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domenica 12 ottobre 2014

Sedna - S/t

#PER CHI AMA: Post Black Sperimentale, Altars of Plagues
Eccoci finalmente alla resa dei conti. I Sedna li seguo da vicino da qualche anno: era infatti la notte di Halloween del 2011 quando li conobbi e ascoltai per la prima volta, in un piccolo locale nel bresciano. Da li a poco recensii il loro EP, li intervistai in radio e da quasi tre anni attendo con ansia il tanto agognato debutto su lunga distanza. Eccomi accontentato. I tre ragazzi di Cesena rilasciano, dopo qualche assestamento di line-up, un 4-tracks costituito da più di 50 minuti di musica cupa e malefica che incarna l'anima dannatamente maledetta del trio romagnolo. Sarà verosimilmente una certa affinità musicale con i defunti Altars of Plagues, o la vena marcatamente diabolica che ristagna nel sound dei nostri, ma il self/titled dei Sedna è un qualcosa che s'imprime nella testa e marchia a fuoco come l'indelebile segno del diavolo. Ma mettiamo un po' d'ordine a tutte queste frasi che introducono 'Sedna'. Dicevamo delle quattro song che costituiscono il cd, che tra l'altro vanta un artwork in bianco e nero squisitamente angosciante. “Sons of the Ocean” apre il disco con i suoi quasi 20 minuti di sonorità tetre e caliginose: sembra infatti il suono di una nave, nelle nebbie di un porto di mare, quelle che si percepiscono nell'incipit della song, prima che le strazianti chitarre di Crisa prendano il sopravvento e ci conducano nella bolgia infernale. Le ritmiche, soffocanti e serrate, corrono veloci, ammantate da un'aura di tormentata malinconia, che sembra trovare pace, almeno per una manciata di secondi, in un break dai vaghi contorni post rock, spezzato dallo screaming efferato del polivalente Crisa. Il ritmo però va lentamente smorzandosi, sprofondando nei meandri assurdi di un cerchio dantesco, probabilmente l'ottavo, dove dimorano maghi e indovini e dove sonorità al limite del drone, fumoso e psichedelico, potrebbero farne da ideale colonna sonora. L'atmosfera è a dir poco spettrale e nel suo irriducibile climax di risalita, la tensione creata è sicuramente di forte inquietudine. L'epilogo acustico ci introduce a “Sons of Isolation”, traccia il cui inizio mi fa pensare a campane che suonano a morte. Potete ben capire lo stato di angoscia persistente che si è instaurata nel mio io, ormai turbato. E dire che non siamo, per lo meno ancora, al cospetto di sonorità depressive-sucidal, ma i giochi di chitarra e basso (a cura della brava Elyza Baphomet), mettono a nudo l'essenza della mia anima, scaraventandomi in un turbinio di ansie e paure, eccitate come elettroni impazziti, dal sound mefitico dei tre, che arriva da li a poco, a toccare il funeral doom, almeno per pochi istanti. Non temete perchè la furia omicida, dettata dal vibrante drumming di Mattia, instaura la sua feroce dittatura, lanciando i nostri in una cavalcata che ondeggia tra il post hardcore teutonico, lo sludge e il black metal cascadiano. Davvero, niente male. Se poi considerate che un incedere marziale (dal flavour leggermente shoegaze) subentra a mischiare le carte in tavola, potrete ben capire la portata di questa esplosiva miscela raggelante. A grandi passi, come quelli inferti dal drummer sul finale del brano, arriviamo alla psicotica traccia “Life_Ritual” in cui compare, in veste di guest, la litanica voce di Stefania Pedretti, meglio conosciuta per le sue performance negli Ovo e nei BTOMIC. L'effetto sul tappetto ambient drone del brano, è come quello di una strega atta a lanciare il suo peggior maleficio. In “Sons of the Ancients”, in aiuto dei nostri arriva Michele Basso (alias Mike B) dei Viscera///. L'incedere è ancora una volta funesto, ossessivo, macabro pur rivelandoci il lato più intimista dei nostri, che ben presto sfocerà in suoni altalenanti e idiosincrasici, sviscerando l'odio dei Sedna attraverso le vetrioliche vocals di Mike e conducendoci nella nona bolgia, quella dei seminatori di discordia. In definitiva, 'Sedna' è ciò che stavo aspettando da tempo dal trio di amici della Romagna, una miscela di corrosivo ed elegante post black sperimentale. Detto questo, vi lascio ai vostri incubi e io torno nel mio loculo per incontrarli, qui all'interno del Pozzo dei Dannati. (Francesco Scarci)

