
Consigli per l’ascolto: toglietevi le scarpe, coricatevi su un letto (o  un divano), rilassatevi, chiudete gli occhi, premete “Play”, lasciate  fuori tutto il resto... Non è un album facile: se non avete voglia di  lasciarvi andare ad una musica particolarmente evocativa, eterea e  sognante, cercate altrove. Sì perché quest’opera degli inglesi  “Leafblade” (formati da Sean Jude, Daniel Cavanagh e Daniel Cardoso) non  ha nulla di metal. Ma è maledettamente brillante. Suoni, voci, melodie,  arpeggi di chitarra: tutto elegante, curato. Sonorità ricercate, con  qua e là richiami new age e inserti di suoni della natura, che portano  un che di bucolico in lontananza. Il cantato melodico, confidenziale, in  alcuni casi quasi sussurrato, si sposa con gli accordi raffinati e la  parte ritmica mai sopra le linee. Ne esce un’alchimia sonora, che è  quasi un incantesimo. Il senso di fascinazione, che nasce da ogni  singola traccia, nell’ascolto filato dell’album purtroppo si stempera...  e quasi le songs non si distinguono, si amalgamo in un continuo  sospeso. Sicuramente è voluto, sicuramente è evocativo, sicuramente crea  una specie di ostacolo all’ascolto. Ecco dove è il lato debole  dell’album. Per mantenere l’incantesimo, il tono diventa un po’ troppo  monotono, e così si presta il fianco alla noia. Non perché le canzoni  abbiano tutte le stesso schema compositivo, anzi mi pare che gli autori  non lo considerino per nulla (non troverete ritornelli o strofe veri e  proprie), ma per lo stile mantenuto senza accelerazioni improvvise o  fughe. Però, come non apprezzare il ritmo e i suoni di flauto di “A  Celtic Brooding in Renaissance Man”? Come non lasciarsi trasportare  dalla armonia e dalle parole (sono in inglese, ma cercate di trovarle se  non le capite ad orecchio) della conclusiva “Sunset Eagle”? E come non  trovare davvero equilibrata “Rune Song”? Quest’ultima rappresenta al  meglio l’anima di questo platter, con i suoi pregi e difetti. Una mia  nota particolare: il lavoro si apre con il suono di un ruscello e con lo  stesso si chiude. Ho un debole per questi espedienti, quando son fatti  bene. Trovo molto azzeccata l’immagine in copertina del disco, dal  packaging davvero essenziale. Un CD apprezzabile, non immediato, che ha  bisogno di qualche ascolto e della voglia di seguire il viaggio  propostoci dagli artisti senza remore. Fidatevi. (Alberto Merlotti)
(Angelic Records/Aftermath Music) 
Voto: 75
Voto: 75