#PER CHI AMA: Modern Metal, In Flames, Scar Symmetry, Soilwork |
Sentivo un po' la mancanza di suoni carichi di groove e ammiccanti al massimo. Sono stato presto accontentato dai canadesi Every Hour Kills e il loro EP omonimo nuovo di zecca. Cinque le tracce, le stesse riproposte in chiave strumentale e una versione demo sempre strumentale di "Cloudlifter", un pezzo che a dire il vero non ho ben capito dove stia nella discografia della band di Calgary. I nostri attaccano con l'elettronica massiva di "Chosen", che accompagna una ritmica imponente a cui si aggiungerà presto anche la voce di Jerrod Maxwell Lyster, in un mix tra Tesseract e Soilwork. La musica? Beh riflette fondamentalmente la proposta di queste due band (con una certa predilezione per la seconda), il classico modern metal che sembra andar tanto di moda nell'ultimo periodo, a cui aggiungerei anche un tocco di Scar Symmetry e In Flames, senza trascurare una lieve spruzzata di metalcore. Vi ritroverete pertanto allietati da un riffing sincopato, gioviali chorus, stop'n go e tastiere super melodiche. Il dado è tratto. "Deliver Us" riparte dal programming irrefrenabile di Sacha Laskow e da una linea melodica piuttosto malinconica che si riflette anche nel modo di cantare di Jerrod che nel breve break centrale, trova modo di scatenarsi anche in una versione più urlata. L'eccesso di elettronica però rischia un po' di offuscare la performance solistica, in quanto Sacha sembra davvero saperci fare con la sua sei corde. Il limite in effetti di questo EP sembra essere racchiuso proprio dall'esasperante utilizzo delle keys che andrebbero ridotte per dar modo anche a Brent Stutsky di palesare il suo valido apporto al basso, mentre non si può non notare la fantasiosa tecnica di Robert Shawcross dietro le pelli, anche se talvolta risulta celata dagli ubriacanti sfarfallii elettronici. "Saviours" è una traccia più delicata, almeno all'inizio, anche se poi il tiro aumenta e la song diviene più convincente anche per la sua continua altalenanza ritmica. Niente male. Il sound ruffiano di "One Reason" e il suo coro quasi pop rock le valgono la palma di song più moscia delle cinque. Fortunatamente irrompe la dinamica "Almost Human", che nel suo riffing portante sembra un pezzo di una decina di anni fa dei nostrani Edenshade, estratto dal bellissimo 'Ceramic Placebo for a Faint Heart'. Pezzo assai convincente e anche il mio preferito che di certo bilancia la performance meno brillante della quarta traccia. Seguono i cinque brani riproposti in chiave strumentale e quello che posso affermare è che, in assenza di una voce che ammorbidisca a più riprese il sound degli Every Hour Kills, musicalmente il quartetto canadese è davvero notevole, spaccando non poco e la vicinanza con Soilwork e anche Fear Factory, perché no, si fa davvero sentire. Bravi, preparati e non da sottovalutare. Dimenticavo l'ultima traccia, la più djent oriented: trattasi ancora di una demo senza cantato, quindi meglio soprassedere. (Francesco Scarci)
(Self - 2015)
Voto: 70