#PER CHI AMA: Sludge Doom/Stoner |
Che stoner e sludge siano generi particolarmente di moda (almeno da quando gli ultimi Queens Of The Stoneage e Mastodon li hanno fatti conoscere al mondo, facendo inorridire i puristi) è un dato di fatto: per questo motivo sono sempre scettico di fronte a nuovi lavori di questo tipo. Scetticismo che però scompare al primo ascolto di questo secondo lavoro del quartetto di Portland dei Die Like Gentlemen, capaci di prendere il meglio del genere e mescolarlo in modo inedito e davvero figo. Poco più di mezz’ora di ascolto per cinque brani: 'Five Easy Lies' è un lavoro veloce ma sempre tirato, potente, denso di idee, riff spaccacollo e un’attitudine per il groove davvero invidiabile. Dentro ci sono tutti i migliori riferimenti del genere: il songwriting dei Black Sabbath, i suoni e le idee folli dei Melvins; ma ci sono anche atmosfere più progressive, sonorità doom e, in generale, quella sensazione da costante pugno-in-faccia a volume esagerato che, ne sono certo, farà dei Die Like Gentlemen una macchina da guerra in sede live. Se la opening “Unstoppable”, tolta la veloce intro iniziale, è giocata in continua tensione tra la violenza tirata delle chitarre e una parte di basso-batteria che ricorda certi Tool, “Ahriss The Wizard” alza il tiro per portarsi su atmosfere più doom rette dall’ottimo lavoro di basso e chitarre, a sfornare un riff portante che difficilmente dimenticherete. In “Animals of Romance” la tensione aumenta: c’è meno rabbia si, ma molta più inquietudine grazie al tempo sincopato e la voce cantilenante, che presto evolvono in un’architettura doom-prog, fino a chiudere con una curatissima ninna-nanna semi-acustica. “Stray Demon” è il capitolo più stoner-rock di 'Five Easy Lies' – se non fate headbanging sul riff di apertura, non avete capito niente di musica: solido, diretto, senza fronzoli, è il brano più corto e immediato del disco. Chiude “Hidden Switch” che, dopo il lento crescendo iniziale, si sposta su coordinate sludge-metal più classiche, con lunghi assoli ed epici passaggi sui timpani della batteria. 'Five Easy Lies' alla fine è un disco che lascia molto spazio agli strumenti, pur potendo contare su una voce di grandissimo spessore e pregio. Adam Alexander fa infatti un lavoro eccellente dietro al microfono: ricorda a tratti il miglior Neil Fellon dei Clutch, ma con una capacità di destreggiarsi tra limpide voci urlate e potenti ruggiti gutturali metal che danno colore e profondità ad ogni brano. Un piccolo capolavoro, supportato da una produzione più che egregia (erano mesi che non sentivo un basso così pesante, presente e distorto), una sola cosa non capisco, ossia perché i Die Like Gentlemen non abbiano già un’etichetta a promuoverli in tutto il mondo. Nell’attesa, però, non fatevi scappare questo ottimo lavoro. (Stefano Torregrossa)
(Self - 2015)
Voto: 80