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mercoledì 2 ottobre 2013

Les Yeux De La Tête - Mosca Violenta

#PER CHI AMA: Jazzcore, Noise, Free, John Zorn, Jesus Lizard, Zu
A lungo atteso e agognato dal sottoscritto, esce finalmente il nuovo album del trio francese, a tre anni di distanza dal precedente "Nerf", sempre licenziato dall’interessante label transalpina Head Records. A sgombrare il campo da ogni dubbio, dico subito che se non siamo dalle parti del capolavoro, ci manca pochissimo. La proposta è sempre quella fondata sul concetto di innestare, sulla classica formazione a tre del Jazz composta da sax, basso e batteria, potenza e “cattiveria” proprie del noise rock di gruppi quali Jesus Lizard o Shellac (in questo ricordano gli elvetici Lilium Sova, di cui abbiamo parlato qualche mese orsono). Il risultato è un folgorante jazzcore, sapientemente posto a metà strada su un’ipotetica scala che vede da una parte gli estremismi free dei The Thing di Mats Gustafsson e dall’altra gli assalti al limite del grind dei romani Zu. Les Yeux De La Tête, forti dell’intensa attività live degli ultimi anni, mettono in mostra un interplay ancora più rodato tra un basso, ora spigoloso e martellante, ora distorto e molto “heavy”, una ritmica roboante e mai banale e un sax capace di avvilupparsi in strette spire o spiegarsi in voli spericolati, nel corso di questi 40 minuti. "Mosca Violenta" è un titolo bellissimo, e rende magnificamente la forza schizoide e nervosa di queste 11 tracce, dove fruibilità e sperimentalismo sono sapientemente dosati in un alternarsi di brani accessibili, quasi “cantabili” e altri più ostici e insidiosi. Quello che colpisce maggiormente di questo disco è la potenza che i tre riescono a sprigionare senza avere in formazione nemmeno una chitarra, basta ascoltare il filotto che, dal brano di apertura “Fubar”, prosegue sospinta da una sezione ritmica fragorosa e inesorabile fino alla lenta “Sloomer”, minacciosa e tonante, il suono che annuncia l’incombere di un disastro imminente. “Oxytoxum” e “Les Rognons” ci portano invece dritti nel cuore pulsante e schizofrenico dell’album, dove il sax si abbandona a flussi di coscienza disturbati e disturbanti, fino a lambire il free alla John Zorn in “Soutane of Swing”. Lavoro estremamente maturo e perfettamente compiuto, che dopo la botta iniziale rivela sempre nuove chiavi di lettura ad ogni ascolto. Mai prolisso e magicamente bilanciato tra ragione e furore, Mosca Violenta entra prepotentemente nella top ten del 2013. Destinato a durare. (Mauro Catena)