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martedì 9 settembre 2025

Mellom - The Empire of Gloom

#PER CHI AMA: Black/Death
In un panorama metal dove l'oscurità è spesso un'arma a doppio taglio, i teutonici Mellom irrompono con 'The Empire of Gloom', debut album uscito a inizio 2025, un disco che trasforma il black/death metal in un monolito di piombo fuso, pesante come un sudario di cenere che si deposita lenta ma inesorabile. Questo duo originario di Francoforte, costituito dai musicisti David Hübsch e Skadi, emerge dalle nebbie dell'underground come un'entità che non urla solo la propria rabbia, ma la sussurra attraverso corrosivi strati di black metal atmosferico. Radicati in una tradizione black metal dal piglio scandinavo, i Mellom non reinventano di certo la ruota, ma la ricoprono sicuramente di una ruggine stridente, con un lavoro che pesa sull'anima senza bisogno di artifici di alcuna sorta. La produzione, affidata a un approccio diretto e senza troppi fronzoli, sembra essere il vero collante di questo impero di tenebre, in cui gli arrangiamenti si mostrano minimalisti ma stratificati, con l'incedere sonoro che si muove tra serrate scorribande black ("Rules of the Universe" e a ruota, la successiva "The Last Dance") e frangenti più mid-tempo oriented (ascoltatevi "Burden", la title track o la più doomish "Feed the Machine", in cui ho sentito qualche eco dei Rotting Christ nella marzialità delle sue chitarre). Alla fine, quello che ne viene fuori è un disco sano e onesto che, come detto, non scopre certo l'acqua calda, ma trasforma il metal estremo in una terapia oscura e senza compromessi, con il caustico screaming di Skadi ad accompagnare un riffing glaciale, a tratti disturbante, con linee melodiche non troppo catchy, ma comunque presenti. Il disco è sicuramente ostico da ascoltare, complici le laceranti vocals della frontwoman, ma anche l'assenza di certi picchi melodici, a cui recentemente il black ha aperto. Ciò non toglie che per chi è un fan di certe sonorità "old fashion", 'The Empire of Gloom' potrebbe rappresentare un'alternativa ai vecchi classici. Prima di chiudere, vorrei citarvi un ultimo brano, "Beyond the Endless Waves", che con il suo melodico tremolo picking, e le sue clean vocals, potrebbe rivelarsi il pezzo più accessibile del lotto, sicuramente il mio preferito, emblema di un disco che presenta al mondo questi nuovi Mellom, che con qualche aggiustamento in futuro, potrebbero essere anche una paicevole sorpresa. (Francesco Scarci)

domenica 13 gennaio 2019

Burial Hordes - Θανατος αιωνιος (The Termination Thesis)

#PER CHI AMA: Death/Black, Portal, Deasthspell Omega
Da sempre ho una passione per il mistico sound ellenico, quell'ancestrale e malvagia forma di estremismo sonoro che con Necromantia, Varathron e Rotting Christ, diede vita ad una scena più unica che rara. Quando vedo pertanto release arrivare da quell'angolo di Mediterraneo, ripenso a quei suoni che da trent'anni rieccheggiano nelle mie orecchie. Da Atene ecco giungere i Burial Hordes, band che include membri di Dead Congregation, Embrace of Horns e Ravencult, con quello che è il loro quarto album in carriera dal 2001 a oggi. Non troppo prolifici per carità, sebbene nella loro discografia compaia anche un considerevole numero di split, EP, demo e compilation. 'Θανατος αιωνιος (The Termination Thesis)' è un album di sei pezzi che irrompe con la fuligginosa "Human Condition", un mid-tempo all'insegna di un doomish black death catartico e mortifero, che sembra trarre ispirazione proprio dai Dead Congregation. Più arrembante ma decisamente più obliqua, la seconda "Thrownness and Falleness of Being", una traccia che vede nelle ronzanti chitarre l'elemento black dei nostri, mentre nel growling oscuro di Chtonos, l'elemento death metal; in tutto questo aggiungeteci poi un approccio chitarristico dissonante degno dei Deathspell Omega più ispirati, dei rallentamenti al limite del funeral e dei cambi di tempo da far venire un bel mal di testa. Le deviazioni di scuola transalpina si fanno ancor più palesi in "Lurk in the Shadows", psicotica in quel suo incedere vicino anche a qualcosa di Portal ed Aevangelist, in una song che mantiene comunque costante quell'articolata commistione tra sonorità estreme, siano esse votate alla morte, all'apocalisse o alla fiamma nera. Spettacolare nella sua divampante furia "Erkenntnis", mirabolante a livello ritmico in quelle sue improvvise accelerazioni quanto in quelle brusche frenate che, da 200 km/h ci conducono a 0 in pochi terrificanti attimi. Con "Death is Omnipotent" si torna al classico mid-tempo, con un sound decisamente melmoso in cui a mescolarsi questa volta sono death, sludge e black. L'ultima "From Synthesis to Aposynthesis" è una lunga suite di quasi 17 minuti, suddivisa in tre parti, che irrompe con una prima parte dal piglio più classico, death/black. La seconda parte suona più malefica, decisamente più vicina al black soprattutto per la velocità d'esecuzione e le sue chitarre cosi taglienti. La terza e conclusiva sezione, invece si affida ad un sound dapprima ferale ma che va via via divenendo più ritmato, oscuro, sublimando verso lidi funerei che sanciscono la diabolica proposta del combo ellenico. (Francesco Scarci)