#PER CHI AMA: Post Metal/Sludge, Cult of Luna |
Raramente mi è capitato di imbattermi in una band e non trovare assolutamente alcuna informazione sul suo conto: i Divine Irae sono tra queste rarità. Il pugno di informazioni recuperate, mi dice che la formazione di oggi viene dalla Provenza e in questo cd di quattro pezzi, a tiratura limitata e con un digipack numerato a mano (solo 50 copie per pochi fortunati), i nostri propongono un sound epigono di Cult of Luna e Isis. Proprio su coordinate post metal/sludge, i nostri aprono le danze con la lunghissima “Disappear”, song che evidenzia immediatamente la voglia dell’act transalpino di mettersi in gioco, emulando i propri beniamini. Certo, siamo lontani anni luce dagli originali, comunque il combo sembra aver imparato la lezione, lanciandosi alla ricerca di suoni mai troppo veloci, mai troppo pesanti, ma che, alla stregua di un lentissimo mare di lava, scende minaccioso dal cono vulcanico. A vederlo, cosi scuro e lento, non sembra neppure essere cosi pericoloso, ma poi quando solo poco ti avvicini, capisci che le temperatura supera di gran lunga i 1000 gradi. Similmente anche la musica dei Divine Irae, sembra essere innocua ad un ascolto, per cosi dire, distaccato, ma appena dai modo ai nostri di avvicinarsi, capisci che le loro potenzialità sono quasi letali. E proprio come la lava, il sound di “Bible” si presenta viscoso, lento, permeato di pochi gas in grado di esplodere, di cui tuttavia non dovrete sottovalutarne la pericolosità. Lenti, magnetici, penetranti (soprattutto con la seconda “Derelixion”), la band di Aix En Provence, continua imperterrita a soffocarci con quei suoi suoni asfissianti, quelle vocals vetrioliche al limite dell’hardcore; fortunatamente il furore gallico, trova un break in un’apertura acustica, che mi concede giusto il lusso di rifiatare, un po’ come se un boa avesse mollato la presa con le sue mortali spire. Cosi è il sound dei Divine Irae, costrittore. Ecco, se poi magari il vocalist desse meno spazio alle sue urla disumane, si concedesse qualche silenzio in più o desse maggior fiato alle vocals più meditative, ecco forse si potrebbe meglio apprezzare la proposta di questo nuovo gruppo francese, che trova il modo anche di giocare con noi al pendolino magico, cercando di ipnotizzarci, con suoni ripetuti e ripetuti. La musica di questo lavoro non è di cosi facile immagazzinamento, il sound sembra ancora soffrire di una certa acerbezza, che sono certo col tempo saprà maturare. Questo lo si evince soprattutto dall’ascolto della più meditativa e forse più melodica “Icon”, che nei suoi due minuti iniziali, trova anche il modo di cullarci con il suo incedere pacato e tranquillo, prima di esplodere nel fragore elettrico delle sue chitarre fangose, su cui trovano posto anche delle clean vocals, che eleggono questa song la mia preferita dell’album. Ci siamo, ci siamo quasi. Sicuramente c’è da lavorare ancora a lungo per scrollarsi di dosso i fantasmi dei maestri, ma la strada intrapresa anche con l’ultima “Irae” conferma che i Dine Irae stanno percorrendo la giusta via. Il voto basso è di stimolo, non di bocciatura. (Francesco Scarci)
(Self)
Voto: 65
Voto: 65