con “Fire Inside”, esploriamo la parte più intimistica dei Mish e mi rendo conto che forse dovrò aumentare di un altro mezzo punto la votazione degli aussie boys, in quanto ora è un certo post rock a penetrare nel tessuto musicale dei nostri e a rendere il risultato finale decisamente più introspettivo e ricco di significati. Ma “The Entrance” non cessa certo qui di stupire con le sue raffinate linee melodiche, l’originalità della proposta e la perizia tecnica dei propri strumentisti: “Altricial” sembra quasi un pezzo dei Primus, complice la presenza di un basso in prima linea; “Cosmo” è un lungo pezzo che abbina il post rock a suoni math-crossover-funky, per un risultato finale assai originale. Chiudono “Telepathic”, song tecnica e forse troppo ridondante nel suo giro di chitarra e la title track, una specie di outro del disco con una ritmica in stile Metallica e la presenza in sottofondo dei didjeridoo, lo strumento tipico degli aborigeni australiani, a decretare che i Mish sono un’altra eccitante realtà proveniente dal “nuovo continente”. Ottimi! (Francesco Scarci)

(The Birds’ Robe Records)
Voto: 85