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La band di oggi è un quartetto alternative rock/metal proveniente da Glasgow, che dopo un imprecisato tempo esce con l'album di debutto 'Dead History'. Infatti dal loro sito non si ricavano molte info riguardanti la storia della band, probabilmente è una formazione che si è formata da poco, ma non importa ai fini della recensione. Sta di fatto che i Those Made Broken (TMB) suonano dannatamente bene: dodici brani ben bilanciati e caratterizzati da una discreta qualità di registrazione. "Endgame" è l'opener di questo 'Dead History' ed inizia in grande stile con un bel riff di chitarra che poi verrà ripreso ciclicamente durante tutta la traccia. Song che è un perfetto mix di sonorità alternative rock/metal, velata di malinconia e sfumature dark messe in risalto da suoni cupi, arrangiamenti aggressivi e dal timbro vocale del cantante. I suoni sono tendenzialmente moderni, quindi fanno uno smodato uso di compressori e simili nella fase di post produzione della sezione ritmica, con le distorsioni dotate di quel taglio tipico del nu metal, anche se mai effettivamente esasperato e sempre vicino al rock, soprattutto come struttura compositiva. Il breve break centrale dà respiro al brano e ricorda i momenti più atmosferici dei Katatonia, per poi caricare ed esplodere nell'allungo finale. Tanta potenza gestita in modo bilanciato, una sorta di pugno nello stomaco che si trasforma in una carezza musicale. "All You See" è un brano più tirato: batteria e basso nervosi e incalzanti, come gli arrangiamenti di chitarra che conducono la linea ritmica sempre in perfetta sintonia. Il vocalist si conferma all'altezza, sia per tecnica che per timbrica, cercando di staccarsi dalla melodia per creare una propria linea melodica. Il brano può ricordare Tool e A Perfect Circle o i più recenti Soen però con un piglio personale che rende merito alla band scozzese. I riff vengono preferiti agli assoli super tecnici, giovando quindi al groove, con qualche piccola chicca in post-produzione per arricchire le linee di incisione. "Reach" cambia registro sin dall'intro che ci porta nelle lande americane a suon di southern metal, grondante di sudore per quei suoi cinque minuti abbondanti. I TMB uniscono due terre geograficamente lontane con arte, portando l'ascoltatore a muovere una qualsiasi delle estremità del corpo, questo a conferma della genuinità della traccia. Tanto groove, suoni massicci, cambi di tempo al punto giusto sono gli ingredienti essenziali per l'ottimo mix offerto dai nostri. Personalmente lo ritengo il brano migliore di 'Dead History', bravi ragazzi. Per il resto l'album è per lo più discreto, con buone idee che a volte vengono sviluppate in maniera ripetitiva; l'impressione che ho avuto è che i brani debbano durare almeno trecento secondi altrimenti il rischio è che non piacciano. Avrei puntato a produrre un cd con qualche traccia in meno (troppe 12), ma sviluppate meglio, proprio per non cadere nel circolo vizioso di dover faticare per arrivare alla fine di ogni brano. La band ha buone potenzialità che spero possano evolvere ulteriormente, soprattutto sfruttando la creatività che sembra essere celata sotto una patina dettata dagli standard di questo genere musicale. Meno quantità e più qualità. (Michele Montanari)
(Self - 2014)
Voto: 70