#PER CHI AMA: Jazz-core/Noise/Postrock |
“Un formicaio. Accumulo e trasformazione. Così tante vite che si portano dietro la propria ombra. La loro dipendenza biologica è tanto più complessa quanto più numerosi sono gli esseri presenti”. Sono molto felice di poter parlare di questo magnifico disco, un piccolo culto personale e una delle cose migliori che la nostra penisola abbia espresso in termini di Jazzcore e postrock strumentale dalle forti tinte noise. David Avanzini (basso e sax), Matteo Orlandi (chitarra e basso) e Mattia Prando (batteria) arrivano da Genova e squassano il panorama musicale con un disco che è un vero e proprio capolavoro di potenza, tecnica e inventiva senza compromessi. Il disco si presenta benissimo, nella sua elegante confezione cartonata, impreziosita dalle splendide illustrazioni di Valentina Fenoglio, ed è, in definitiva, un concept ispirato al formicaio come sistema vivente. La musica degli Unsolved Problems of Noise (UPON) è difficilmente catalogabile in un genere ben preciso, di certo la perizia strumentale dei tre gli permette di scivolare tra i generi senza soffermarsi su nessuno in particolare, e oscilla tra il math rigoroso e il free jazz più audace con uguale intensità ed efficacia. Il lavoro si apre con il reading di un brano angosciante di “Un Oscuro Scrutare”, di P.K.Dick, angoscia resa alla perfezione dalle rasoiate chitarristiche del primo brano “Formicazione (Parte I)”, caratterizzato dalla ritmica quadrata in puro stile Shellac. Con “Formicazione (Parte II)” il clima cambia radicalmente e si fa folle e destrutturato. Dick ritorna nel titolo della terza traccia, “Le Pecore Elettriche Sognano gli Androidi?”, dove semplici e ripetitive frasi di sax si stagliano su di una ritmica incalzante e sempre più free. Con “Dromofobia”, anch’essa divisa in due spezzoni, siamo invece dalle parti di un postrock strumentale e fortemente chitarristico, tra arpeggi acustici e bordate metalcore, sempre però sorrette da una ritmica pulsante e mai banale. A rendere il tutto ancora più eccitante e incatalogabile ci pensa il terzetto di brani posti in chiusura, “L’Ultimo Grido in Fatto di Silenzio”, “Il Diavolo A4” e “All Jazz Hera” (menzione d’obbligo per i titoli), che sparigliano ulteriormente le carte in tavola, muovendosi senza soluzione di continuità tra assalti schizofrenici, sax infuocati, rutilanti passaggi free-jazz e cambi di ritmo improvvisi. Un piccolo grande capolavoro da ascoltare e riascoltare senza stancarsi mai. Attendiamo con trepidazione un seguito e nel frattempo, ascoltiamo con piacere Avanzini e Orlandi impegnati nel loro nuovo progetto Minimal Whale, recensito tempo a suo tempo su queste pagine. Magnifici. (Mauro Catena)
(Snowdonia/Tesladischi - 2012)
Voto: 85