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mercoledì 16 agosto 2017

Face Down - The Will to Power

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Thrash, The Haunted
Il sound death/thrash o lo si fa bene o meglio lasciar perdere, il rischio è di cadere nell'anonimato, come capitato con il terzo lavoro del 2005 degli svedesi Face Down, riformatisi dopo l'ennesimo scioglimento (ora definitivo) della loro storia. I più preparati sapranno sicuramente chi si cela dietro il nome Face Down: Marc Aro ex-cantante dei The Haunted e altri membri più o meno famosi di band quali Constructdead, Afflicted e Terror 2000. Ed è proprio a queste band principalmente che i Face Down s'ispirano, macchiando il proprio sound con contaminazioni americane thrash-metalcore. Nonostante la presenza di ottimi musicisti della scena metal, 'The Will to Power' si dimostra un album privo di mordente, di sussulti interessanti e di quel quid in grado di farmi scalpitare. È un buon lavoro dal punto di vista tecnico, ma vuoto sotto il profilo emozionale. Il quartetto svedese è bravo nel generare il canonico macello sonoro, alzando una muraglia di riff belli pesanti, nel tentativo di essere il più violento e veloce possibile, troppo poco però per salvare questo lavoro dalla mannaia del recensore frustrato. Neppure la potente produzione a cura di Jocke Skog (Clawfinger) presso i Fear and Loathing studio (Meshuggah) sembra salvare la band svedese, ormai impantanata nell’immobilismo sonoro di un genere che ha ormai ben poco da aggiungere. Se avete bisogno della colonna sonora per la vostra serata di pogo assassino, per l’headbanging più sfrenato o se non avete grosse pretese e mirate a raggiungere il ragguardevole numero di 1000 dischi tutti uguali, allora questo disco potrebbe fare per voi, altrimenti se, come il sottoscritto, siete stanchi della solita routine, lasciate perdere, là fuori ci sono band molto più valide e innovative, che stanno solo aspettando qualcuno che li noti. Da segnalare in ultimo, che la versione digipack contiene due bonus track, nemmeno ce ne fosse stato bisogno. (Francesco Scarci)

(Black Lodge Records - 2005)
Voto: 50

https://www.facebook.com/Face-Down-115330208525992/

sabato 17 agosto 2013

Face Down - The Long Lost Future

#PER CHI AMA: Thrash, Stoner, Pantera, Blind Dog, Alabama Thunderpussy
Mettiamola così: se i Pantera esistessero ancora, se Darrell e soci avessero seguito la deriva southern di Phil Anselmo ben raccontata nei Down, probabilmente oggi suonerebbero come i Face Down. Il quartetto francese, al loro primo full-lenght dopo un EP del 2010, mette insieme una forte dose di thrash metal vecchio stile con una punta di stoner rock: non aspettatevi certo le derive psichedeliche alla Kyuss, né quelle rock'n'roll di Fu Manchu o Queens of the Stone Age. Qui c'è velocità, distorsione metal, doppia cassa in abbondanza; il riffing è serrato e ben costruito, la ritmica mai scontata (finalmente un batterista davvero interessante per presenza e originalità) e i solos hanno spesso quel sapore blues che ha fatto la fortuna dell'ultimo compianto Dimebag. Dovendo dare delle coordinate più vicine, potrei citare gli Alabama Thunderpussy e i purtroppo poco noti Blind Dog, con quella mistura sempre equilibrata tra violenza sudista e blues. A contribuire con forza alla deriva stoner è senz'altro la voce: urlata ma senza mai cadere nel growl, sempre appoggiata su una melodia che ricorda l'intonazione di Jon Garcia. I brani scorrono veloci e potenti e, a parte due episodi di soli due minuti (l'acustica strumentale "Under the Sun", la velocissima sfuriata hardcore "Kiss of Death" e la brevissima parentesi di "Evil Blues"), tutti i brani hanno durate superiori ai quattro o cinque minuti, a riprova di un metal non strettamente citazionista del solo thrash dei Pantera. Sono molti i brani simbolo del gruppo, che dà quindi prova di idee chiare per tutta la durata dell'album: "Smoke Coat" è un vero laboratorio di riff sul mid-tempo, "Only Human", "N°1 Must Die" e "Blow Away the Dust" sono tre veri pugni in faccia, peraltro consecutivi, per velocità e potenza. Mi chiedo solo, pensando al futuro del quartetto: cosa succederebbe ai Face Down se abbandonassero ancora un po' la loro anima thrash a favore di atmosfere più ispirate e desertiche, di un riffing più lento e cadenzato? Può davvero essere questa una strada possibile per la fusione di due generi che hanno sempre avuto più di un punto di contatto tra loro? (Stefano Torregrossa)