#PER CHI AMA: Swedish Death, Dark Tranquillity, Arch Enemy |
Da oggi, il Lussemburgo non sarà più solo la nazione famosa per lo sviluppato settore bancario o siderurgico, ma anche la patria che ha dato i natali a questi melo-brutal deathsters che rispondono al nome di Heaven's Scum. Il quartetto di Differdange, formatosi nel 2011, esordisce a tre anni dalla sua fondazione, con questo 'It All Ends in Pain', album che in realtà di brutale ha forse solo la voce. "Never Wanted", la prima song dopo l'intro apripista, infatti si muove infatti su sonorità oserei dire Swedish, strizzando l'occhiolino a Dark Tranquillity o ad Arch Enemy, senza mai travalicare i confini del brutale. Diciamo che quello che penalizza al primo ascolto il debut album dei nostri (ma accadrà ahimè anche dopo svariati), è ascrivibile ad un cattivo bilanciamento in termini di equalizzazione del suono, con le growling vocals di Bigben Canyon, sempre troppo in primo piano a seppellire quasi del tutto il roboante incedere strumentale dei nostri, a tratti ovattato nella sua peccaminosa pulizia. Questo si rivela come una vera tragedia per l'esito finale, perché si fatica a gustare il riffing graffiante dell'act mittleuropeo, o qualche arpeggio dal vago sapore progressive. Tra le song, vi segnalerei "Love" per quel suo approccio più rock oriented. "Dr. Lecter's Passion" ha delle buone linee melodiche, peccato solo che a sconvolgerne ancora una volta il risultato conclusivo, ci sia il vocione di Bigben che, se ben modulato, a mio avviso potrebbe invece regalare ottimi risultati, soprattutto nella sua veste più sporca o urlata, proprio come accade in questa song, la migliore del lotto, e in "Enemy" la classica ballad heavy, in cui si può godere di una versione più intimista del vocalist del Granducato. Con le successive tracce i nostri tornano in pista, tenendo però il pedale dell'acceleratore schiacciato ma mai fino a fondo scala, muovendosi piuttosto su mid-tempo assai ritmati. Con "Blood Covered Dawn" è tempo di un'altra ballad prima della thrashettona "Inferno" (d'altro canto con quel titolo, che ci si poteva aspettare), che vanta un discreto arpeggio centrale. Un'altra ballad (ora si esagera però) è "I Don't Know", quattro minuti e mezzo che spezzano il ritmo un po' a singhiozzo che il disco è andato acquisendo e che verrà nuovamente spezzato dalla semi ballad "The Fallen Hero". Insomma, 'It All Ends in Pain' ha evidentemente più ombre che luci, tocca ora agli Heaven's Scum aggiustare qualcuna delle loro lampadine e darci un prodotto decisamente superiore. Mi raccomando, la prossima volta non si soprassiederà su questi errori che in un debut album hanno tutto il diritto di stare. (Francesco Scarci)
(Self - 2014)
Voto: 60