(Drown Within Records/Unquiet Records - 2014)
Voto: 80

https://www.facebook.com/Sedna.O?sk=wall

Acarus Sarcopt – Tarnation

#PER CHI AMA: Death, Asphyx, Morbid Angel, Death
Questa band francese supera i dieci anni di attività e con un curriculum invidiabile per prolificità, approda al nuovo album con uno smalto invidiabile ed una carica tutta da assaporare. Uscito per la Armée de la Mort Records nel 2014, cosi come accadde per il precedente lavoro, il cd è composto da ben quindici tracce di cui due bonus live, per una durata complessiva di circa un'ora di buon selvaggio death metal old school. La band dimostra d'aver classe fin dalle prime note, sputando riff spaccaossa a ripetizione. Il suono è tipicamente death con spunti ricavati dai superclassici Asphyx, Death e Morbid Angel. I brani scivolano veloci e piacevoli, impatto e violenza non declinano l'invito e supportati da un growl perfetto e uno screaming che rimanda ai vecchi fasti black della band, chiudono un cerchio pressochè perfetto. Troviamo tutto al posto giusto, coordinato da una buona produzione che valorizza ogni cosa, innalzando il valore della proposta musicale. Il massacro continua e vede il suo apice nel singolo che accompagna il video e condivide il titolo con l'album ("Tarnation"). Ottimi musicisti per una esecuzione più che perfetta anche se vecchia scuola e magari porterà poche novità ma decisamente un gran bell'album, ragionato e pur nella sua brutalità, ricercato e tanto sofisticato, compatto e pesantissimo, intento a mantenere il legame con le origini del genere e capace di renderlo ancora interessante e vitale. Gli Acarus Sarcopt meritano grande rispetto, conquistato sul campo e questo loro nuovo lavoro li colloca in una realtà metal francese che negli ultimi tempi, in fatto di musiche estreme, non è inferiore a nessuno. Instancabili fanatici del death metal, questo album è per voi!!! (Bob Stoner)

(Armée de la Mort Records - 2014)
Voto: 70

https://www.facebook.com/ACARUS.Official

sabato 11 ottobre 2014

Levities - Dead Bouquet

#PER CHI AMA: Punk
Se il rock non morirà mai, anche il punk sembra non voler mollare. La scena portoghese (Lisbona) si arrichisce di un'altra band e precisamente due ragazzi e due ragazze, i Levities. Nati nel 2011, rilasciano 'Dead Bouquet' all'inizio di quest'anno sotto la Ethereal Sound Works, etichetta indipendente portoghese. Ben quattordici pezzi in puro stile punk, quindi veloci e altrettanto brevi, giusto per omaggiare band come The Stooges e Pixies. I pezzi sono molto simili tra loro, quanche intro potrebbe essere considerata grunge, ma poi suoni e arrangiamenti non lasciano dubbi circa l'indole della band. Il vocalist sfoggia un bel timbro, sufficientemente maturo e poco fastidioso, inoltre si prodiga anche come chitarra solista. Non aspettatevi prodigi iper tecnici, che nel punk sarebbero anche sprecati. La sezione ritmica sostiene il tutto, senza tanti fronzoli e sfruttando le sonorità adatte, il tutto miscelato anche in maniera dignitosa. "Slit My Tongue" e "Metal Chain" si fanno ascoltare, vuoi per qualche richiamo ai primi Nirvana, come il cantato e la rabbia dei riff, secchi e mediosi come andava negli anni '90. "Little do They Know", da cui è stato tratto un discreto video, fa assaporare a pieno le sonorità dei The Stooges, a cui probabilmente i Levities si ispirano maggiormente. Meno di tre minuti che volano via leggeri e senza impegno. Alla resa dei conti 'Dead Bouquet' non è male, musica che potete ascoltare anche senza particolare concentrazione e che vi può accompagnare in macchina, sia che siate nati negli anni '90, sia che li abbiate vissuti da adolescenti. (Michele Montanari)

