#PER CHI AMA: Swedish Death, Dark Tranquillity |
Che gran piacere incontrare nuovamente i Disease Illusion, dopo averne recensito positivamente nel 2008 l’EP che segnò il loro esordio sulle scene, averli additati ad essere una promettentissima new sensation del belpaese e ritrovarmeli ora tra le mani con questo nuovo “Backworld”; vuol dire che ci avevo visto giusto, quindi. Il quintetto di Bologna, segnato profondamente dal sound di Gothenburg, dopo quasi quattro anni arriva al tanto sospirato full lenght di debutto, un album che conferma quanto di buono fatto in passato dal combo emiliano, che abbandonati del tutto gli ammiccamenti al melo death dei Children of Bodom, fatica invece decisamente a scrollarsi di dosso quelli dello swedish death. Non che sia grave, però la sensazione che si ha fin dall’iniziale ascolto di “The Last Murder”, è quello di avere fra le mani il nuovo platter dei Dark Tranquillity. Nulla di allarmante direi, dal momento che la fattura del prodotto in questione è davvero buona: ritmiche al fulmicotone, malinconiche linee di chitarra, le vocals incazzate di Fabio, sempre a cavallo tra l’urlato e il growling. Figo, mi piace! Torno nuovamente a scuotere la testa al ritmo, in realtà mai troppo forsennato, dei nostri; “Eyes of Medusa” e “Predator” (già contenuta nel precedente EP) sono due altri begli esempi di come prendere in prestito le idee dei godz svedesi e reinterpretarle, mantenendo comunque intatto il feeling di matrice svedese. Si beh ecco, mettiamola cosi, se avessi inserito “Backworld” nel mio lettore, senza sapere si trattasse dei Disease Illusion, avrei scommesso una sostanziosa somma che la band potesse provenire dalla Svezia. Prendetelo pure come una critica, ancor meglio come un complimento, perché a me, che sono un fedele sostenitore del genere, la proposta del combo felsineo piace e non poco. Si, è chiaro che tra le mani non c’è nulla di originale, ma dove sta scritto che necessariamente si debba proporre un qualcosa di unico, se cosi fosse probabilmente le band in circolazione sarebbero cento anziché un milione, quindi avanti cosi, se le emozioni che i nostri sanno infondere sono quelle di una forte carica adrenalinica, malinconia per quelle chitarre che danzano nella terza “Predator”; ansia per l’incedere minaccioso di “From Ashes to Dust” (anch’essa contenuta nel primo EP); rabbia per le ritmiche tirate di “Denied”. Confermo ancora una volta la bontà in chiave esecutiva dei nostri, che vede sempre nelle due asce, Dario e Federico, degli abili strumentisti. Ultima menzione per un altro paio di brani che mi hanno entusiasmato: “One Last Breath”, che se avesse mostrato delle clean vocals avrei potuto immaginare come estratto di “Projector” e peraltro song da cui i nostri hanno estrapolato un video ed “Everything into Nothing”, per quel suo riffing nevrotico ed il suo struggente break centrale. Davvero un’altra bella prova dei Disease Illusion, che mi fanno ancora guardare fiducioso al futuro, sperando che prima o poi questi ragazzi ottengano tutta l’attenzione che meritano. Non mollate! (Francesco Scarci)
(Ultimhate Records)
Voto: 75
Voto: 75