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domenica 18 marzo 2012

Domina Noctis - Second Rose

#PER CHI AMA: Symphonic Gothic Metal
Italianissimi, attivi dal 2001, i Domina Noctis possono essere l'alternativa più electro ai nostrani Lacuna Coil: la voce di Edera non ha nulla da invidiare a quella di Cristina Scabbia dei Lacuna Coil. “Second Rose” è il loro secondo lavoro, dopo “Nocturnalight” del 2005: un album energico, dinamico, come si può sentire fin da subito nella prima canzone, “Electric Dragonfly”, song dotata di suoni elettronici, ma anche di grinta e vitalità, grazie anche al ritmo veloce e alla voce dolce e grintosa al tempo stesso. In “Untold” l'animo si placa un poco per diventare più cupo, ma senza perdere comunque la sua verve: la canzone si presenta malinconica, dolce e profonda, piacevole all'ascolto, con il ritmo che ti penetra nella mente per cui alla fine non è difficile non mettersi a canticchiare il motivetto. “Into Hades” si avvale parecchio delle tastiere, mentre Asher alla chitarra, Azog al basso e Niko alla batteria accompagnano la dolcezza della voce femminile, inducendo comunque un headbanging sfrenato: se il loro scopo era quello di colpire, certamente hanno colto nel segno. “Because the Night” è la classica cover del pezzo di Patty Smith che, a mio avviso, è veramente azzeccata: questa è una delle cover meglio riuscite, da cantare e magari mettersi pure a ballare. Arriva il turno di “Lamia” e la voce viene portata ad una tonalità più alta del solito, senza stonature: questa è una delle tracce più semplici e leggere dell'album, ideale magari per chi vuole avvicinarsi al metal senza rimanere troppo schockato. “Sisters in Melancholy” riprende il sound iniziale, senza cambiarvi una virgola: verso metà le cose si fanno più toste e il sound acquisisce più aggressività, per terminare con un duetto batteria/chitarra. “Broken Flowers” ricalca il sound di “Lamia”, ma da metà in poi il ritmo rallenta e si fa più grave, mentre la voce diventa quasi sussurrata e il basso l'accompagna; Ruyen, alle tastiere, prende il sopravvento con un assolo dal gusto retrò. “Exile” si apre con un tono solenne: il cantato è pacifico, come del resto tutto il ritmo del brano; nella seconda metà del pezzo ecco un vibrante assolo di chitarra; il brano estranea, per un attimo fa scordare ciò che vi è attorno e porta lontano la mente, verso lande inesplorate. “The Mask” si avvale di sonorità orchestrali per dare un impronta più grandiosa al brano: con intervalli di chitarra acustica accompagnata da pianoforte, tutta la traccia diventa mesta, flemmatica, ma straordinaria, con la voce che viene portata ai massimi livelli giocando su tonalità sia acute che gravi: probabilmente un esame per vedere fino a che punto la voce può arrivare. Come ultima traccia vi è un'altra cover, più precisamente del brano di Sonny Bono “Bang Bang”: nonostante le molte cover, questa (esattamente come l'altra) è particolarmente riuscita, con la voce di Eden molto suadente e magica (decisamente migliore di quella languida cantata da Carla Bruni in uno spot automobilistico): un'ottima scelta per chiudere un album ricco di giochi vocali, di sensazioni ed emozioni che variano in base al ritmo variabile che ogni canzone presenta. In chiusura, ammetto che è stata una sorpresa sentire con quanto ardore questa band abbia registrato l'album: ha in sé una potenza che li porterà lontano, sicuramente da tenere d'occhio le loro prossime creazioni (magari avvicinandosi al symphonic metal). (Samantha Pigozzo)

(Black Fading)
Voto: 70