Chasms - Subtle Bodies

#PER CHI AMA: Dark, Psichedelia, Shoegaze
L'estate è ormai un lontano ricordo, e i Chasms anticipano l'inverno, cogliendomi di sorpresa con un album dai toni freddi e oscuri, dall'anima estremamente malinconica. “N.V.S.” apre l'album ma credo funga più da intro che come brano vero e proprio, ma mi sbaglio. La successiva “Riser” infatti conferma l'anima dark dei nostri, con una musicalità lenta e ossessiva, che sprigiona un fiume emozionale per chi apprezza Dead Can Dance e affini. Le litanie dei Chasms rappresentano la colonna sonora che mi può accompagnare in quei momenti in cui desidero isolarmi dal mondo e vagare solo con la mia mente, come in questo sabato sera di metà ottobre. Eteree voci femminili, sonorità celestiali, riverberi che sembrano appartenere ad un altro mondo, costituiscono la matrice di 'Subtle Bodies'. “Soft Opening” è una stranissima song che si muove tra il noise/drone e il dark wave. Decisamente non il genere adatto da essere ascoltato in spiaggia sotto il sole cocente, sarebbe meglio una stanza buia con le pareti nere come la pece e circondato dal nulla. “When It Comes...” riprende quasi il canonico concetto di canzone, ma le sue linee melodiche, lo stralunato battito del drumming e le sue vocals, non riescono proprio a far breccia dentro la mia anima dai tratti dannati. Lo stesso dicasi per le rimanenti due tracce (di cui sottolineerei la durata di undici minuti della conclusiva e strumentale “Dissolution Into Clear Light”) che propongono il medesimo canovaccio e finiscono solo per annoiarmi. (Francesco Scarci)

(Sleep Genius - 2014)
Voto: 55

https://www.facebook.com/oooCHASMSooo

Quercus - Sfumato

#PER CHI AMA: Funeral Doom, Esoteric, Skepticism
I Quercus arrivano dalla Repubblica Ceca e vantano anni di esperienza e uscite discografiche. Quest'ultimo album esce per l'etichetta underground MFL records, un'etichetta fondata da musicisti russi facente parte della "Mosca Funeral League", nata per sostenere bands dedite al funeral e al doom metal. In attività dal 2002, i Quercus mostrano oggi una tecnica compositiva fantasiosa e originale carica d'atmosfera e variegata, toccata dalla genialità e pregna di personalità. Ispirata all'arte del grande talento artistico Leonardo, l'album assume una classe, un'intensità sulfurea ed una carica esoterica focalizzata sulla scuola di tutti quei nomi mitici che hanno reso la musica del destino una musica di culto e che la band ringrazia nel booklet interno. Possiamo affermare entusiasticamente che i Quercus sono una doom band fuori dagli schemi, che la loro proposta musicale incrocia in questo lavoro, l'animo dei primi Paradise lost ('Shades of God'), con le movenze gelide ed astrali degli Skepticism, suonano come i Katatonia ma sfoderano la classe degli Swans nel creare un mondo sonoro carico ed introspettivo. Difficile dunque catalogarli e questa è la cosa migliore, poiché l'album è una continua scoperta, dove la cadenza è si doom ma senza dimenticare una buona dose di psichedelia cosmica e un sanguigno sound moderno figlio degli Esoteric ed una espressività epica eccelsa di scuola In the Woods. Pesantezza e fantasia compositiva, registrazione perfetta, suoni calibratissimi e buone doti tecniche, rendono il disco inaspettato e delizioso, in un continuo movimento creativo e mai ripetitivo, omogeneo e dal tocco altamente artistico, tra violento deragliamento emotivo, chitarre gotiche, funeral metal, incursioni jazz ed un growl narrante memorabile. Preparatevi ad incontrare non il solito doom, ma musica metal riflessiva decisamente d'avanguardia, composta da tre ottimi brani molto lunghi, per un totale di cinque pezzi racchiusi in circa cinquanta minuti di musica di alto livello. Il doom incontra l'avanguardia, un sodalizio perfetto, dove i suoni rubati al post grunge si muovono lenti ed oppressivi, deambulano astratti e profondi, grondanti lacrime di speranza e delusione. L'infinito vi attende! Non fatelo aspettare... (Bob Stoner)

