#PER CHI AMA: Grunge/Hard Rock |
Dal cuore della Svizzera, i Manitu sfornano il loro, se non erro, terzo album, con un titolo che è un manifesto programmatico. 'Raw', ovvero grezzo, selvaggio, poco incline alla morbidezza. Dieci brani per circa 40 minuti di rock duro, dal respiro decisamente internazionale. Quello che spicca prima di ogni altra cosa è la voce e la personalità di Manna Lia, una ragazza che ci sa fare e sa come catturare l’attenzione e tenerla desta lungo tutta la durata del disco. In realtà la cantante non è esattamente alle prime armi, avendo alle spalle diverse esperienze anche oltreoceano. La sua innegabile energia, unita ud un timbro che ricorda ora Alanis Morrisette, ora una sorta di versione femminile di Eddie Vedder, sembra contagiare i suoi compagni di avventura (David Grillon alle chitarre, Lionel Ebi al basso, Fabio Duro alla batteria) che risultano convincenti nel loro declinare un rock fortemente influenzato dagli anni '90, a metà strada tra il nu-metal, il grunge piú metallico di Soundgarden e Alice in Chains, e il rock da stadio di Foo Fighters o Skunk Anansie (paragone plausibile non solo per il fatto di avere una cantante donna). I Manitu piacciono quando spingono sul pedale dell’acceleratore, come nella trascinante opening track “What you Realize”, o in “Blind” dove fa capolino anche un’interessante vena protopunk alla Stooges, e si dimostrano capaci anche di inaspettate aperture melodiche di grande respiro e potenziale come nel chorus di “The Edge”. Ma i momenti in cui si fanno preferire, quelli in cui riescono a sfoderare una personalità piú definita, sono quelli in cui i ritmi rallentano e la componente emotiva reclama piú spazio: “24/7”, “Another Lie” o i saliscendi della conclusiva “Mary”. Nulla di nuovo sotto il sole quindi, tuttavia 'Raw' è un lavoro sincero e appassionato, che potrà sicuramente guadagnare ulteriori punti nella sua riproposizione live. (Mauro Catena)
(Self - 2015)
Voto: 70