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lunedì 2 luglio 2012

Belakor - Of Breath and Bone

#PER CHI AMA: Swedish Death, Dark Tranquillity, Edge of Sanity
Avviso ai naviganti: una perturbazione di origine scandinava è arrivata pericolosamente alle coste australiane, scatenando una spaventosa ed improvvisa tempesta di ghiaccio. Strano per l’immenso paese oceanico trovarsi investito da una simile e improbabile situazione atmosferica che risponde al nome di Be’lakor. Nome assolutamente non nuovo su queste pagine, dal momento che ci siamo accorti dell’act australiano in occasione del loro secondo capitolo “Stone’s Reach”, che uscì nel 2009 per la nostrana Kolony Records, che bissa con questo brillante lavoro, quanto di buono fatto in passato. “Of Breath and Bone” prosegue sulla strada della precedente release con un sound che viaggia costantemente su coordinate death progressive, acuendo però in questo caso la componente swedish, sin dall’iniziale “Abeyance”, dove l’influenza dei Dark Tranquillity è assai palese nelle arrembanti linee di chitarra, cosi come pure nell’inizio di “Remnants” o nell’apertura di “In Parting”. Diciamo che la band di Michael Stanne e soci diventa il primo punto di riferimento per il quintetto australiano e sinceramente la cosa non mi disturba affatto, anzi ben venga se questo è il risultato. Ottime le linee di chitarra, sempre molto ricercate e melodiche (fenomenale la linea di “Fraught”, costantemente accompagnata da malinconici tocchi di pianoforte), possente il growling di George, la cui impostazione può ricordare quella del vocalist dei Saturnus e in taluni frangenti (proprio come in questa song), anche il sound più oscuro dei nostri, può rievocare quello dei maestri del death doom danese. Ed ecco quindi emergere anche l’anima doomsters dei cinque ragazzi di Melbourne, anche se poi è il melo death svedese ad esplodere più forte che mai. Non so che cosa sia successo ai nostri eroi australiani, ma di sicuro ha portato un’ulteriore ventata di freschezza alla proposta dei Be’lakor, capaci di proporre anche ritmiche più sognanti come quelle di “Absit Omen”, prima che un’inferocita ritmica in stile Edge of Sanity, prenda in mano le redini del pezzo. Indiavolati, progressivi, melodici, apocalittici, brutali più che mai; questi sono i Be’lakor targati 2012, per nostra somma gioia. Ancora una volta l’Australia dopo Ne Obliviscaris, Aquilus e Germ, partorisce un’altra piccola gemma nel panorama estremo, ad indicare che laggiù, dall’altra parte del mondo, c’è ancora un bel po’ di spazio per potermi stupire. (Francesco Scarci)

(Kolony Records)
Voto: 80

http://www.belakorband.com/

martedì 2 novembre 2010

Belakor - Stone's Reach


Ancora una volta è l’Australia ad allietare le mie orecchie con suoni estremamente suggestivi: dopo Insomnius Dei, Phalanx ed Empyrean, ecco arrivare anche i Be’lakor con il loro sound a cavallo tra death doom e progressive e già tutto mi è più chiaro. Questo è il genere che prediligo in assoluto perché in grado di regalare le emozioni più forti alla mia anima. Questi cavalieri dell’apocalisse ci offrono otto splendide composizioni che partendo da un sound vicino a quello degli Opeth, ne prendono immediatamente le distanze, riuscendo a costruire trame musicali davvero convincenti ed avvincenti già dall’iniziale “Venator”, song ricca di melodia, atmosfere cangianti capaci di passare repentinamente da frangenti acustici ad altri più elettrici. Anche la successiva “From Scythe to Sceptre” naviga sulla stessa onda, grazie alle deliziose malinconiche linee di chitarra offerte dal duo Shaun Sykes e George Kosmas (quest’ultimo anche vocalist della band); ma è con questa song che gli “Aussie boys” ci prendono ufficialmente per mano accompagnandoci nel loro mondo articolato, riflessivo e decadente, dove ad alternarsi sono splendide ambientazioni crepuscolari con altre più selvagge, finendo per creare un seducente gioco di chiari scuri che può incoronare il five pieces australiano nel gotha del death metal melodico. Le successive “Outlive the Hands” e “Sun’s Delusion” non fanno altro che confermare quanto appena scritto: ritmiche da urlo, sorrette da un continuo ed efficace lavoro di ricerca di melodia, come solo i grandi gruppi scandinavi sono in grado di fare e tanta tanta fantasia che nulla alla fine lascia di scontato nell’ascolto di questo eccellente lavoro. Se solo il growling del frontman fosse stato leggermente più espressivo, magari alternando i cavernosi vagiti con altre parti più sofferenti (ma pulite), l’album avrebbe meritato sicuramente qualcosa in più. La produzione ben equilibrata, accanto allo spessore tecnico-stilistico dei componenti del combo australiano, non fa altro che confermare l’eccelsa qualità di una band che ha tutte le carte in regola per sfondare in Europa, forti ora anche di un contratto di distribuzione con la Kolony Records. Se siete amanti di questo genere, non far vostro questo cd, sarebbe davvero un peccato veniale. (Francesco Scarci)

(Prime Cuts Music/Kolony Records)
Voto: 80