mercoledì 8 ottobre 2014

Deconstructing Sequence - Access Code

#PER CHI AMA: Progressive Death-metal, Avantgarde, Industrial
Due tracce da circa 8 minuti ciascuna. Un artwork da fantascienza vintage, con una gigantesca nave squadrata che incombe sul pianeta Terra, su un cielo rosso sangue. Una strumentazione (chitarra, basso e batteria, ma anche synth e programming) che promette grandi cose e una produzione di prima classe. Non da ultimo, l’esperienza di un precedente EP ('Year One', 2013) e gli anni di militanza nei polacchi Northwail. L’opera si apre con la celebre frase “My god: it’s full of stars…” da '2001: Odissea nello Spazio'. È il primo verso di molti, lungo tutto il lavoro, a raccontare un concept: la metafora del viaggio nella gelida desolazione dell’universo come viaggio nella disperazione interiore. Le coordinate musicali dei Deconstructing Sequence, invece, sono più complicate da tracciare: ci sono elementi degli Arcturus più sperimentali, degli Emperor, di Ayreon, persino dei Gojira. Ma è tutto modellato in un’ottica talmente personale che il risultato supera la semplice somma algebrica delle parti. “A Habitable World is Found” mette subito tonnellate di carne al fuoco: c’è il riffing prog intelligente e furioso (ascoltate la splendida intro), ci sono le cavalcate death di doppia cassa e blast beat, le aperture sinfoniche di synth, gli inquietanti arpeggi di chitarra pulita, la decostruzione ritmica del math metal e persino un accenno di industrial in alcuni passaggi più elettronici. La seguente “We Have The Access Code” apre con un piccolo capolavoro di batteria, che sfocia con rabbia in una canzone veloce, oscura e violenta. Mentre i testi raccontano di una nave persa nello spazio che l’equipaggio, disperato, continua a pilotare verso il nulla, la canzone implode in sé stessa, diventando un lento e melanconico respiro dell’universo; salvo poi tornare ad evolvere in un prog-death da antologia fino all’esplosivo finale. Le voci contribuiscono a dare colore e personalità alle diverse parti del brano: growl e harsh da un parte, spoken-words con effetto radio dall’altro, piccoli e misuratissimi gli accenni melodici. L’impressione – resa splendidamente – è quella di un continuo e disperato dialogo tra la terra e la nave, o tra la nave e lo spazio stesso. Tanta personalità creativa e un tale livello di forza narrativa di musica e testi sono davvero rare in una band emergente. Resta da vedere se, alla prova del primo full-lenght, sapranno mantenere le ottime premesse di questo piccolo gioiello del metal contemporaneo. (Stefano Torregrossa)

(Self - 2014)
Voto: 80

martedì 7 ottobre 2014

Luna – Ashes to Ashes

#PER CHI AMA: Symphonic Funeral Doom, Ahab, Thy Catafalque
La one man band di Kiev, formatasi nel 2013 e capitanata dal polistrumentista DeMort, si manifesta con un album carico di maestosità sinfonica, dalle linee pesanti e al contempo ariose, dalla gravosa ombra dell'opera classica riletta in chiave funeral doom con innesti death metal, in poche parole una perla per chi la saprà apprezzare. 'Ashes to Ashes' è un'opera apocalittica dal valore esagerato e dalle potenzialità enormi, una sola composizione lunga quasi un'ora, frutto di una personalità ricca di tecnica e buone idee costruttive, un musicista dotato di elevata sensibilità, che l'ha portato a creare un album d'infinita bellezza. In questo lavoro troviamo la drammaticità delle classiche intro da teatro dell'orrore alla maniera dei Cradle of Filth, con l'impasto sonoro che si accosta alle cose più sofisticate degli Emperor, anche se il suono è più pesante e profondo, meno black e più orchestrale, gutturale, cupo, dal sapore tragico, una eclissi sonica eterna che crea un legame tra Ahab e Thy Catafalque. Un monumento di emotività oscura, musica strumentale, concettuale carica di visionaria introspezione, la perfetta colonna sonora epica e isolazionista, la misantropia, una visone romantica del lato oscuro dell'infinito, l'eterno. Una colossale e potentissima parata di ombre pronte a toglierci il respiro e a donarci l'oblio. Licenziato via Solitude Prod., 'Ashes to Ashes' dei Luna potrebbe divenire il vostro incubo migliore. Divinità d'altri tempi. Ascolto obbligato! (Bob Stoner)

(Solitude Productions - 2014)
Voto: 75

domenica 5 ottobre 2014

Putiferio - Lovlovlov

#PER CHI AMA: Noise Rock
I Putiferio sono di Padova, sono in quattro e non si chiamano così a caso. Nascono nel 2004 e dopo quattro anni escono con 'Ate Ate Ate', album che non ho ancora avuto modo di ascoltare, ma che trova grande riscontro dalla critica, soprattutto per il coraggio e la determinazione nel portare avanti un prodotto difficile come la loro musica. Un mix di noise rock e post-qualcosa, suoni anni '90 e ritmica a nervi scoperti. Tutto volutamente difficile da ascoltare per chi non si smuove da Radio Italia o 105 e punta a suscitare emozioni scomode e impreviste. "Void Void void" esplode dopo una serie di feedback di chitarre (sono in due, senza un bassista fisso nella line up) con una sezione ritmica forsennata, arrangiamenti che non ti permettono di canticchiare nemmeno una strofa. Il tutto condito da stralci elettronici lo-fi che aumentano la matassa noise del brano. Il cantato è pura follia, urla come unghie che grattano su una lavagna o che affondano nella gola stretta a soffocare. Poi cambia tutto e le chitarre diventano più prepotenti, si riesce pure a scandire il ritmo con la testa, ma l'illusione finisce presto e si viene catapultati verso le tracce successive. "True Evil Black Medal" inizia scandendo battiti di puro groove elettronico, una versione malata degli attuali Radiohead carichi di tensione e suoni stridenti, gli strumenti si intrecciano tra di loro come matasse di fili elettrici che non hanno un inizio e una fine, ma solo una metamorfosi. La voce è più distesa, lontana e privata della timbrica naturale. Poi l'entrata degli archi riporta una calma apparente, quasi metafisica, segnata da arrangiamenti in tonalità minore rispetto ai precedenti, a destare una sorte di malinconia. Ma questi torneranno irruenti, cancellando il miraggio di un possibile riscatto e chiudendo la traccia a circa sette minuti e mezzo. I Putiferio potrebbero essere una delle varie personalità multiple de Il Teatro degli Orrori, come se un episodio di bipolarismo li avesse creati e lasciati liberi a vagabondare in cerca di una propria esistenza. 'Lovlovlov' è volutamente un prodotto che raccoglie intorno a se un pubblico vittima di una selezione naturale, da ascoltare e valutare personalmente. (Michele Montanari)

(Macina Dischi - 2012)
Voto: 70